lunedì 26 settembre 2011

EVANGELIST - In Partibus Infidelium


Informazioni
Gruppo: Evangelist
Titolo: In Partibus Infidelium
Anno: 2011
Provenienza: Polonia
Etichetta: PsycheDOOMelic Records
Contatti: www.myspace.com/evangelistdoom
Autore: Mourning

Tracklist
1. Children Of Doom
2. Funeral Mounds
3. Doommonger
4. Ulterior Gods
5. Cthulhu Rising
6. Confiteor

DURATA: 41:37

Doom di stampo classico/epico dalla Polonia? A memoria non ricordo band di questo tipo, il monicker Evangelist sotto tale punto di vista sembra essere una vera e propria boccata d'aria per una scena da sempre maggiormente devota al settore extreme.
Le influenze dai cui il combo trae ispirazione sono facilmente ricollocabili: i padri fondatori del genere Black Sabbath, l'act di Leif Edling, gli immensi Candlemass e guardando in direzione di giorni più recenti (ma neanche tanto) un'altra creatura svedese potrebbe saltarvi all'orecchio, i Grand Magus e perché no anche i tedeschi Seamount in cui milita il cantante americano Phil Swanson (Briton Rites, ex Hour Of 13 ed Atlantean Kodex).
"In Partibus Infidelium" è il primo platter della band e l'unica testimonianza di vissuto che personalmente abbia avuto modo di poter valutare, una prestazione alquanto interessante seppur fortemente legata ai canoni dettati dal passato, le sei tracce sprigionano un fascino particolare: la voce del singer stranamente "nevermoriana" in alcuni dettagli, la presenza "ingombrante" ma sempre gradita della figura di H.P. Lovecraft nella scelta delle tematiche ("Ulterior Gods" e "Cthulhu Rising") e una combinazione d'heavy che attinge sia dal panorama NWOBHM quanto dalla scia americana di Iced Earth, ascoltare "Ulterior Gods" e "Confiteor", quest'ultima davvero pregevole nelle fasi più emotive tanto da ricordare il mood di una decadente ballata.
E' un platter che pur attraversando, senza nessuna remora nel farlo, territori già battuti e ribattuti riesce a mettere a fuoco e centrare il suo obbiettivo, si fa apprezzare per le melodie ("Funeral Mounds"), per le venature Saint Vitus ("Children Of Doom"), per il suo essere semplicemente metal ("Doommonger"), per l'equilibrio che costantemente riesce a mettere d'accordo la riproposizione efficace e pregiata di pezzi tipicamente ancorati agli standard con altri che dimostrano con chiarezza la capacità d'inserire dinamiche e sviluppi utili a dare un'impressione lievemente più indicativa sul valore reale della formazione come avviene in "Funeral Mounds" e "Confiteor".
Forse gli assoli, ammalianti, seducenti e ben interpretati messi un po' più avanti nel mix avrebbero avuto una identificazione più netta e fornito un ulteriore quid in più, è ovvio che con i forse, i se e i però, non si va molto lontano, lungi da me infatti il pensiero di criticare una release ortodossa sì ma con un gusto qual è questo "In Partibus Infidelium".
Mi sento invece di consigliarne non solo un passaggio nello stereo bensì l'acquisto a chi in cuor suo riconosce d'avere una passione fervida per un genere che oggi più che mai sta rivivendo anni di pieno splendore.

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SCENT OF REMAINS - Promo


Informazioni
Gruppo: Scent Of Remains
Titolo: Promo
Anno: 2011
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/scentofremains
Autore: Mourning

