lunedì 25 giugno 2012

IT CAME FROM OUTER SPACE #9

ANNALISA - Mentre Tutto Cambia

Informazioni
Gruppo: Annalisa
Titolo: Mentre Tutto Cambia
Anno: 2012
Etichetta: Warner Music Italy
Autore: Insanity

Non sono mai stato un amante dei pregiudizi verso certi artisti o generi, ho sempre variato i miei ascolti viaggiando tra metal, elettronica, sperimentazioni e tante altre cose. Nonostante questo devo ammettere che mai avrei immaginato di avere un "colpo di fulmine" per una figlioccia di Maria De Filippi: Annalisa è infatti una delle ultime sue scoperte e "Mentre Tutto Cambia" è il secondo album della cantante savonese. Passando tra le classiche canzoni all'italiana (tra cui spicca "Prato Di Orchidee") ed altre più dinamiche quali il singolo "Senza Riserva", gli episodi migliori risultano "Lucciole" con il suo sapore molto retrò, la particolare "Tutto Sommato" e soprattutto "Tra Due Minuti È Primavera" che può vantare un ritornello trascinante ed orecchiabilissimo. La vera forza di quest'album è la voce di Annalisa, capace di trasmettere emozioni; senza di essa questo sarebbe stato un normalissimo album Pop, al contrario è decisamente sopra la media (in particolare se confrontato con le uscite delle sue colleghe DeFilippiane).




TEARS FOR FEARS - The Collection

Informazioni
Gruppo: Tears For Fears
Titolo: The Collection
Anno: 2003
Etichetta: Spectrum
Autore: Mourning


I Tears For Fears sono stati uno dei più brillanti esempi di come il rock possa essere orecchiabile, raffinato e raggiungere una soglia di fruibilità commerciale altissima, mostrando sempre e comunque di possedere una classe infinita.
La formazione inglese ha conquistato il mondo regalando singole hit come "Mad World", "Shout", "Everybody Wants To Rule The World" e "Sowing The Seeds Of Love", pezzi che tutti almeno una volta nella nostra vita avremo intonato, ascoltato o solamente riconosciuto da un passaggio alla radio, o in qualità di colonna sonora di qualche spot pubblicitario e album che nel complesso sono dei veri gioielli come "Songs From The Big Chair" e "The Seeds Of Love" in primis.
Questo cd intitolato "The Collection" raccoglie il meglio in una tracklist che si distende per diciassette brani, vi sarà d'ottima compagnia per ripercorrere il tragitto intrapreso nella carriera di questa realtà nata agli albori degli eighties sino alla prima metà degli anni Novanta, periodo nel quale venne rilasciato "Elemental".
Un perfetto modo per entrare in contatto con il sound dei Tears For Tears e invitarvi ad approfondire la conoscenza di una band che ha lasciato il proprio segno indelebile nella storia della musica.



KARL SANDERS - Saurian Exorcisms


Informazioni
Gruppo: Karl Sanders
Titolo: Saurian Exorcisms
Anno: 2009
Etichetta: The End Records
Autore: Dope Fiend


Immagino che anche il "metallaro" più becero conosca perlomeno di nome Karl Sanders e il suo operato con i Nile; forse però non tutti conoscono l'omonimo progetto solista di questo artista.
"Saurian Exorcisms" è il secondo disco partorito da questa realtà che fonde l'Ambient al Folk di ispirazione egiziana: chitarre acustiche, percussioni, strumenti tipici della zona, tastiere, voci adoranti, voci sussurranti e voci sofferenti, ogni singola parte dell'insieme collabora in maniera perfetta allo svolgimento di un'opera ambiziosa ed illuminata.
Oscurità, violenza, polvere, potenza, culti arcani e maledizioni ci portano alle narici l'odore arido del deserto e ci portano indietro nel tempo fino ai secoli in cui Aton splendeva su terre impregnate di sangue e di Spirito. "Saurian Exorcisms" è musica intensa, pregnante, evocativa, è un viaggio attraverso i millenni, è un contatto con gli Dei.



SKARFACE - Mythic Enemy #1


Informazioni
Gruppo: Skarface
Titolo: Mythic Enemy #1
Anno: 2003
Etichetta: NOCO
Autore: ticino1


Bonjour bonjour! Bonjour à toutes et à tous... come si può essere di cattiva luna dopo un tale augurio? I "last warriors" vi leggeranno i dieci comandamenti, usando a questo scopo una "French Oi Song" che giustifica le bretelle abbinate agli anfibi perfettamente lustrati di questi punk Ska. "Are You Rude?", vi chiedono. Potrete anche rispondere di no, a condizione che sappiate come divertirvi.

Nota di fondo... il gruppo si sciolse dopo pettegolezzi che affermavano una connessione del cantante con la scena di estrema destra.





ELIO E LE STORIE TESE - Italyan, Rum Casusu Çikti


Informazioni
Gruppo: Elio E Le Storie Tese
Titolo: Italyan, Rum Casusu Çikti
Anno: 1992, Ristampa 2012
Etichetta: Aspirine Music
Autore: M1

Definite Elio E Le Storie Tese un gruppo demenziale e riceverete dal sottoscritto una sonora risata di scherno e disprezzo. Chiunque si riferisca alla band in questo modo non fa che mettere in luce che un misero 1% della "materia" di cui si compone questa geniale formazione. Soltanto chi è capace di maneggiare splendidamente strumenti e spartiti, forte di un senso dell'umorismo sublime, può deliziarci con la struggente (ed esilarante) "favola" del "Vitello Dai Piedi Di Balsa", raccontarci lo "zerbinismo" di certi uomini ("Servi Della Gleba"), citare Foscolo ("Urna"), creare tormentoni bulgari come "Pipppero® " e annoverare ospiti del calibro di Claudio Bisio, Timoria, Diego Abatantuono ed Enrico Ruggeri senza che la situazione generale sfugga mai di mano per un istante. Non basterebbero fiumi di lettere digitati sulla tastiera per raccontarvi per filo e per segno "Italyan, Rum Casusu Çikti" nelle sue sfumature, omaggi e richiami, né il sottoscritto ne sarebbe minimamente capace. Quello che vi dico è: andate oltre la facciata degli ELII come clown, c'è molto molto di più sotto.

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POTERGEIST - Muddy Mermaids


Informazioni
Gruppo: Potergeist
Titolo: Muddy Mermaids
Anno: 2012
Provenienza: Grecia
Etichetta: Distroball Productions
Contatti: myspace.com/potergeist
Autore: Mourning

Tracklist
1. Forgiven
2. The Next Man
3. Rivers And Oceans
4. Beggar
5. Smokestack Lightnin’
6. Heal The Sad
7. Rebel
8. Muddy Mermaids

DURATA: 41:34

La Grecia deve avere qualche strano feeling con il sud degli U.S.A. tant'è che negli ultimi anni il gran numero di act stoner, stoner/sludge e compagnia bella partoriti in terra ellenica non è più una novità ma bensì una piacevole conferma ascolto dopo ascolto, questa volta sono i Potergeist ad avermi colpito.
La formazione di Atene nasce nel 2004 e, dopo aver rilasciato un primo album dapprima in forma autoprodotta nel 2006 e poi con il supporto della Burning Star Records dal titolo "Southwards", ha fatto trascorrere un lustro per dare alla luce il successore "Muddy Mermaids", stavolta appoggiato dalla Distroball Productions.
Il sound per chi ha letto le righe in apertura sarà non familiare, di più, è evidente che i musicisti greci amino le creature che vedono il signor Anselmo nei propri ranghi, che gente come Clutch, Corrosion Of Conformity e Crowbar non sia di certo loro sconosciuta e che quella sensazione alcolica da whisky invecchiato nelle botti e pronto a farti prendere una sbronza colossale risieda nelle loro vene.
Questo suppongo basti a comprendere che il platter, pur avvalendosi di armonie note, peraltro molto accattivanti, di un uso azzeccato delle sezioni acustiche e in pratica di tutto ciò che potrebbe esser definito un cliché del genere, (dalle derive southern/blues sino ad arrivare all'utilizzo dell'armonica a bocca) infili sette brani orecchiabili e praticamente perfetti come ascolto in qualsiasi momento, soprattutto i capitoli in apertura "Forgiven", "Next Man", "Beggar" e la più ossessiva "Rebel" risultano essere parecchio coinvolgenti.
L'ultima traccia nonché titletrack del disco è invece destabilizzante, via tutto l'impeto, la parte rozza del sound del sud e il gusto alcolico e dentro una versione melancolica e agonizzante dello stesso con tanto di voce femminile a porsi da contraltare a quella adesso maggiormente straziata di Alex "S.".
Mettiamola così, non è il finale che ti aspetti, magari posta in altra posizione all'interno della tracklist avrebbe potuto rappresentare un ancor più interessante break atmosferico dato che il pezzo in sé è gradevole. Potergeist, un altro nome da scrivere, ricordare e supportare, un'altra band che si aggiunge alla foltissima schiera che imperterrita continua a farci passare delle ottime giornate in compagnia di album ricchi di buona musica com'è "Muddy Mermaids", un acquisto che nella vostra collezione si troverebbe di sicuro a proprio agio.

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THE PIRATE SHIP QUINTET - Rope For No Hopers

Informazioni
Gruppo: The Pirate Ship Quintet
Titolo: Rope For No Hopers
Anno: 2012
Provenienza: Inghilterra
Etichetta: Denovali Records
Contatti: myspace.com/thepirateshipquintet
Autore: Mourning

Tracklist:
1. You're Next
2. Horse Manifesto
3. Dennis Many Times
4. That Girl I Used To Live In
5. Doldrums

DURATA: 48:18

Vi sarà capitata una giornata storta, una di quelle in cui veramente vorresti mettere in riga gli squadroni celesti e poi riesci a ritrovare il bandolo della matassa, soccorso ancora una volta dalla musica? Sarà successo anche a voi, giusto? Bene, un paio di sere addietro ero talmente nervoso e scazzato che l'unico pensiero era quello di tramutare qualsiasi mia parola in un "vaffanculo" gigante sino a quando non ho inserito "Rope For No Hopers" dei The Pirate Ship Quintet e ho in parte recuperato quel poco di sanità mentale che mi appartiene.
La formazione di Bristol non è di quelle navigatissime, all'attivo prima di questo lavoro troviamo un solo ep omonimo che fu peraltro molto ben accolto dalla critica, eppure son dovuti trascorrere cinque anni prima di poter avere a che fare ancora una volta con tale monicker. Cinque brani, cinque perle per quasi cinquanta minuti da sogno, le atmosfere e le sfere dimensionali accolgono l'ascoltatore trasportato in un mondo nel quale magniloquenza e purificazione, solennità e ingenuità simbioticamente s'intrecciano per dar luogo a degli episodi che fanno del post-rock etereo, dello screamo più "soffice" e musica dall'estetica classica le loro ragioni di vita.
È un'opera particolare, lontana dalla ripetizione infinita e smielata odiernamente "raccontata" da una moltitudine di dischi di stampo "post".
È un complesso emotivo articolato e non poi così elementare quello che viene sviscerato da una rappresentazione sonora che ne contrasta il fluire grazie alla sua delicata e suadente esecuzione. Prendete a esempio le canzoni poste in apertura: "You're Next" pachidermico ma raffinato muro di suoni nel quale il violoncello di Sandy intensifica e sprigiona una sensazione di espansione continua che non racchiude, non ingombra o ingloba rendendo parte di sé l'ascoltatore e la quietamente ribelle "Horse Manifesto", con l'uso della voce culminante nella protesta che urlata nelle retrovie prende forma, c'è animosità, l'ambiente s'appesantisce, non per questo però è la rabbia ad avere il sopravvento, sembra quasi che una coscienza superiore ne mitighi volutamente la portata.
"Rope For No Hopers" adora le scorribande, virare dall'acustico ai tratti heavy, fugare i dubbi di chi è lì ad attendere l'ennesima svolta repentina.
Ammaliare, innalzare e poi avvallare l'idea che la tensione debba scemare diviene una "regola" non scritta del trittico di episodi successivi: "Dennis Many Times" col suo bello scatto irrequieto del drumming nel finale, "That Girl I Used To Live In" e "Doldrums", summa dell'aura classica e quella post-rock con non pochi punti in comune con dei veri e propri maestri delle svolte atmosferiche quali sono i Godspeedyou! Black Emperor. La mia descrizione del lavoro dei The Pirate Ship Quintet non vuole asserire che un disco simile sia per tutti, come tante release del filone possiede le sue piccole difficoltà d'approccio ed è sicuramente gestibile in maniera più diretta da coloro che sono inclini ad ascoltare generalmente uscite provenienti da questo panorama musicale.
Data però la loro belligeranza sopita, potrebbero risultare alquanto interessanti per chi ricerca un po' d'intimità e uno sfogo sommesso che elimini le scorie della vita abitudinaria e caotica di ogni giorno, infatti "Rope For No Hopers" magari non sarà privo di difetti, non sarà originalissimo, possiede però i dettagli e la cura per essere definito ben più che affascinante.
I The Pirate Ship Quintet possono ritenersi soddisfatti e io con loro tant'è che l'acquisto in casi come questo non è da suggerire, bensì da effettuare senza remore e intanto dopo la tempesta è di nuovo la quiete a reggere le sorti di questa serata ormai arrivata a conclusione, un'altra volta "on air" il lavoro e poi anche Morfeo avrà la sua parte dal sottoscritto.

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BLACK SPACE RIDERS - Light Is The New Black


Informazioni
Gruppo: Black Space Riders
Titolo: Light Is The New Black
Anno: 2012
Provenienza: Germania
Etichetta: BSR/Brainstorm/Rough Trade
Contatti: myspace.com/blackspaceriders
Autore: Mourning

Tracklist
1. Creature Of No Light (Exodus Pt. 1)
2. Sun vs Moon (Total Eclipse)
3. Diggin’ Down (The Hole Pt. 1... From Deep Below)
4. I Am Fire
5. We Used To Live In Light (Exodus Pt. 2)
6. Lost (Return Into The Void)
7. Night Over Qo Nos (Masremmey)
8. Startrooper
9. Walls Of Plasma
10. Someone Has Turned The Knob To Switch On The Light
11. Louder Than Light
12. The New Black (The Hole Pt. 2... From Above)
13. Lights Out (The Hole Pt. 3... Going Down)

DURATA: 1:00:03

È con piacere che scrivo nuovamente dei Black Space Riders, i tedeschi, a due anni di distanza dal debutto omonimo che troverete inserito nell'archivio delle recensioni, tornano con il loro rock "immortale" che sapientemente fonde animo retrò e pulsioni moderne divenendo il propellente per l'ennesimo viaggio in lungo e largo per il cosmo.
Se in passato però il gruppo era propenso alle scorribande "motociclistiche" intergalattiche e a scoppiettanti ripartenze da far invidia ai Motorhead, con il nuovo "Light Is The New Black" la solfa sembra aver preso una piega differente.
Il tragitto dall'estensione infinita vede attraversare sezioni di spazio nelle quali la luce e il buio si rincorrono annullandosi, le speranze possono rivivere o venire assorbite improvvisamente in un vuoto che si espande a macchia d'olio.
Non è un caso che titoli come "Sun Vs Moon (Total Eclipse)" rappresentino anch'essi un contrasto che evidentemente è fondamentale per alimentare le movenze di un sound scuro e allucinato, bisognoso di continue rivoluzioni, capace di passare dai toni spaziali psych ultraterreni a imposizioni stoneriane dalla buona sostanza pur mantenendo una piacevole dose di melodia come avviene a esempio nella poco più su citata e in "Lost (Return Into The Void)", che ti trascina in fondo spingendo con il fuzz e le ritmiche angosciantemente grevi di "Diggin' Down (The Hole Pt.1 From Deep Below") e che riesce a piazzare un pezzo dall'appeal catchy qual è "Louder Than Light", ma che in realtà di "commerciale" non ha davvero nulla, risultando esplosivo con le sue cromature metalliche, senza per questo snaturare il corso degli eventi.
Il songwriting e la storia che stanno raccontando sono le armi vincenti dei Black Space Riders, le canzoni alla pari di capitoli di un libro ne enunciano le gesta assumendo le sembianze atmosferiche e ambientali di ciò che intorno le segna, è quindi sì una sorpresa imbattersi in una traccia dello stampo di "We Used To Live In Light (Exodus Pt. 2)" nella quale un retrogusto post-rock siderale si amalgama al tessuto spacey.
Sopresa ok, non spiazza però dato che s'incanala alla perfezione nel flusso degli eventi, così come allo stesso modo sono intriganti le linee orientaleggianti che inizialmente s'intrecciano nel reticolato multiforme di "Nigth Over Qo Nos (Masremmey)" poi cangiante dimostrazione di quanto siano abili i teutonici nel rimescolare le carte in tavola immettendo nel dna del brano melodie e schemi che potrebbero appartenere alla musica popolare dell'est Europa, evitando per fortuna di ridurre il tutto a una tarantella da "tarallucci e vino".
"Light Is The New Black" è esperienza tramutata in note, è un modello di crescita ed esplorazione all'interno di un mondo musicale, quello stoner, in continua espansione, voglioso di mantenersi vivo e con prove simili, elaborate con cura sotto ogni singolo aspetto, c'è di che ben sperare.
I Black Space Riders confermano di essere dei gran artisti, se amate i viaggi spaziali che vadano in lungo e largo trasportandovi da un angolo all'altro dell'universo con destinazione unica il recondito infinito, basterà solo inserire il platter nel lettore, premere il tasto "play", liberare la mente e al resto ci penseranno loro.
Che attendete a prenotare il vostro biglietto? Non perdete tempo, si sa, certe occasioni vanno a ruba!

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IAPETHOS - Shrines Of Chaos


Informazioni
Gruppo: Iapethos
Titolo: Shrines Of Chaos
Anno: 2012
Provenienza: Finlandia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: iapethos666@gmail.com - myspace.com/iapethos
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. Intro
2. Unleash The Gift Of Prometheus
3. Shrines Of Chaos Constructed Of Hate
4. The Call Of The Necropolis
5. Iapethos Xul
6. The Night Of The Mind
7. Enter The World Of Silhouettes

DURATA: 28:20

Giapeto (oltre ad essere il nome affibiato ad uno dei satelliti di Saturno), secondo la mitologia greca, fu uno dei primi Titani, diretti discendenti dall'unione del Cielo e della Terra (Urano e Gea), e padre, tra gli altri, del famoso Prometeo, il quale viene indicato come il forgiatore della specie umana.
La figura di Giapeto divenne quindi una sorta di tramite, un ponte tra la Divinità assoluta e l'Uomo.
Iapethos (probabile adattamento della forma latina Iapetós) è anche il monicker utilizzato da una one-man band finlandese di recentissima formazione: il progetto, nato nell'inverno del 2010, giunge quest'anno al debutto assoluto con il demo "Shrines Of Chaos".
La direzione intrapresa dal mastermind è subito piuttosto chiara quando ha inizio "Unleash The Gift Of Prometheus" con un riffing che ricorda molto da vicino (per utilizzare un eufemismo) la title-track del celeberrimo full dei Mayhem, "De Mysteriis Dom Sathanas"; nelle parti più concitate la proposta incanala bene le intenzioni risultando convincente e creando un interessante effetto decostruttivo, il quale viene favorito anche dalla riuscita sovrapposizione delle chitarre.
Pezzi come "Shrines Of Chaos Constructed Of Hate" e "The Night Of The Mind" si avvalgono invece di un notevole utilizzo della melodia che, esasperata e distorta a dovere, può ricordare in qualche modo il modus operandi sulfureo evidenziato negli ultimi lavori di casa Marduk mescolato ad una evidente volontà rivoltosa e destabilizzatrice che, però, purtroppo sembra non esploda mai in tutto il suo potenziale.
"The Call Of The Necropolis" e "Iapethos Xul" sono invece più acide e maligne, caratterizzate dall'utilizzo di una voce rabbiosa e colma di odio e dalla forte presenza della gelida ed inumana influenza dei Mysticum (che nella seconda citata raggiunge ottimi risultati), così come di qualche accenno ancora ai Mayhem di "Grand Declaration Of War".
Ahimè, un recensore molte volte non può però sottrarsi dal mettere l'accento anche sugli aspetti negativi dell'opera che viene analizzata.
"Shrines Of Chaos" porta infatti in grembo alcune lacune che, in ottica futura, dovranno essere riviste: il difetto probabilmente più evidente risiede nella modalità di utilizzo della drum machine che, oltre ad essere stata programmata in maniera piuttosto semplicistica, alle volte pare perda dei colpi nella struttura generale dei pezzi, mancando inoltre di quel tocco cinico e meccanico che potrebbe invece valorizzare maggiormente una simile proposta.
D'altro canto, va invece tributata al basso una presenza costante e ben definita ("The Night Of The Mind" è emblematica in tal senso) che, purtroppo, nel Black Metal è ormai merce rara.
Questo debutto è, insomma, una buona base di partenza per un'offerta musicale che, senza essere scevra da sbavature, potrebbe con il passare del tempo produrre ottimi risultati.
Le idee e la volontà ci sono: ora il mastermind del progetto dovrà riuscire a condensarle ed esporle in maniera più personale.
Purtroppo "Shrines Of Chaos" non possiede ancora i requisiti per emergere dall'enorme oceano di uscite del genere ma Iapethos è un nome da non dimenticare perchè, se verranno limati i difetti esposti, potremmo anche attenderci cose interessanti dal suo cammino artistico.