Tracklist
1. BTK
2. Snake In The Grass

DURATA: 10:23

Nel 2010 avevo avuto il piacere di recensire il debutto dei groove metaller statunitensi Scent Of Remains, mi è arrivata da poco un' email dell'ascia Herb Hiems in cui il musicista mi comunicava l'avvenuta modifica della line-up, sono infatti usciti di scena il buon singer Daniel Fischer e Luc Nuytten, chitarrista ritmico, a cui sono subentrati rispettivamente Jeremy Jones e Adam Feder.
Si sono rimessi subito in marcia e i lavori per il successore di "Mind.Thought.Fear" sembrano a buon punto, intanto hanno inviato due tracce in anteprima per farmi saggiare le qualità dei nuovi membri.
La formazione continua a muoversi sulle coordinate groovy che ne hanno caratterizzato il recente passato, sia "BTK" che "Snake In The Grass" sono impostate come mazzate pure e semplici, c'è tanto di Pantera quanto 'Tallica, il riffato è in più di un fraseggio percettibilmente heavy-oriented in stile BLS, siamo lì, per fortuna i cardini portanti sono rimasti gli stessi e anche la prestazione solistica solida e melodicamente ben calibrata di Herb conferma che la direzione è quella corretta da seguire.
Il cambio dietro al microfono si percepisce eccome invece, la voce di Jeremy è stridula negli attimi dediti allo scream, anche se soffocato, e possiede maggior definizione nel growl.
Non è poi lontano il pensiero e il consecutivo collegamento alla figura di Anselmo anche se data la proposta "Randy" Blithe dei Lamb Of God sembra più adeguata almeno per quanto concerne la fase incazzata e dura, la parte clean è infatti similare a quella di un altro cantante non da poco ma che si colloca all'interno della scena nu/alternative metal, Chad Gray, un animale da palco con i suoi Mudvayne.
In qualità di antipasto questo "Promo" fa prospettare un'uscita di tutto rispetto, magari non innovativa o particolarmente al di fuori dai canoni stilistici già delineati ma di sicuro un'ennesima dimostrazione d'impatto e discreta elaborazione del songwriting da parte del combo proveniente dal Tennessee, non ci rimane dunque che attendere il nuovo album.

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KODIAK - Kodiak


Informazioni
Gruppo: Kodiak
Titolo: Kodiak
Anno: 2011
Provenienza: Germania
Etichetta: Denovali Records
Contatti: www.myspace.com/kodiaksoundscapes
Autore: Mourning

Tracklist
Cd 1
1. Beginning
2. End
3. Town Of Machine
4. By The Sea

Cd 2
1. MCCCXLIX The Rising End
2. Radon
3. Xenon

DURATA: 2:02:26

Ci sono progetti musicali nati da pochissimo tempo che, con qualità, un sound particolarmente coinvolgente e una produzione continua e mirata, riescono a ritagliarsi una propria nicchia d'ascoltatori anche all'interno di scene ormai sature.
I tedeschi Kodiak in tre anni hanno partorito un demo omonimo nel 2008, un album omonimo nel 2009 e due split con Nadja e Black Shape Of Nexus rispettivamente nel 2009 e nel 2010, siamo nel 2011 e la Denovali Records cosa si propone di fare? Riprende il titolo del disco facendo però diventare l'uscita un doppio cd contenente in aggiunta i brani provenienti dalle prestazioni in collaborazione passate che a quanto pare verranno pubblicati anche in forma vinilica in coppia con N ("Radon" e "Xenon") e una traccia nuova in esclusiva ("By The Sea").
Più che un piatto ricco in questo caso si può parlare di un vero e proprio banchetto, sono oltre due ore di musica racchiuse in un totale di sette pezzi lunghi, espansi, profondi.
Una galassia sta evolvendosi supportando la mole espositiva con chitarre, synth e additivi drone che forniscono un'immagine alquanto particolareggiata del modo in cui i Kodiak hanno deciso d'intraprendere un percorso teso all'esplorazione di più campi musicali l'uno palesemente confinante all'altro ma di per sé non sempre poi così similare come impatto e ambiente ricreato nella mente di chi ascolta.
Le differenze sostanziali in una impostazione così cangiante e maturata in breve tempo si possono notare mettendo a confronto la mastodontica esecuzione di "Beginning" che sciorina sonorità al limite col funeral ma si vena a più riprese di sensazioni post, "MCCCXLIX The Rising End" il cui turbinio ciclico e ronzante spezzato da brevi note di piano e schitarrate nervose ne caratterizza per buona parte le movenze facendo fuoriuscire la natura dronica, l'essenza etereo-riflessiva che mantiene saldamente costanti le tonalità grigio-grevi di canzoni quali "Radon" e "Town Of Machine" più sommesse e portate alla chiusura, l'approccio più rozzo, massiccio e scardinante di "Xenon" che si flette attraversando un limbo quasi empio di suoni per poi riprendere la marcia con soluzioni pesanti e monotone tese ad affossare quel cambio di umore "vivace" che aveva fatto pensare a una traccia decisamente vivida sino, alla conclusione con "By The Sea" che nella sua durata minuta rispetto alle altre sembra rappresentare il "bignami" del sound made in casa Kodiak.
E' un'opera di quelle che non si possono inserire nello stereo una sola volta e pensare anche solo lontanamente di comprendere, è un viaggio complicato e che necessita un alto numero di passaggi nella vostra mente questo "Kodiak", sarà probabilmente e solamente in parte avvantaggiato chi conosce i trascorsi della band ma non ci metterei la mano nel fuoco, una scorribanda dotata di un'estensione così "imponente" porta con sè non pochi ostacoli, munitevi quindi di pazienza e siate più rilassati e concentrati possibili nel cimentarvici.
Acquisto consigliato a chi ama già i Kodiak e a chi appassionato del sound non avesse ancora avuto modo di metter mano su nessuna delle uscite precedentemente prodotte, avrebbe così tutto e di più.