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ANTROPOFAGUS - Architecture Of Lust


Informazioni
Gruppo: Antropofagus
Titolo:  Architecture Of Lust
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Comatose Music
Contatti: myspace.com/antropofagusofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1. Architecture Of Lust
2. Sanguinis Bestiae Solium
3. Demise Of The Carnal Principle
4. The Lament Configuration
5. Exposition Of Deformities
6. Eternity To Devour
7. Sadistic Illusive Puritanism
8. Blessing Upon My Redemption
9. Det Helgerån Av Häxor

DURATA: 34:18

Ci sono album che attendi e attendi sperando che prima o dopo vengano fuori, "Architecture Of Lust" era fra questi.
Gli Antropofagus erano e sono uno dei nomi fra i più gettonati della scena death metal tricolore, certo della prima line-up che compose il capolavoro "No Waste Of Flesh" è rimasto il solo Meatgrinder e ci sono voluti un paio di cambi per assestarne l'assetto che adesso lo vede accompagnato da Tya alla voce, Jacopo Rossi dei Nerve al basso e Davide Billia dei Putridity e Septical Gorge dietro le pelli, n'è valsa la pena.
Il nuovo parto non è marcio quanto il debutto, non ne sprigiona l'odore di morte, è anche vero che dopo un fermo compositivo di una decade non ci si poteva aspettare un disco che fosse l'esatto seguito di quel masterpiece, è però innegabile che pur avendo affinato il sound e aumentato lievemente il tasso tecnico, peraltro già buono al tempo, i nove brani contenuti in "Architecture Of Lust" siano manna per le orecchie.
Il platter si dimostra sin dai primi passaggi nello stereo non poi così diretto e alquanto equilibrato, è fornito di un groove pesantissimo in "Sanguinis Bestiae Solium" ed "Exposition Of Deformities", si alimenta della malsanità floridiana old school con tratti che richiamano sia Morbid Angel che Cannibal Corpse in "Sadistic Illusive Puritanism", eccedendo in brutalità pura nella successiva e culminante "Blessing Upon My Redemption" nella quale è il drumming sconquassante di "Brutal Dave" a infliggere una sonora lezione all'udito martellando e utilizzando una più che discreta dose di tecnicismo sulle sue pelli, rimanere contenti di tale risultato è il minimo.
La ruota degli ingranaggi gira priva d'intoppi particolari, il riffing di Meatgrinder spesso in maniera alquanto gradevole si divincola fra fraseggi che alternano old e new scene, soprattutto l'uso delle melodie calibrate, mai ingombranti e il non voler far sfoggio di una gamma di soluzioni tecnicamente avanzate che ne appesantiscano l'orchestrazione giocano a suo favore.
È altrettanto positivo l'approccio vocale di Tya che tramite l'utilizzo di un growl a tratti rimembrante per impostazione delle linee quello di signori quali Frank Mullen, i Suffocation in genere sono comunque parecchio gettonati all'interno del sound, e Corpsegrinder appesantisce ulteriormente la botta e il piatto è servito.
Liricamente i musicisti nostrani a quanto pare s'ispirano a un maestro dell'horror qual è Clive Barker e anche la cover a non errare ne lascia chiari riferimenti iniziando da quei cubi similari a quelli che ingabbiano i cenobiti e il loro leader "Pinhead" nel film derivato dal racconto "The Hellbound Heart".
Eviterò di dilungarmi ulteriormente, gli Antropofagus sono tornati in salute e ciò non può che far ben sperare, probabilmente chi è sin troppo legato a quell'uscita ancora simbolo degli anni Novanta potrebbe stentare nel gradire la veste odierna, date il tempo ad "Architecture Of Lust" di entrarvi in circolo, non è un capolavoro ma un gran bel disco death metal e ha bisogno di essere ascoltato per farvi conoscere tutto ciò che nei suoi trentaquattro minuti può regalarvi.
Chissà che questo risorgere definitivo non sia per il combo quel "fresh-start" che serva a portare con sé anche riconoscimenti provenienti al di fuori dei confini italiani, glielo auguro, quest'album è un nuovo biglietto da visita che non dovrebbe passare inosservato.

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HORTUS ANIMAE - Funeral Nation MMXII (CD 2)


Informazioni
Gruppo: Hortus Animae
Titolo: Funeral Nation MMXII CD 2
Provenienza: Italia
Etichetta: Thrash Corner Records
Anno: 2012
Contatti: facebook.com/HortusAnimae - myspace.com/hortusanimae - martyrlucifer.ucoz.net
Autore: Akh.

Tracklist
1. Luciferian Twilight
2. The Bless Of Eternal Bleeding
3. Cruciatus Tacitus
4. Spell & Devotion (Impromptu Op. I)
5. The Melting Idols
6. Even Death Is Useless
7. .
8. Enter
9. A Lifetime Obscurity Pt. 1
10. A Lifetime Obscurity Pt. 2
11. Springtime Deaths
12. Souls Of The Cold Wind
13. Welcome The Godles
14. A Feeble Light Of Hope

DURATA: 01:18:10

Eccoci a visionare la seconda parte del cd ristampato degli Hortus Animae (la scorsa settimana è andata online la recensione al cd 1), finalmente ci troviamo fra le mani il famigerato primo full inedito della band, più il ritorno della loro prima fatica "ufficiale" uscita tempo addietro per la Black Lotus Records ovvero "Waltzing Mephisto", ma innegabilmente è "The MeltingIdols" il materiale che più fa gola a tutti i seguaci del gruppo.

Gli Hortus Animae fin da subito chiariscono che dagli albori la terra di Albione è stata un’influenza precisa e ha donato la tavolozza cromatica per i paesaggi drammatici e gotici già a partire dall’iniziale "Luciferian Twilight", una fantastica cavalcata B.M. in cui chitarra e tastiera si seguono sviscerando melodie toccanti. Nuovamente riescono ad evocarmi le migliori cose prodotte dagli Hecate Enthroned, mentre nella seguente "The Bless Of Eternal Bleeding" pare di udire una fantasmagorica unione fra Black Sabbath e i Cradle Of Filth di "The Principle Of Evil Made Flesh" con una certa dose di passaggi prettamente metallici. Fidatevi però che gli amanti di queste sonorità rimarranno di stucco di fronte all’assalto partorito in questo brano, frutto (maledetto?) venefico di un combo che gia’ sapeva farsi rispettare e con le idee ben chiare in testa, come dimostra il seducente stacco a metà con i suoi legati.

A volte affiora qualche acerbità esecutiva, in particolar modo nelle parti di batteria, ma mai in maniera marchiana e sempre per voglia di dimostrare una passione sfrenata e nessuna volontà di scendere a patti con i propri limiti, al fine di creare qualcosa di superiore a se stessi, ciò si evidenzia nei lunghi assoli o nelle aperture e fughe tastieristiche. C’è tempo anche per brani più classici nella tradizione metal come "Cruciatus Tacitus" in cui il binomio chitarra-basso si invola in cavalcate antemiche fino all’affiorare di liturgiche tastiere che aprono la visione onirica per poi ributtarsi a capofitto in una indiavolata chiusura, nella quale appare in maniera originale uno dei pochi lead "rumoristici" (nel senso di non melodici) del gruppo.

La passione per la melodia di un certo stampo esce forte con "Spell & Devotion (Impromptu Op. I)" e con l'introduzione organistica di "The Melting Idols", vera suite monolitica ed imponente che a volte mi ha riportato a mente soluzione di certi act di rock sinfonico anni '70 di matrice inglese. Si tratta di un'overture di un quarto d'ora in cui fuoriescono le caratteristiche peculiari finora elencate di Martyr Lucifer e soci, il pathos ricreato in certe parti è tangibile e pare strano che questi pezzi siano stati rilasciati solamente a distanza di dodici anni. Molto suadenti sono infatti le soluzioni soliste accompagnate da una sezione ritmica incalzante e viva, mentre le parti di piano introducono soavemente in lidi romantici e decadenti in cui la tensione ed il crescendo giocano ruoli fondamentali all’interno della struttura. In maniera inattesa poi un certo riffing mi riporta alla mente gli sconosciuti ...one,Thousand Children... per poi riappropiarsi dei propri tendaggi Black Dark e chiudere con notevoli intrecci degni dei Tiamat epoca "Wildhoney" (disco assoluto degli svedesi).

A volte mi sono chiesto se ci fosse mai stato un gemellaggio fra gli Hortus Animae e i Soul Grind poichè in due generi differenti mi sono apparsi capaci di generare uno spirito romantico, decadente, furioso e ribelle come raramente ho potuto osservare al di fuori di questi due act. La splendida outro di Bless "Even Death Is Useless" ne è una pietra scolpita e la riprova per il sottoscritto che talento e qualità, per quanto siano generalmente sconosciuti ai più, sono destinati a farsi largo nel tempo e ottenere ciò che spetta di diritto. Questo "The Melting Idols" ne è l’ennesima conferma.

Si approccia così "Waltzing Mephisto" che per certi versi è il lavoro più teatrale di quelli riproposti e forse anche quello in cui il combo fiorentino sopraindicato, assieme ad una verve che sa di Arcturus, fuoriesce esplosivamente in tutta la propria effervescenza. È il caso della eccitante "A Lifetime Obscurity" in cui si ode un'apertura di stampo sinfonico orchestrale da brividi per poi tornare a furoreggiare imperterriti con pennate devastanti ed è dimostrato anche dal semplice fatto che a mio avviso questo è il parto più violento prodotto dalla formazione riminese. Si vedano l'ottima "Springtime Deaths", in cui l'irruenza si riesce a fondere con il mutare delle trame melodiche ricreando le ambientazioni più "nere" e cariche di odio mortifero, e "Welcome The Godless", vero assalto frontale senza mezzi termini, se non addirittura l’apice massimo del gruppo in tal senso.

La manifestazione infatti viene perseguita anche nella terremotante "Souls Of The Cold Wind" in cui affiora spavalda una certa vena Death Black foriera di rovina e morte fino all’intreccio acustico e di piano per poi tornare nuovamente ad intessere soluzioni più Dark Rock, dimostrando lo spirito poliedrico degli Hortus Animae e dimostrandoci per l'ennesima volta la versatilità di questi talentuosi musicisti. Infatti tutta la poesita musicale appare vivida nella conclusiva "A Feeble Light Of Hope" in cui keys settantiane si uniscono a giri di basso e chitarra acustica dal sapore fortemente espressivo e pare realmente di osservare la velatezza di raggi di sole insinuarsi dalla coltre plumbea dei precedenti settanta minuti di oscurità e cattedrali diroccate, dove doccioni in rovina giacevano su selciati dimenticati da tutti, eccetto il libero vento e solitari figuri.

In definitiva vorrei ringraziare la Thrash Corner Records per aver recuperato il materiale edito e non di questa eccellenza di casa nostra. Francamente mi pare superfluo dirvi che se amate sinfonie, drappeggi oscuri e un letale mix di melodie e furia, se adorate anche solamente uno dei gruppi citati in questa lunga analisi: questa ristampa non deve sfuggirvi in nessuna maniera.

Il Culto è Vivo.

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THE MACHINE - Calmer Than You Are


Informazioni
Gruppo: The Machine
Titolo: Calmer Than You Are
Anno: 2012
Provenienza: Olanda
Etichetta: Elektrohasch
Contatti: myspace.com/themachineband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Moonward (Were Up On The Dune)
2. Scooch (I'm Pretty Done Here)
3. Grain (Abide And Take A Rest)
4. D.O.G. (A Setting Sun For The Third Time)
5. Sphere (... Or Kneiter) (Watch The Circle Square By Then)
6. 5&4 (Is Not Enough)
7. Repose (Calmer Than You Are)

DURATA: 45:48

Se avessi il potere di autorizzare l'uso di una droga che mandi in delirio un collettivo con una botta allucinogena priva di freni ma salutarmente spaziale, quella droga sarebbe senza alcun dubbio lo stoner.
Band quali Colour Haze e Nebula sono fra i migliori frutti di un orgasmo alcolico corretto al Psilocybe, se poi aveste pure uno spazio ampio intorno a voi o una notte stellata sotto la quale sdraiarvi e perdervi, spalancate le porte della mente, il viaggio ha inizio.
Discorso analogo si può attuare per una delle formazioni che dal 2010 è entrata far parte del roster della Elektrohasch, label di cui è titolare la mente dei Colour Haze Stefan Kogle, loro sono i The Machine, sono olandesi e con "Calmer Than You Are" giungono all'uscita del quarto capitolo discografico.
La storia è di quelle che più classiche non si può, essenziale schieramento a tre composto dal basso di Hans Van Heemst che accompagna e accresce lo spessore e la dimensione delle ritmiche assestate dalla batteria di Davy Boogaard e dal chitarrista cantante David Eering che impazza infilando elevate dosi di fuzz e wah wah. Cosa c'è di bello in questa semplice e conosciuta storia? Tutto.
Sì, perché è proprio con naturalezza che gli "orange" innescano la scintilla dai secondi iniziali di "Moonward" alimentati dall'orientaleggiare del sitar e da abissi spaziali nei quali girovagare infinitamente lasciandosi di passo in passo alle spalle il groove ciclico di "Scooch".
Lo sguardo si volge indietro a rievocare le sensazioni brillanti e seventies di una combinazione in cui lo spirito di Hendrix si associa a quello di Homme e viene data piena libertà di sfogo alle pelli di Boogard arrivando a metà del suo percorso con "D.O.G".
L'ancora è ormai stata mollata da tempo e ci si muove spinti dalle correnti siderali, la lunga sezione strumentale è l'autostrada che ci conduce verso il centro dell'universo e da lì ripartiremo. Inutile negarvelo, ciò che ascolterete è riconducibile in primis a quattro realtà ben distinguibili: Jimi Hendrix, Kyuss, Queens Of The Stone Age e Colour Haze, non mancano poi reminiscenze Hawkwind e Nebula ma bastano le prime citate per inquadrare a pieno titolo la proposta dei The Machine.
La seconda metà del platter prosegue il sentiero testè interrotto, "Sphere" ricama e tesse trame per più versi similari a quelle del pezzo che la precede, è sì leggermente più lunga e questo permette al trio di applicarsi con ancor più convinzione e determinazione nell'emanazione di tripponi grazie allo splendido uso di effetti che espandono ed espandono il manto creato dal tappetto ritmico "ordinatamente" pronto a esplodere e dalla sei corde in free-solo mode, con tutta probabilità questo è il pezzo gioiello di "Calmer Than You Are".
Trovo che il lavoro dei The Machine sia nettamente superiore pure all'esaltato "Mirador" dei Sungrazer, oddio anche in qual caso si parla di un buon album, mentre però i loro connazionali tendono a complicarsi la vita finendo per rimanere "sospesi" in arialasciando l'ascoltatore con quella attesa che non viene, se non soltanto in parte, ripagata, lo sviluppo dei brani di questo trio è totalmente coinvolgente e sostenuto da una fruibilità elementare quanto disarmantemente affascinante.
Tutto ciò ci viene confermato anche nell'esecuzione dei capitoli posti a conclusione "5&4" e "Repose" (quest'ultimo un po' Alice In Chains nell'interpretazione del ritornello) che ancora una volta fra momenti dedicati alla jam pura e al relax assoluto pongono il sigillo finale a una prestazione maiuscola.
Sicuramente una formazione che andrebbe valutata assaporandone le prove in sede live quella dei The Machine, non posso però esimermi dal consigliare agli amanti dello stoner-rock un disco come "Calmer Than You Are", il portafoglio piangerà un po' di più, le vostre orecchie e l'animo saranno decisamente più contenti.

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NEBRUS - From The Black Ashes


Informazioni
Gruppo: Nebrus
Titolo: From The Black Ashes
Anno: 2012
Provenienza: Massa, Toscana, Italia
Etichetta: Schattenkult Produktionen
Contatti: facebook.com/pages/Nebrus/224141494366518
Autore: Bosj

Tracklist
1. Apocalypse
2. Chaosong
3. Chains
4. Damned
5. Falling
6. End
7. Banquet Of Oblivion (bonus track)

DURATA: 46:51

A seguito dell'esordio "Twilight Of Humanity", limitatissimo a 66 esemplari (successivamente ristampato, ancora limitatamente, in tape), edito nel 2009, la band toscana capitanata da Noctuaria e Mortifero si riaffaccia sul mercato con questo ottimo "From The Black Ashes", stampato in 500 copie numerate dalla tedesca Schattenkult Produktionen.
Per le registrazioni nel Camera Ardente Studio, il gruppo si è temporaneamente trasformato in un four-piece, anche se Lanius ed Epidemico (chitarre e basso) pare abbiano già lasciato la band (o almeno, non figurano più nella lineup ufficiale).
Quale che sia l'attuale situazione intestina, è giusto specificare che Mortifero è autore di tutte le musiche, mentre Noctuaria si è occupata dell'aspetto testuale del lavoro. Proprio da quest'ultima partirò per esprimermi riguardo questo full lenght: già è abbastanza raro trovare donne all'interno della scena metal, ancor più raro nella scena estrema, rarissimo trovarle dietro al microfono in un act black metal. La prestazione alla voce è indubbiamente l'elemento maggiormente distintivo di casa Nebrus: malato, litaniaco, disturbato, ma non per questo sempre uguale a se stesso, anzi, diversi sono i momenti in cui il tono sporco e "vomitato" (passatemi il termine, non riesco a trovare un'immagine che renda, dovrete ascoltarlo in prima persona) lascia spazio ad alternanze lamentose, profonde e ritualistiche. Il booklet stesso tiene a specificare: "no male vocals were recorded on this album", ed il dubbio potrebbe ben lecitamente presentarsi. Forse per questo "From The Black Ashes" è stato per me così folgorante, forse l'inusualità della prestazione ha inciso particolarmente, di fatto questo disco è stato un ascolto estremamente coinvolgente e trascinante.
Non ci sono "novità" nel senso vero del termine: le atmosfere suonano molto primi anni '90 (non a caso sullo scorso lavoro veniva coverizzato un brano di Burzum, mentre oggi la dedica dell'album è a Dead; il disco esce infatti nell'esatto ventunesimo anniversario della sua morte, ed entrambi i nomi sono indicativi delle coordinate prese come riferimento dal combo nostrano), i riff sono molto reiterati e spesso in mid-tempos, con i classici blast beat e up-tempos disseminati lungo tutto il percorso, i testi a loro volta sono molto scarni e asciutti, ma quelli che potrebbero facilmente rivelarsi dei limiti sono qui invece perfettamente contesualizzati.
Tutto, in "From The Black Ashes", è portatore di una sensazione malsana, un'aria fetida e palustre, a partire dalla copertina, adattissima oltre che per l'immagine, per le tonalità dei colori: un gruppo di impiccati lasciato a marcire appeso ad un albero, nei toni del nero, del seppia e del verde marcio che più marcio non si può. A livello puramente "estetico" e concettuale, più che il satanismo e la violenza della scena norvegese di vent'anni fa, i Nebrus riportano alla mente cose più "diverse", dalle scorribande di Nattramn (nel suo disco a nome Silencer) ad alcuni nomi più underground della scena d'oltralpe, quasi una versione marcia e stagnante degli Akitsa. Completamente diversi i suoni, ci tengo a specificare; questi accostamenti sono dettati dalla pura evocazione immaginifica degli album e artisti in questione, non dagli effettivi contenuti musicali strettamente detti.
I titoli dei brani, tutti estremamente semplici e diretti, formati da una sola parola (ad esclusione della conclusiva "Banquet Of Oblivion", registrata in altri tempi e in altri contesti, qui in sola veste di bonus track, intimamente simile e allo stesso tempo profondamente diversa dal resto del materiale), veicolano quelle che sono le tematiche di fondo dell'album, certo non nuove all'ambiente. Tuttavia, una volta di più, ribadisco come della semplicità questo album faccia il proprio punto di forza e di partenza per quella che spero possa rivelarsi una lunga e felice evoluzione, dove osare qualcosa di più.
Per il momento c'è di che accontentarsi.