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LOCUS MORTIS - Inter Uterum Et Loculum MMXI


Informazioni
Gruppo: Locus Mortis
Titolo: Inter Uterum Et Loculum MMXI
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: ATMF
Contatti: www.myspace.com/locusmortis13
Autore: M1

Tracklist
1. Prologo
2. Te Sit Perpetua Vita
3. Sentore Di Morte
4. La Via Mi Fu Mostrata
5. Il Sole Sorge Sul Luogo Dei Morti
6. Immortale Decadenza
7. 1652 - Nigra Pestilentia
8. Fiamme
9. Relitti

DURATA: 47:56

Sarò totalmente esplicito e sincero: odio le ri-registrazioni. Ritengo infatti un album musicale, al pari di un dipinto, un'opera che una volta terminata (nel bene e nel male) debba restare fissata esattamente così com'è. Ogni raccolta di canzoni fotografa un istante, quella particolare combinazione dovuta al contesto del momento (musicisti coinvolti, produttore, studio di registrazione, umore, stagione dell'anno, eccetera) è parte integrante del tutto insieme alla musica. Ecco perchè a mio modesto parere non andrebbe MAI registrato una seconda volta un disco, a meno di motivazioni eccezionali che qui non discuterò per non allungare eccessivamente l'analisi.

Con "Inter Uterum Et Loculum MMXI" però la situazione è parzialmente diversa dal momento che questo ottimo album dei Locus Mortis risultava praticamente irreperibile: avevo quindi esultato alla notizia di una nuova disponibilità del gioiellino partorito dalla mente di MZ (già impegnato anche con Arcana Coelestia e Urna), non badando in prima istanza alla questione della veste 2011. Ahimè la botta che ricevetti fu così più pesante. La versione originale, che avevo avuto modo di ascoltare ed apprezzare solo grazie alle moderne tecnologie, era marcia, putrida, malata, decadente... pestilenziale in una sola parola! Oggi tutte queste sensazioni sono scomparse così come il puzzo di morte, il suono si è fatto davvero profondo (gran lavoro sui bassi), definito, ricercato (merito del riarrangiamento) e il growl prevale sullo scream. Non si può dire che il risultato sia scadente (non siamo ai livelli vergognosi di uno "Stormblast MMV" tanto per dire), la base formata dalle canzoni resta notevole, però a mio parere questa nuova tenuta non si sposa bene come la precedente al concept della band incentrato sull'epidemia causata dal batterio Yersinia Pestis. Si perde così quell'unità di intenti fra testi e note particolarmente riuscita nella versione 2005.