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MANTAS - Death By Metal


Informazioni
Gruppo: Mantas
Titolo: Death By Metal
Anno: 2012
Provenienza: Stati Uniti
Etichetta: Relapse Records
Contatti: facebook.com/MantasOfficial
Autore: ticino1

Tracklist
1. Legion Of Doom ("Death By Metal" demo version 1)
2. Evil Dead ("Death By Metal" demo version 1)
3. Mantas ("Death By Metal" demo version 1)
4. Death By Metal ("Death By Metal" demo version 1)
5. Power Of Darkness ("Death By Metal" demo version 1)
6. Legion Of Doom ("Death By Metal" demo version 2)
7. Power Of Darkness ("Death By Metal" demo version 2)
8. Death By Metal ("Death By Metal" demo version 2)
9. Evil Dead ("Death By Metal" demo version 2)
10. Legion Of Doom (eehearsal early 1984)
11. Mantas (rehearsal early 1984)
12. Death By Metal (rehearsal early 1984)
13. Evil Dead (rehearsal early 1984)
14. Rise Of Satan (rehearsal early 1984)

DURATA: 46:08

Chuck Schuldiner, Mantas, Death... questi termini sono saldati perfettamente fra loro e, finché qualcuno parlerà di metal, saranno parte di una grande storia evolutiva che, chi potrebbe negarlo, ha influenzato musicisti allora come vi riesce ancora oggi. Per un decennio le prime registrazioni dei Mantas sono state conservate gelosamente dalla madre di Chuck che non ha mai voluto condividerle col pubblico. La Relapse ora ci offre un disco contenente la raccolta di diverse tracce dell’epoca.

Permettiamoci il lusso di tornare un poco a ritroso nel tempo, diciamo a meno di trent’anni fa in Florida… Kam Lee non era ancora amico del metal e si dedicava piuttosto al punk americano degli Anni Settanta. Come oggi ci si passa l’Ipod per scoprire gruppi e canzoni nuove, allora si portavano a scuola i proprî vinili per mostrarli ai compagni. Tramite queste "riunioni", Kam conobbe un ragazzo di nome Rick Rozz che gli chiese di suonare con lui. Dopo un primo rifiuto i due si trovarono poco più tardi nel garage di un giovane chitarrista che frequentava un’altra scuola. Il suo nome era Chuck Schuldiner; egli è ancora oggi considerato come un corifeo del death.

La confezione della mia versione, di lusso, con due CD, è prodotta in cartone ruvido e grezzo che non dà per nulla la sensazione di moderno, il libretto di dodici pagine contiene qualche testo informativo redatto da Rick Rozz e Ian Christe (un famoso critico musicale), alcune immagini tratte dalla copertina originale, l’estratto di una recensione e qualche foto. Il carattere usato è naturalmente quello di una macchina per scrivere meccanica. L’offerta è grezza e, seppure le tracce siano ripulite e il volume sia stato aumentato un poco, resta fedele allo spirito dell’epoca. Non aspettatevi delle registrazioni hi-fi o rimasterizzazioni astronomicamente raffinate. Abbandonatevi al piacere di ascoltare delle testimonianze risalenti al tempo in cui il death metal compieva i suoi primissimi passi.

Questa collezione è d’obbligo non solo per gli amanti dei Death ma anche per tutti quelli cui interessa la storia del genere.

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BEEN OBSCENE - Night O' Mine

Informazioni
Gruppo: Been Obscene
Titolo: Night O' Mine
Anno: 2012
Provenienza: Austria
Etichetta: Elektrohasch
Contatti: myspace.com/beenobscene
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Endless Scheme
2. Snake Charmer
3. Cut the Rope
4. Apathy
5. Night O' Mine
6. The Run
7. Memories In Salvation
8. Alone

DURATA: 56:21

Che gli austriaci Been Obscene fossero stati una delle tante scommesse vinte dal signor Stefan Koglek ne fui già convinto al tempo dell'uscita di "The Magic Table Dance", è difficile che una label seria e dall'occhio lungo come la Elektrohasch guidata da un personaggio di spicco della scena stoner/psych come lui fallisse l'obbiettivo, non potevo però immaginare che già al secondo lavoro questo quartetto dimostrasse di poter competere senza mezzi termini con i grandi del genere.
C'è stata una netta evoluzione nel sound, "Night O' Mine" è diverso, chi si attendeva una svolta più decisa o un incremento della sezione stoneriana più ruvida, ne rimarrà probabilmente deluso.
È vero che le influenze ruotano ancora in maniera palese attorno a un lotto di band note quali Kyuss e Q.O.T.S.A. per il flavour Homme che più volte è rilasciato dai brani, i Colour Haze del "padrino" Koglek e in questo caso vanno via i Corrosion Of Conformity sostituiti da gente come i Mammoth Volume, è però altrettanto realistica la sensazione di personalità che avanza.
Le composizioni hanno assunto una colorazione più scura ma melancolica, a tratti particolarmente incline a favorire le divagazioni sia in campo alternative che in quello fuzzy, trovando in più occasioni un bilanciamento fra le varie nature che rende il platter altamente fruibile, carezzevole e di ottima compagnia pur lontano anni luce dal poter essere accostato al termine "commerciale".
Questo sprigionare emozioni dolciastre ha nell'opener "Endless Scheme" e nella successiva "Snake Charmer" le rappresentazioni più cristalline, sono infatti fluide, psichedeliche ma non smorte, nascondono una brillantezza che esplode in precise circostanze come sul finire della seconda e mettono in mostra le buone doti vocali di Thomas Nachtigal.
È un disco molto intimo e che utilizza toni solitamente pacati per esprimere i propri passaggi di stato e a mio avviso è un'arma vincente, il platter non scomoda mai forzature inopportune neanche quando decide di vivacizzarsi in pezzi più compatti e dal riffato più "duro" quali "Cut The Rope" e "Apathy", con quest'ultima nella quale trovano ampia risonanza il lavoro di basso di Philipp Zezula e il drumming di Robert Schoosleitner.
Il lavoro assillante delle chitarre di Thomas e Peter Kreyci nella titletrack talvolta carica ed eccessiva, altre altalenante e giocosa, supportato ancora una volta dalle buone varianti di batteria che ne scandiscono l'umore, trova il suo contraltare nella delicatezza e quiete che circonda "The Run", l'atmosfera e l'esecuzione placida la rendono similare per visione ed espressione a ciò che si può riscontrare nell'ambito di alcune release post-rock ma come si dice "non svegliare il can che dorme".
La sorpresa e il cambio di carte in tavola in questo tipo di proposte è sempre dietro l'angolo, era quindi quasi spontaneo attendersi un risveglio e nuovo sopirsi del pezzo rimanendo in linea con il carattere di ciò che si era sinora ascoltato.
"Memories In Salvation" è il capitolo strumentale, non so se si possa ritenere una scelta azzeccata o meno, questo dipenderà molto dal modo con il quale si vivrà "Night O' Mine", è ovvio asserire che una soluzione simile incentrata anche nei frangenti più accesi su linee di chitarra carezzevoli e cullanti da ballad per quanto s'inquadri ottimamente all'interno della tracklist potrebbe comunque favorire una dispersione d'attenzione.
A questo punto sarebbe forse stato più adatto inserirla in coda al posto di una "Alone" stupenda nel suo costante crescendo e... c'è una "ghost-track" della quale non vi dirò nulla, attenderla e ascoltarla non vi costerà molto.
In definitiva i Been Obscene sono una band stoner che produce musica non solo per gli amanti dello stoner e che quindi consiglio ad ampio spettro a chi nel rock ci sguazza e necessita di aver nel proprio lettore album che sappiano il fatto loro.
Ci sono ancora un paio di cosucce da sistemare ma nulla di fondamentale, penso invece che se riuscissero a sganciarsi un altro po' dalle radici da cui hanno estratto la linfa per nutrire la propria arte, con la professionalità acquisita e la dimostrazione, sia nel primo album "The Magic Table Dance" che in questo "Night 'O Mine", di badare con accuratezza anche all'operato dietro il mixer potrebbero essere in grado di garantire un prosieguo al processo di mutazione del sound in corso, punto che giocherebbe di sicuro a loro favore.
Personalità e buona musica insieme sono sinonimo di un centro perfetto e qui non è poi così lontano.