Per questi motivi invito tutti quanti ad un ascolto preventivo per evitare spiacevoli sorprese, credo proprio che l'esito spaccherà in due fazioni contrapposte l'audience. Io personalmente proseguirò la disperata ricerca della versione originale che emana un feeling superiore e black metal fino al midollo pur nelle sue imperfezioni.

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HISTORICA - Historia Magistra Vitae


Informazioni
Gruppo: Historica
Titolo: Historia Magistra Vitae
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/historicaband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Historia Magistra Vitae
2. Luther
3. Glorious Defeat
4. Lightning Maker
5. 30 Years Of War
6. Rebellion

DURATA: 25:49

Che il metal si sia modernizzato non c'è dubbio, che la figura femminile nel corso degli anni abbia acquisito un ruolo sempre più importante pure, direi che l'ultima decade è stata significativa in tal senso, sia l'ambito gotico che quello estremo sono stati praticamente invasi da frontwoman e musiciste dalle ottime doti e non si parla solo di beltà naturale, artiste che fanno la differenza.
Il quartetto torinese degli Historica vede proprio una gentil donzella ricoprire quel ruolo, Danielle Fiore, affiancata da un duo ritmico solido composto da Dax al basso e da Claudio Berruto alla batteria e dal chitarrista Danilo Bonuso, elemento cresciuto con il metal più classico ma che come potrete notare una volta ascoltato il loro debutto "Historia Magistra Vitae" se la cava più che degnamente anche con un riffing maggiormente serrato e thrashy oriented.
Un mini di cinque tracce energico, la scelta del sound è ciò che si potrebbe definire una via di confine, l'heavy/thrash si combina con alcune soluzioni al limite col death melodico odierno e i cambi di voce proposti da Danielle, estremamente versatile e a proprio agio nell'impostare il cantato in clean che passa dal lirico in "30 Years Of War" quanto nell'azzannare alla gola l'ascoltatore con un growl/scream acido e raschiato nei fraseggi d'impatto, non fanno altro che avvalorare la tesi che i quattro abbiano speso un bel po' di tempo per dare una forma adeguata alla musica.
I pezzi sono arrembanti, "Luther" spicca per le dinamiche ottimamente articolate così come "Glorious Defeat" che esalta nuovamente l'assetto sinergico della ritmica, è con "Lightning Maker" che l'ambiente acquista un'atmosfera lievemente ancestrale ed evocativa, ciò favorisce lo sviluppo del pezzo offrendogli un terreno su cui poter scaricare la tensione prima della ripartenza in velocità che lo porterà a conclusione.
Del resto la titletrack e opener con il suo galoppare e Danielle che sfoderava una serie di alternati clean/growl netti era stata di buon preavviso su ciò che dopo avremmo incrociato, il finale è invece dedicato a una gloria dell'heavy metal, i Grave Digger teutonici paladini che ormai da oltre tre decadi ci allietano con le loro produzioni.
Il brano prescelto è uno dei classici del combo tratto da "Tunes Of War" (1996), "Rebellion (The Clans Are Marching)" riproposta con il giusto spirito ma con minori intensità e fierezza, più metal, meno sentore epico.
Il platter è curato nei dettagli, il booklet, la sezione grafica, il lavoro di produzione decisamente equilibrato sia per volumi che per resa del sound, magari non perfetto ma non lontano da fare il "di dietro" a tante band più blasonate e che di sicuro possono vantare budget a disposizione di altro "peso", fanno di "Historia Magistra Vitae" uno step iniziale di cui andare fieri.
Nella vita si può ovviamente sempre migliorare, qualche sensazione di deja-vù rimarcata nel riffing e una costruzione che tende a pescare da alcune soluzioni del settore "extreme" non valorizzate a dovere potrebbero essere le uniche pecche ma non eccessivamente limitanti di questo mini.
Il tempo è dalla loro, la passione fuoriesce prorompente, siamo sempre qui in attesa di venir sorpresi ancor una volta, le premesse donateci sono delle migliori.