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ASARU - From The Chasm Of Oblivion


Informazioni
Gruppo: Asaru
Titolo: From The Chasm Of Oblivion
Anno: 2012
Provenienza: Germania/Norvegia
Etichetta: Schwarzdorn Production
Contatti: myspace.com/asaruofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Eyes Of The Dead
2. At Night They Fly
3. Under The Flag
4. Blind Obedience
5. Fortapt I Dodens Favn
6. Nebel
7. Beyond The Bonds Of Time
8. Invoking The Serpent Of Death
9. World On Fire

DURATA: 57:34

Gli Asaru sono la creatura del cantante chitarrista tedesco Fredrik Nordmann trasferitosi stabilmente nel 2007 in Norvegia.
È una realtà instabile che ha subito un lungo stop di nove anni fra il 2000 e il 2009, come molte altre realtà nate negli anni Novanta in procinto di debuttare nella decade successiva dopo due demo ("D.O.M.A.I.N." del 1996 e "Darkness" del 1997) e l'ep "Baalpriku" (2000).
"Dead Eyes Still See" si è invece fatto attendere giungendo nel 2009, anno della rinascita e da lì sembra che la carriera della line-up, adesso completata da Petter Myrvold al basso e Sebastian Wilkins alla batteria, abbia ripreso il suo corso pubblicando a tre anni di distanza da quel lavoro il secondo capitolo intitolato "From The Chasms Of Oblivion".
Non abbiamo a che fare con dei fuoriclasse ma con una onesta band che propone un black/thrash dalle tinte sinfoniche senza troppe pretese.
Quello che infatti è chiaro già dopo un paio d'ascolti, è che pur avendo fra le mani un disco ben composto, suonato e grezzo al punto giusto, favorito in tal senso da una produzione che reputo sia stata volutamente indirizzata sul mantenersi sporca, è l'evidente assenza di brani di spicco.
La qualità è sin troppo livellata su di una gradevole sufficienza che una volta mandata in esecuzione si pone come una discreta compagnia per appassionati del genere ma che sul lungo corso mostra il fianco per la palese mancanza di ganci, di particolari e riff memorabili.
Gli Asaru rimangono ingabbiati nella morsa di una proposta fortemente derivativa (Scandinavia a go go) che solo nelle sfumature sinfoniche e nel suo caparbio tentativo di dimostrare una presa di posizione caratteriale alza la testa, purtroppo non bastano una sezione ritmica in alcuni frangenti sfrenata e delle buone pieghe atmosferiche per apportare quel quid a dei pezzi, cito "The Eyes Of The Dead" ma potrei prendere in considerazione una qualsiasi delle nove tracce del disco, che nascono e muoiono una volta inserito ed estratto il cd dal lettore.
"From The Chasms Of Oblivion" nella sua formalità ben interpreta e si cala nel mondo al quale appartiene, i tedeschi provano quindi a ripartire offrendo un album esclusivamente apprezzabile dai fruitori ossessivo-compulsivi di tali uscite, per la personalità e le idee bisognerà giocoforza volgere lo sguardo altrove.

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BURSTING - Cervical 7"


Informazioni
Gruppo: Bursting
Titolo: Cervical 7"
Anno: 2012
Provenienza: Belgio
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/burstingbe
Autore: Mourning

Tracklist
1. Dominhated
2. We Are The Legion
3. Scatho-Holyk
4. Psycho Demonic
5. Holy Jack
6. Devilish Pope's Driver
7. Milf Hunter
8. Say It To My Horse
9. Swallow My Words
10. Li Spetin

DURATA: 36:44

Band operaie, quante volte avrete letto questo termine all'interno dei miei scritti? Tante e un motivo c'è e importante dato che le ritengo fondamentali quanto le prime linee.
Sono quelle formazioni che mantengono a galla la scena nei momenti di crisi, che ti permettono d'ascoltare buona musica non dovendo "affrontare" approcci con "mischioni" poco usuali e che nell'attimo in cui le metti su, sai già cosa ti attende e consapevolmente ne sei contento, sai di non venir deluso.
Non è neanche facile mantenersi all'interno di tale fascia, penso a band ormai rodatissime come le due realtà tedesche Fleshcrawl e Purgatory (ho preso spunto dalla scena death perché nel thrash per il sottoscritto odiernamente esistono solo band operaie, le nuove generazioni non possiedono stelle di prima grandezza e questi ragazzi avendo un sound di confine potrebbero appartenere a entrambi i mondi), che saranno anche "canonici" ma dei quali attendo con piacere le uscite.
A quanto sembra i belgi Bursting possono ritagliarsi un po' d'aria vitale in questa fascia e non conoscendo il debutto ciò che leggerete si basa sull'ascolto di "Cervical 7", secondo album del combo. La formazione è costituita da musicisti parecchio attivi nell'underground in realtà quali Neverlight Horizon e Catarrhal e con passi nelle fila di Devoured, Orion's Night e Xhzenat, si percepisce che non sono di "primo pelo", la botta e la sostanza contenute nel platter per quanto omogenee e improbabilmente definibili come originali tirano calci sin dalle note in apertura affidate a "Dominhated", facendo chiaramente intendere che le perdite di tempo e ghirigori vari non sono di casa.
Le influenze sono disparate, si percepisce in alcuni punti qualche reminiscenza alla Bolt Thrower, in altri sono papabili il groove e la frenesia degli Obituary primordi e con il thrash più estremo come componente co-dominante del disco si possono inserire nelle varie caselle i nomi teutonici di Kreator, Sodom e tornando oltreoceano gli Slayer.
Una volta aperto il cassettino del lettore cd, infilato "Cervical 7", l'unica cosa da fare è star lì e prendersi per bene le dieci mazzate consecutive, la parte centrale della tracklist che va da "Scato-Holyk" (traccia stranamente simil svedese/finnica per appeal) sino a "Milf Hunter" compresa è quella più reattiva, non sono presenti cali di tensione, i cinque vanno a pieni giri.
Il batterista Rebhell è una bella macchinetta e soprattutto picchia, non è la "femminuccia" iper-pulita che pare accarezzare le pelli, stesso discorso per il cantato di Laurent Rasir che per lo più si orienta su un growl/scream acido e ne vien fuori un bel contrasto nei frangenti in cui la voce è accompagnata dalla solistica che si fa carico di soluzioni melodiche di buon gusto.
I Bursting sono una frustata di salute e v'invitano a unirvi a loro in una sessione spaccacollo della durata di trentasetteminuti. Siete fuori allenamento? "Cervical 7" potrebbe rimettervi in forma. Non lo siete? Sarà comunque lì a incitarvi e immettere adrenalina in corpo dimostrando ancora una volta che per offrire della buona musica non si debba per forza tirar fuori "il coniglio dal cilindro" ma metterci attitudine e anima.
Il mio consiglio? Ascoltate e ponderate l'acquisto.

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NECROSADISTIC GOAT TORTURE - Armageddon Shall Come


Informazioni
Gruppo: Necrosadistic Goat Torture
Titolo: Armageddon Shall Come
Anno: 2012
Provenienza: Inghilterra
Etichetta: Drakkar Productions
Contatti: myspace.com/necrosadisticgoattorture
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Day All Gods Die
2. Raven's Call
3. Inner Daemon
4. Final Aeon
5. Armageddon Shall Come
6. Will To Power
7. Sermon For The Weak
8. Nemesis
9. Will To Power (original rehearsal version)

DURATA: 30:43

La formazione londinese dopo due demo (l'omonimo del 2003 e "Nemesis" del 2009, le cui due tracce "Nemesis" e "The Day All Gods Die" sono stare inserite nel platter), due ep ("One Nation Under Goat" prodotto nel 2004 e "The Maniac's Banquet" del 2006), aver subito negli anni svariati mutamenti in line up, soprattutto nei ruoli di sei corde e cantante, infila trenta minuti di death/black metal con qualche fraseggio thrash senza troppi fronzoli né perdite di tempo in questa release che ufficialmente ne dichiara le intenzioni.
Diciamo subito le cose come stanno, la band è di quelle che butta sul piatto elementi conosciuti a ripetizione, le ritmiche, le inflessioni splettrate del riffing che si tingono di melodico e il growl/scream del cantante sono pietanze che abbiamo ingurgitato a ripetizione nel corso degli anni.
Sono dei buoni mestieranti che si applicano nel portare a casa la pagnotta sfoderando una prestazione più "muscolare" che "qualitativa", è quindi con canzoni che puntano espressamente sulla modalità a impatto che si viene a contatto.
Il platter, data la scelta messa in atto, ha a suo favore la durata complessiva, trenta minuti e poco più bastano e avanzano per incarnare la violenza e le dinamiche spaccaossa di brani come "The Day All Gods Die", "Inner Daemon", "Final Aeon", la titletrack nella quale la variante thrashy assume una connotazione particolarmente incisiva, "Will To Power" e "Sermon Of The Weak".
È una mazzata che va sull'andante e prosegue la sua strada sempre in questa direzione, zero sorprese e una valida dose di cattiveria.
Qualche buon assolo innestato qua e là per offrire una lieve apertura all'interno di questo continuo assalto, la prestazione del singer GoatManiac, ex delle realtà polacche Besatt ed Embrional, che svolge il suo dovere con la dovuta grinta e ci si ritrova fra le mani un "Armageddon Shall Come" con in quale non dispiace convivere.
I Necrosadistic Goat Torture gireranno con estrema tranquillità laddove tali sonorità sono di casa, se siete quindi fra i famelici fruitori di questo tipo di proposte, vi consiglio di dare un ascolto ad "Armageddon Shall Come" e magari trovandolo a un prezzo non eccessivo potreste anche accaparrarvene una copia, pensateci su.

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HERETIQUE


Informazioni
Autore: Mourning
Traduzione: Insanity

Formazione
Wojciech "Zyzio/Wojtas" Zyrdoń - Basso
Grzegorz "Igor" Piszczek - Batteria
Grzegorz "Celej" Celejewski - Chitarra, Seconde Voci
Piotr "Peter" Odrobina - Chitarra
Marek "Strzyga" Szubert - Voce


Benvenuti su Aristocrazia Webzine, com'è avere il vostro primo album tra le mani?

Strzyga: Ciao! Innanzitutto grazie per il vostro interesse. Siamo contenti che il nostro lavoro abbia dato i suoi frutti. Siamo felici poichè la realizzazione dell'album è stata pianificata attentamente ed i costi non sono stati proprio bassi. È ovvio che col senno di poi si trovi sempre qualcosa che sarebbe potuto essere fatto meglio, ma in generale la nostra opinione è positiva.


Chi sono gli Heretique? Come sono nati e quali sono i punti di riferimento in ambito musicale?

Gli Heretique sono nati nel 2007 da un'idea di Jacek Woloszczuk e Celej che si conoscevano da molti anni e avevano già suonato un po' insieme (tra gli altri nella band Black Metal di Gliwice Mortuary). Poi Strzyga è stato arruolato da Celej dai Damage Inc. Le altre canaglie sono venute una volta per un po' di vodka e sono rimasti.


Come avete approcciato questo tipo di musica? Quali sono gli album e le band che vi hanno introdotto al metal?

È una domanda difficile poichè ognuno di noi ascolta generi diversi e mette le proprie idee nel nostro lavoro. Per cui la nostra musica è come un denominatore comune. Le band che ascoltiamo cambiano così tanto che c'è posto per band così diverse come gli Slayer e i Dimmu Borgir.