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ROOT - Heritage Of Satan


Informazioni
Gruppo: Root
Titolo: Heritage Of Satan
Anno: 2011
Provenienza: Repubblica Ceca
Etichetta: Agonia Records
Contatti: www.myspace.com/rootcze
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. Introprincipio
2. In Nomine Sathanas
3. Legacy Of Ancestors
4. Revenge Of Hell
5. Darksome Prophet
6. Fiery Message
7. Son Of Satan
8. His Coming
9. Greetings From The Abyss
10. The Apocalypse

DURATA: 42:23

Non mi sono mai spiegato il motivo per cui un gruppo come i Root fosse generalmente così ignorato.
La creatura di Big Boss (al secolo Jirí Walter) è attiva ormai da quasi cinque lustri e il nuovo "Heritage Of Satan" è il nono full partorito da questi loschi figuri.
Partiti con i primi due album come formazione che ricalcava il Black Metal di monumenti quali Bathory ed Hellhammer, i Root, a partire da "The Temple In The Underworld", hanno costruito una proposta maggiormente orientata verso uno stile più Heavy ma pur sempre ricolmo di oscurità.
"Heritage Of Satan" si apre con "Introprincipio", un'inquietante e sinistra invocazione alle forze oscure che funge da giusto preludio a ciò che seguirà.
Pezzi come "In Nomine Sathanas" (il quale presenta un riff iniziale che potrebbe ricordare ai più attenti alcune ultime produzioni di casa Candlemass), "Revenge Of Hell" e "Greetings From The Abyss" propongono un Heavy roccioso e dalle sfumature epiche, ma pur sempre decisamente tenebroso.
Vi sono poi invece brani come "Legacy Of Ancestors" (non passerà molto tempo prima che vi ritroviate a ripetere quel "my master" ossessivo e penetrante) e "Darksome Prophet" che si presentano come strutture più energiche ed aggressive, mai spogliate però di quel vitale istinto Dark che contraddistingue la musica dei Root.
Un altro punto a favore del disco sono le parti soliste sempre ben inserite all'interno dei pezzi e le brevi e sinistre incursioni di tastiera, presenti ad esempio in "Fiery Message" e "Son Of Satan", che alimentano l'alone demoniaco della proposta.
Una delle chiavi di volta dell'insieme è senza dubbio la voce sgraziata e roca di Big Boss che conferisce maggiore rudezza e minaccia al messaggio trasmesso.
Per conto mio del resto ho sempre immaginato i Root come una sorta di trasposizione più "evoluta" dei Venom che furono (con le dovute differenze, è ovvio).
Che altro posso dire?
Chi già conosce e apprezza il percorso musicale di questo storico gruppo, non sarà deluso in alcuna maniera da "Heritage Of Satan".
Chi invece non li conoscesse affatto (dopo essersi fustigato a dovere) potrebbe partire proprio da questo disco, andando poi a scoprire quelli che sono stati gli albori e l'evoluzione di una band coerente e talentuosa che ha scritto qualche riga della storia del Metal.
Qualunque sia la casistica comunque, l'acquisto è caldamente consigliato!

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ELVIS DELUXE - Favourite State Of Mind

Informazioni
Gruppo: Elvis Deluxe
Titolo: Favourite State Of Mind
Anno: 2011
Provenienza: Polonia
Etichetta: Harmony Records/Get By Records
Contatti: www.myspace.com/elvisdeluxe
Autore: Mourning

Tracklist
1. Intro
2. Let Yourself Free
3. Out All Night
4. Fade Away
5. This Time
6. Out There
7. Take It Slow
8. The Apocalypse Blues
9. To Tell You
10. Break The Silence
11. Fire (Love Boy)
12. A Place To Stay

DURATA: 47:47

Dalla Polonia giungono a noi gli Elvis Deluxe, il rock non ha confini, lo stoner è tutt'altro che domo in questi anni ed ecco che dopo il debutto "Lazy", fortemente targato Kyuss e non privo di reminiscenze scandinave di stampo Hellacopters, mi è capitato fra le mani "Favourite State Of Mind".
L'album ha un rifforama colorato, ci sono dentro il sole della California, l'irriverenza del punk, la ribellione che nel corso degli ultimi sessant'anni il rock ha modellato acquisendo un ruolo di rilievo nella vita di tantissimi giovani e non più tali, non poteva mancare quel pizzico di mood sognante ed espanso a porgere su di un piatto d'argento una pietanza prelibata e cotta a dovere.
Sì perché questo è ciò che i rocker ci portano in tavola, una salutare scarica d'adrenalina che sotto varie forme s'introduce nella pelle: il rullare dei tamburi di "Let Yoursel Free", la cantilenante marcia di "Out All Night" adornata dai synth a tappeto e con un suono di basso a dir poco suadente, il piglio catchy popular di "Fade Away" e una "This Time" pronta a rialzare i toni col suo spirito un po' Kyuss, un po' Q.O.T.S.A., un po' Dozer, un trio di nomi che solo al pronunciarli a tanti appassionati del genere (compreso il sottoscritto) provocano polluzioni in gran numero.
Ci spiattellano una prima parte di platter che sembra voler dire: "ehi tranquillo amico, non è finita qui, il meglio deve ancora arrivare".
In parte tale affermazione è veritiera, dopo l'onirica/sciamanica strumentale "Out There" che allenta la tensione, rilassa e fa sì che una bella dose di drogaggio cosmico attraversi le vene, come si usa fare per il risveglio mattutino, i toni salgono pian piano con "Take It Slow" affascinante, dotata di movenze variegate capaci d'indurirsi e affievolirsi a mo' di fisarmonica, si colorano di blues e permettono alla classe degli Elvis Deluxe di sprigionare il proprio potenziale al suo massimo splendore in "The Apocalypse Blues" coperta da un velo melancolico struggente.
"Favourite State Of Mind" non soffre di cali di tensione, non ha momenti di stanca, è un continuo e piacevolissimo alternarsi di emozioni sparate e dolciastre che in più di un'occasione riescono a fondersi: "To Tell You" dall'animo seventies spiccatissimo, "Break The Silence" scatenatamente punkish, delirante e cattiva a cui fa seguito "Fire (Love Boy)" che non disdegna un tocco d'acidità vocale, bello il graffiato hardcore che si poggia su una base rockeggiante ma carica di sferzate ruvide, rocciose, la chiusura spetta "A Place To Stay" dal sound grigiastro e colmo d'atmosfera, di meglio non ci si poteva augurare.
Gli Elvis Deluxe hanno partorito un piccolo gioiellino, poco più di tre quarti d'ora di musica ricca di cambi e gradazioni d'umore e colore ambientale, è una prova matura e altamente papabile fra gli acquisti da considerare obbligatori nel 2011 per quanto concerne il panorama rock in genere, ragion per cui non lasciate che le vostre orecchie si perdano l'occasione di ascoltare "Favourite State Of Mind", sarebbe un vero, vero, vero peccato. Must Have!

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GORGY - Birth Of Damnation


Informazioni
Gruppo: Gorgy
Titolo: Birth Of Damnation
Anno: 2011
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Horror Pain Gore Death Productions
Contatti: www.myspace.com/gorgyband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Welcoming The Gore
2. Retaliation Of Your Disease
3. 3rd Degree Sodomy
4. May Cause Birth Defects
5. Battered Bruised Raped & Torn
6. Disgorge The Child
7. Induce The Inutile
8. Birth Of Damnation