Il vostro modo di comporre quanto pensate sia influenzato dai vostri ascolti quotidiani degli ultimi anni?

Siamo ispirati più da band vecchie, dove si può sentire la rozzezza degli anni Novanta. Tuttavia cerchiamo di non copiarle ma proviamo a stabilire un legame con il metal di quel periodo.


"Ore Veritatis", perchè questo titolo? Che significato gli attribuite?

Viviamo in una terra piena di ipocriti religiosi dove puoi sentire storie pseudomitiche da ogni parte. Questa è la ragione principale del titolo: "Ore Veritatis" che significa "dalla bocca della verità", poichè critichiamo apertamente il comportamento di molti gruppi sociali, compresi quelli religiosi.


La vostra proposta è molto compatta, contenuta in mezz'ora, siete completamente soddisfatti di ciò che avete ottenuto?

Sì, siamo soddisfatti. Pensiamo che sia meglio registrare materiale più corto ma più grezzo e duro che roba lunga e noiosa. Anche se è meglio lasciarsi un po' affamati di fare di più che troppo sazi.


Cosa significa essere parte di una scena come quella polacca? Avete una cerchia di amici e band che rispettate e con cui avete diviso o vorreste dividere il palco?

Beh, conosciamo qualche ubriacone famoso con cui abbiamo bevuto vodka. Parlando generalmente la Silesia è una centro importante per il metal ed è molto popolata. Tutto questo rende facile trovare band con cui suonare.


Siete supportati da Robert e la sua Wydawnictwo Muzyczne Psycho, sempre pronto a dare una mano alle band emergenti della vostra patria, come siete entrati in contatto con lui?

Il contatto con Robert l'abbiamo stabilito grazie a Celej. È stato sempre Celej che ha negoziato a nostro nome tutti i dettagli legati a "Ore Veritatis". Al momento in Polonia è difficile trovare una label (specialmente per il primo album) perchè c'è una lunga lista di band che aspettano. Questa è una delle ragioni per cui altre label hanno rifiutato il nostro lavoro.


Quali sono i vostri pensieri sulla scena metal odierna? Pro e contro? C'è un aspetto che considerate irritante?

Oggi ci sono molte band che nascono (durando alcune tanto, altre poco) per cui è difficile emergere. Oltre i giganti del mercato musicale c'è un underground molto potente. Non è difficile che queste realtà siano notate dagli ascoltatori poichè non hanno poteri sul mercato. Come risultato le possibilità che il loro lavoro venga notato da un pubblico più ampio sono poche; pubblico che si restringe per il fatto che il metal è spinto fuori dal mainstream. Gente come noi sono entusiaste di fare musica solo per passione; non puntiamo al disco di platino o ad entrare nella top 20, la nostra ricompensa è il nostro pubblico ai concerti. Il problema più frustrante è che c'è sempre meno gente ai concerti. Non sappiamo come vadano le cose negli altri stati, ma in Polonia i concerti sono sempre meno affollati.


Quali sono i vostri impegni ora? Come state supportando l'album?

Il contributo per supportare "Ore Veritatis" è fatto da Robert della Psycho, che lo sta spedendo ai recensori e sta facendo pubblicità su internet. La nostra parte consiste nel fare casino ai concerti che spingiamo fino al limite. Sfortunatamente non abbiamo persone responsabili per la gestione di tutto questo per cui dobbiamo farlo noi.


Qual è stata la prima volta che avete suonato live? Emozioni, ricordi? C'è stata una serata che vorreste cancellare da quanto è andata male?

I ricordi dei nostri primi concerti sono molto deboli poichè ognuno di noi aveva un po' di alcool nel sangue [ride]. Ma seriamente... Dopo il nostro primo concerto eravamo più eccitati per aver suonato che prima. C'erano meno di cento persone, ma è stato ricevuto alla grande. Dopo comunque abbiamo avuto forse il miglior (per ora) after party.


Come passate i giorni quando non lavorate con la band? Passioni, lavoro, in breve la vita di ogni giorno.

Primo, ognuno di noi ha un lavoro poichè è impossibile vivere di musica. Strzyga lavora nell'ambito dei trasporti, Celej in un teatro, Peter nell'industria mineraria, Zyzio è un parassita dell'assistenza sociale e Igor è un cerceriere in pensione. Per quanto riguarda le nostre passioni, alcune da citare sono: sesso, Satana e farsi donne [ride].


Incoraggiate i nostri lettori a comprare "Ore Veritatis", date loro qualche motivo.

È lavoro dei recensori e non nostro quello di incoraggiare le persone a comprare i cd. Non "lo spingeremo in gola alla gente" come diremmo in Polonia. È difficile per noi essere imparziali e parlare dei pro e contro del nostro lavoro. È anche questione di gusti. Ma se proprio devo dire qualcosa, cito le parole di Peter: "compratelo, contiene potere e mistero".



Chiudiamo qui la conversazione, salutiamo i nostri lettori? A voi l'ultima parola.

Vi ringraziamo ancora per l'interesse. È la nostra prima recensione internazionale e speriamo di non aver dato una brutta impressione di noi. Siete i benvenuti sul nostro sito www.heretique.pl e speriamo di vedervi un giorno. Satanic hail dal coro della chiesa degli Heretique. Horns high!

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STRYDEGOR


Informazioni
Autore: Mourning
Traduttore: Dope Fiend

Formazione
Clemens Thieke - Basso
Sven Martinek - Batteria
Florian Kunde - Chitarra, Voce


Sono giovani i tedeschi Strydegor e giungono al secondo album con "In The Shadow Of Remembrance", disco che si è rivelato una discreta mistura di viking e folk con gli Amon Amarth, figura quasi di riferimento per il sound. Vediamo cos'hanno da dirci.

Salve ragazzi e benvenuti su Aristocrazia Webzine. Inziamo subito col parlare della storia della band? Chi sono gli Strydegor? Da dove avete tratto il monicker?

Ciao! Il gruppo è formato da Florian Kunde alla chitarra e voce, Clemens Thieke al basso e Sven Martinek alla batteria. Abbiamo fondato gli Strydegor nel 2007 ad Hagenow, nel nord della Germania, e da allora abbiamo iniziato a spargere, dentro e fuori la Germania, il nostro Melodic Death Metal. Il nome Strydegor è stata un'idea di Florian e del nostro buon amico Falk. In realtà non c'è nessun significato reale ma si adatta perfettamente a noi.


Prima di parlare di musica vorrei sapere come avete deciso di andare avanti dopo la dipartita di Slava Giebel, il vostro chitarrista? Quali sono state le riflessioni a caldo nell'attimo in cui riceveste la notizia e cosa vi manca di questo ragazzo scomparso troppo presto?

Siamo rimasti scioccati. Si stava divertendo con noi nella nostra sala prove e voleva andare ad una festa non lontano da lì. Non era ubriaco o qualcosa di simile ma questo triste incidente è accaduto comunque. É stato un momento molto difficile e, naturalmente, pensiamo a lui ogni giorno, specialmente quando siamo insieme sul palco o in sala prove. Ma sapevamo che dovevamo andare avanti con la band, Slava avrebbe voluto questo.


Non ho avuto modo di ascoltare il debutto "Back On Ancient Traces", è quindi solo su "In The Shadow Of Remembrance" che mi baso, com'è affrontare un genere che negli ultimi anni sembra aver detto praticamente tutto?

Non direi che non c'è niente di nuovo da dire. La scena Pagan si è ampliata molto negli ultimi anni ma noi combiniamo Melodic Death Metal con parti acustiche e melodie di chitarra epiche, quindi direi che contrastiamo parecchio con molte band di quella scena.


Quali sono le vostre fonti d'ispirazione, sia per quanto riguarda l'aspetto prettamente musicale che quello delle tematiche utilizzate nei testi?

Ci sono un sacco di argomenti da trattare e, nel nostro caso, cerchiamo di trasporre situazioni e problemi che hanno le persone di oggi al tempo dei Vichinghi e con il loro modo di gestire queste cose. E ci sono decine di storie che la maggior parte delle persone non conosce ancora. Sul nuovo disco la maggior parte dei testi riguardano la fedeltà tra fratelli e il modo in cui io personalmente ho gestito la perdita del nostro fratello Slava.


Come nasce un pezzo degli Strydegor? Quali sono le dinamiche in sala prove? Chi si occupa di dare peso alla musica e chi alla parole?

La maggior parte della musica è scritta da Florian ma anche Clemens e Sven hanno anche un sacco di idee e ci vuole tempo prima che una canzone sia pronta. Alcune melodie cambiano o un riff è combinato con un diverso tipo di ritmo di batteria e una bella linea di basso. Quindi tutti sono inclusi nel processo di songwriting. I testi sono scritti anche da Florian e da Clemens che sono molto colti sulla storia vichinga e sulla mitologia nordica.


É vostra intenzione andare avanti come trio o cercherete qualcuno che entri a supporto con una seconda chitarra? Live credo sia fondamentale per garantire la dovuta corposità ai brani.

Abbiamo alcuni amici molto bravi (grazie a Julian, Olli, Jan e Frank). Essi ci supportano come musicisti session e anche nelle prove quindi siamo in grado di suonare a tutti i concerti e di lavorare su nuove canzoni. Ma siamo ancora alla ricerca di un nuovo membro fisso quindi se qualcuno è interessato non esitate a contattarci su Myspace o Facebook.


Ho trovato il disco ben fatto e maggiormente interessante nei momenti in cui mollava la presa, le aperture acustiche forniscono quel tocco di silvestre e ancestrale che può fare la differenza in futuro, proverete a dare più spazio a queste soluzioni?

Bella domanda. Pensiamo di scrivere materiale più acustico per il terzo disco ma non ci sono ancora piani o musica. E vogliamo mantenere il nostro stile. Ma questo è un buon modo per creare un'atmosfera profonda e malinconica quindi, naturalmente, useremo ancora parti acustiche in futuro.


Com'è stato accolto "In The Shadow Of Remembrance"? E quali erano gli obbiettivi che vi eravate prefissati una volta realizzato questo secondo album?