DURATA: 29:06

Vengono dal Kentucky i Gorgy, la band statunitense al primo album edito sotto l'ala protettrice della Horror Pain Gore Death Productions esce fuori in maniera prepotente con un "Birth Of Damnation" dalla breve durata ma dall'alta resa e dall'impatto devastante.
E' una miscela di death metal vecchia scuola e grind, nomi quali Cannibal Corpse, Impetigo, Suffocation, Lord Gore, Carcass e Immolation sono fra quelli che potrebbero girarvi in testa una volta che il platter avrà inizio.
Il prendere in considerazione così tante formazioni in una botta potrà farvi pensare a un disco decisamente derivativo? In effetti, "Birth Of Damnation" è dotato di una caratterizzazione di stampo Gore, di una composizione stilistica che attinge a piene mani dal passato offrendo un brutale, aggressivo e diretto attacco che nei quasi trenta minuti di musica lascia poco all'immaginazione.
E' depravazione macina-ossa, sono botte che percuotono causando lividi perenni quelle insite nella tracklist che raccoglie momenti veramente apprezzabili sin dall'accoglienza disturbata di "Welcoming The Gore".
Disturbo e malsana voglia di far male che verranno confermati in episodi quali "Retaliation Of Your Disease", "3rd Degree Sodomy", "May Cause Birth Defects" e "Disgorge The Child".
Le movenze sono compatte, assetate di sangue, il lavoro pur non brillando nel regalare capolavori ha nelle otto tracce, otto anelli di una catena solida, priva di cali evidenti, è una sprangata alla schiena che lascia a terra, resa ancor più forte da una incisiva prestazione gutturale dietro il microfono del singer Bobby Snook e da una produzione curata nei suoni che favorisce il pieno giungere delle mazzate.
I Gorgy vi faranno scapocciare, vi daranno la possibilità di demolire casa ruotando impazziti il collo, non vi basta? Di questi tempi al sottoscritto basta e avanza, fra un modernismo sin troppo esagerato e una proposta ultracatchy al limite col sanremese, una pausa con del salutare e spaccacrani death metal è assolutamente ben gradita.

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HELLVETIC FROST - Towards A Distant World


Informazioni
Gruppo: Hellvetic Frost
Titolo: Towards A Distant World
Anno: 2011
Provenienza: Svizzera
Etichetta: Bergstolz
Contatti: www.myspace.com/hellveticfrost - www.bergstolz.ch
Autore: ticino1

Tracklist
1. Einklang
2. Zwang
3. Towards A Distant World
4. Woodlands Conspiracy
5. The Sinister Weaving
6. Ausklang

DURATA: 30:52

Un pezzo di storia termina qui con un capitolo oscuro e freddo come le cime del Cervino. Dopo dieci anni d’attività il duo degli Hellvetic Frost chiude i battenti roventi dell’Inferno, lasciando dietro di sé una massa di sostenitori accaniti guadagnati col passare degli anni. La Bergstolz si è presa cura di presentare al pubblico questo necrologio.

Cosa ci offre il disco? Primariamente una produzione piacevole per il genere, cupa e fredda. La musica? Be’, come scrivo sovente, il black è difficile da reinventare oggi, visto che è deceduto eoni fa. Il duo sa però come estrarre l’essenza del genere, offrendoci tracce veramente accattivanti e con fattore "headbanging" al 100%.

Un inizio lento, pesante e funebre accoglie l’ascoltatore, prima di aumentare d’intensità con un passaggio repentino a riffs più gelidi che ricordano in cadenza un poco i Von. Nulla di speciale direte. No, infatti; come detto prima ciò che conta è il risultato. Rabbia e aggressività in eccesso investono il pubblico. Non c’è scritto da nessuna parte che il black debba essere dolce e sereno. Questi musicisti "Hellvetici" sanno il fatto loro e offrono per l’ultima volta un dischetto robusto e da gustare.

Preferite il "Raw Black Metal" e tutto quello che lo circonda? Questi Confederati non deluderanno le vostre attese. Le loro alabarde con la croce incisa vi sfalderanno il cranio con una massa di note dure e senza compromessi. La falange v’investirà prima con i suoi spadoni che sfracelleranno la foresta di lance per poi avanzare nelle vostre fila sconnesse. Le onde seguenti non conosceranno pietà alcuna e massacreranno ogni resistenza e ogni tentativo di sollevare la testa.