Ci sono alcune buone recensioni e, quasi tutti coloro con cui parliamo, lo apprezzano. L'intero processo di creazione di quel disco è stato una terapia per noi. Abbiamo solo voluto creare un buon disco con canzoni potenti, con cui mostrare alle persone che siamo ancora vivi e abbiamo energia sufficiente per andare avanti. Il titolo "In The Shadow Of Remembrance" mostra dove siamo ora e mostra che la gente non dovrebbe mai rinunciare, perché c'è sempre una via d'uscita di problemi, soprattutto quando si hanno buoni amici e fratelli in giro.


Come siete entrati in contatto con la CCP Records e come hanno supportato quest'uscita?

Abbiamo fatto un demo ed un EP nel 2008 e li abbiamo inviati a diverse case discografiche. E una di loro era la CCP Records. Claus Prellinger era molto interessato al nostro gruppo e quindi abbiamo firmato il contratto per tre dischi. Stanno facendo un buon lavoro per promuovere i nostri dischi e la nostra band e Claus Prellinger ha fatto anche il missaggio e il mastering di tutto, per la cronaca (e si sente, ha fatto un ottimo lavoro!).


Appartenete a una delle scene metal più floride in assoluto, quali sono le band storiche e odierne vostre connazionali che ammirate e perché?

Amiamo le band scandinave, in particolare quelle appartenenti alla scena di Gothenburg e il black metal norvegese. Ma anche noi ascoltiamo le vecchie glorie dell'heavy metal come Motörhead, Iron Maiden, Black Sabbath. Tutti nel gruppo abbiamo i nostri idoli ma tutti noi ascoltiamo metal a tutto tondo.


Quali sono i dischi che vi hanno cambiato la vita, condotto al mondo metal e di quali avete avuto la necessità impellente di possedere in originale?

Ci sono un sacco di dischi metal che sono stati influenti nella nostra vita. Quando eravamo adolescenti siamo passati dall'hard rock, punk e grunge alla scena metal. Il disco con la più grande influenza è stato il "Black Album" dei Metallica. Un disco buono. E un album da avere necessariamente in formato fisico è, ovviamente, il nostro nuovo disco "In The Shadow Of Remembrance".


Gli artisti si sbattono per creare la loro musica e internet la pubblica in anteprima spesso illegale. Qual è la vostra posizione sul file-sharing e soprattutto su chi riceve i promo e li mette in rete? Purtroppo è inutile negarlo, non siamo tutti dei santi e l'idiota, fra chi scrive recensioni, non tanto per ciò che scrive (il pensiero è libero e legittimo), ma per ciò che fa, lo si trova.

Questo è un grosso problema oggi. La gente ascolta merdosi MP3 invece di comprare un buon disco e ascoltarlo in alta qualità. L'artista spende tanta energia e denaro in un progetto ma la maggior parte delle persone non lo apprezzano più di tanto. Quindi bisogna guadagnare con i concerti e la vendita del merchandise. Finché ci sono persone che sono interessati alla band, l'acquisto di CD e fare concerti può essere un modo semplice per promuovere la tua band in paesi stranieri. Non ci si può fermare in ogni caso, è stato così per tanto tempo e così sara in futuro.


Qual è la miglior situazione nella quale gli Strydegor suonerebbero live? Definiamo il concerto perfetto.

Un locale grande con un suono molto buono. Un sacco di persone pazze che si divertono con la nostra musica e belle ragazze in prima fila naturalmente.


Ci sarà un tour a supporto del disco? Ci sono già date fissate delle quali ci volete dare notizia?

Purtroppo non ci sono piani per un tour ancora, perché ognuno di noi ha un lavoro a tempo pieno, oltre alla band. Quindi siamo solo in grado di fare concerti nei fine settimana ma staremo a vedere cosa il futuro porterà con sé.


La serata che sinora ritenete indimenticabile? Quale e perché?

Una notte senza alcol è forse indimenticabile ma non ce ne sono molte quando siamo in concerto o semplicemente non riesco a ricordare. Non saprei.


Quali sono le vostre passioni al di fuori della dimensione band? Come si svolge la vostra vita quotidiana?

Ognuno ha le proprie passioni come la pesca o altri sport. Macchine veloci, belle donne e buona musica.


Prossimi passi da compiere?

Principalmente cerchiamo di promuovere il nostro disco e la band il più possibile. Abbiamo suonato al Metalfest tedesco a Dessau con grandi band come Megadeth e Hypocrisy e siamo molto felici per questo. E poi, naturalmente, suoneremo un sacco di concerti e vivremo il nostro sogno con la nostra musica.


Vi ringrazio per il tempo dedicatoci, a voi un'ultima volta la parola per chiudere come meglio credete l'intervista.

Grazie per l'intervista. Per i lettori: comprate la nostra roba, ascoltare la nostra musica, venite ai nostri concerti e sostenete la scena metal! Saluti!

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HERETIQUE (english version)


Information
Author: Mourning
Translation: Insanity

Line Up
Wojciech "Zyzio/Wojtas" Zyrdoń - Bass
Grzegorz "Igor" Piszczek - Drums
Grzegorz "Celej" Celejewski - Guitars, Backing Vocals
Piotr "Peter" Odrobina - Guitars (solo)
Marek "Strzyga" Szubert - Vocals


Welcome to Aristocrazia Webzine, what it feels like to have your first own album in your hands?

Strzyga: Hello! At the beginning thank you for your interest. First of all we feel relieved that our work bore the fruit. Generally we are pleased with our first album because its realization was carefully planned and its costs were less than moderate. It's obvious that if you look from the time perspective you can always find things that could have been done better, but in general our feelings are positive.


Who are Heretique? How were they born and what are their references in
music?

Heretique was grounded in 2007 as an initiative of two comrades: Jacek Wołoszczuk and Celej who had known each other for many years and played a little together (among others in the Gliwice city based black metal project Mortuary). Then it was Strzyga who was enlisted by Celej from the no longer existing at that moment coverband Damage Inc. The rest of scoundrels came once for some vodka and so they remained.


How did you approach this type of music? What are the albums and the bands that have introduced you to metal?

It is a hard question to answer as virtually everyone of us consumes different sorts of metal and then smuggles his ideas into our work. Our music is then like a common denominator. The bands in the circle of our vary so much that there is a place for so different bands like for example Slayer on one side and Dimmu Borgir on the other.


The way you compose how much you think was influenced by your everyday listening in recent years?

We are more inspired by the older bands, where you can hear the roughness of 90-ties. Nevertheless we try not to replicate their patterns but instead establish a bond with the greatness of metal music of that period.


"Ore Veritatis", why that title? What is the meaning you attribute to it?

We live in a land that is full of religious hypocrites where you can hear pseudomythical babble from all sides. That is the main reason for our albums name: Ore Veritatis that is By Mouth of Truth, as we openly criticize the behavior of different society groups, including religious ones.


Your proposal is very compact, contained in half an hour, are you completely satisfied of what you got?

Yes, we are satisfied. We assume that it is better to record a shorter, concise but more rough, wild and powerful material then long and boring one. Besides it is always better to leave some hunger for more than over-satiation.


How does it mean to be part of a scene as the Polish one? Do you have a circle of friends and band that you respect and with whom you have shared or would like to share live experiences?

Well, we got to know some faces of notorious drunkards that we drank vodka with. Generally speaking Silesia region is a local center for metal music and is also densely populated. All that makes finding people to share the stage with relatively easy.


You are supported by Robert and his Wydawnictwo Muzyczne Psycho always ready to lend a hand to the emerging band of your country, how you get in touch with him?

Contact with Robert was established thanks to Celej. It was also Celej himself who negotiated in our name all the details and legal issues connected to the release of Ore Veritatis. Currently in Poland it is quite difficult to find an editor (especially if you want to release your first album) because of the long list of already awaiting projects. That was one of reasons why some other labels refused to release O.V.


What is your thoughts on today metal scene in general? Pros and cons? There is one aspect that you consider just irritating?

Nowadays there is a huge amount of bands creating (more or less durable) so it is quite hard to get a grip on it. Besides the giants of music market there is also quite potent background(underground). It is not very uncommon that these less known are not noticed at all by potential listeners as they have no marketing powers. As a result the chances that their work will find a broader audience are very slight; audience that is additionally narrowed by the fact that metal music is consequently pushed out of the stages of cultural mainstream. People like us are enthusiasts that are doing their music from pure love to it; we are not aiming at getting the platinum record or getting on top 20, the final reward for us is the hell-red hot public on the concerts. The most frustrating problem is that there is less and less public on the concerts. We do not know how it does look in other countries, but in Poland club parties popularity are in decline.


What are your commitments now? How do you support the album?

The big contribution for promoting Ore Veritatis is done by Robert from Psycho, who is sending it to reviewers and making internet promotion. Our part is to organize and wreak havoc on the concerts that we pull ourselves to the very edge. Unfortunately we have no person responsible for management so we have to do it ourselves.


What was the first time you played live? Feelings, memories? There was a night that you wanted to delete it because all went wrong?

The memories of our first concerts are very faint as everyone had at least a few permils of alcohol in blood, hehe. But seriously... after our first show we get extremely excited for more playing before public. There was much fewer than 100 people there at that time, but their reception was extremely positive. Besides it was followed by the probably the best (so far) after party.


How do you spend your days when you are not involved with the band? Passions, work, in short, the everyday life.

First, everyone of us has an ordinary job as it is impossible to live from music. Strzyga works with transport services, Celej in musical theatre, Peter in mining industry, Zyzio is a social care parasite and Igor is retired jailer. As our other passions beside music are concerned, some that are worthy to admit are: sex, Satan and beating women, hehe.


Take a little appeal to those who follow us that encourages buying "Ore Veritatis", give your reasons.

It is reviewers job and not ours to encourage people to buy CDs. We are not going to forcefully "push it down people's throat" as we say in Poland. It is hard for us to be impartial and to talk about advantages and disadvantages of our material. Besides it is also a matter of individual taste. But if I am really forced to do it, I will cite Peter's words: "Buy it, as it contains both power and mysteriousness"


We close here our conversation, let's salute our readers? The last word is up to you.

Once more we thank you for your interest. This is our first international interview and we really hope we have not compromised ourselves in your eyes. We welcome you on our website www.heretique.pl and we hope to see you the other day. Satanic hail from the chuch choir Heretique. Horns high!

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