Questo è black metal!

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LOSS - Despond


Informazioni
Gruppo: Loss
Titolo: Despond
Provenienza: U.S.A.
Anno: 2011
Etichetta: Profound Lore Records
Contatti: www.myspace.com/lossdoom
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. Weathering The Blight
2. Open Veins To A Curtain Closed
3. Cut Up, Depressed And Alone
4. Deprived Of The Void
5. An Ill Body Seats My Sinking Sight
6. Despond
7. Shallow Pulse
8. Conceptual Funeralism Unto The Final Act (Of Being)
9. Silent And Completely Overcome
10. The Irreparable Act

DURATA: 01:06:51

I Loss sono un gruppo proveniente dal placido Tennessee che, dopo un paio di demo e split (tra cui uno con i Necros Christos), arriva al traguardo del primo full intitolato "Despond".
Il quartetto statunitense ci culla ruvidamente con il suo Funeral Doom ispirato dai grandi del genere come Evoken ed Esoteric, seppure sia notevole la dose di personalità insita in questo disco.
Risultano infatti interessanti alcune soluzioni come gli intermezzi acustici dai lontani rimandi spagnoleggianti presenti in "Open Veins To A Curtain Closed", i quali donano brevi momenti di luce all'interno di pachidermiche strutture altrimenti immerse nell'opprimente oscurità dell'oblio e della rassegnazione più cupa e totale.
Uno dei punti di forza di "Despond" è proprio l'uso della melodia in pezzi come la splendida "Cut Up, Depressed And Alone", "An Ill Body Seats My Sinking Sight" e la solenne e sacrale "Conceptual Funeralism Unto The Final Act (Of Being)"; la suddetta melodia è del tutto volta all'avvolgere sull'ascoltatore una cappa di malinconica disperazione, obbiettivo raggiunto grazie ai semplici, ma vincenti e quasi drammatici, intrecci chitarristici, i quali vengono sapientemente articolati in modo da non risultare melensi ma diluire in maniera più sopportabile il carico di sofferenza trasmesso.
Un po' differente è invece "Silent And Completely Overcome" che si avvale per qualche minuto di voci clean e notevoli variazioni ritmiche, una formula estrapolata dal movimento britannico guidato dai primi Anathema e My Dying Bride, tutto sommato un inserimento non sbagliato in tracklist.
Decisamente più funeree, catacombali e prive di speranza alcuna sono "Shallow Pulse" e la conclusiva "The Irreparable Act", collocate in una dimensione atemporale in cui regnano l'oscurità e la miserevole negatività dell'esistenza.
Come già accennato i fraseggi tra le sei corde di Timothei Lewis e Mike Meacham sono uno dei perni dell'album, sorretti dal drumming ultra rallentato, ma con ottima funzione ritmica, di Jay LeMaire. Ottimo anche il growl, sempre ad opera di Meacham, impostato su una tonalità molto bassa e greve, come da buona tradizione Funeral.
Indicazioni particolari? Non ce ne sono, se non il fatto che "Despond", per quanto lievemente alleggerito dalla melodia, rimane comunque un disco Funeral Doom e quindi rivolto ad una ben precisa cerchia di ascoltatori.
Ovviamente per chiunque non sia un fruitore di tali sonorità un disco simile sarebbe poco più di un pastone indigesto e noioso.
Per chi invece è un appassionato del genere c'è ben poco altro da dire: ascoltate "Despond" e non ne rimarrete delusi, credetemi.

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REDEMPTION CURSE - 7.1


Informazioni
Gruppo: Redemption Curse
Titolo: 7.1
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta. Autoprodotto
Contatti: http://dnanetlabel.altervista.org
Autore: Mourning

Tracklist
1. Sia Fatta La Tua Volontà
2. La Fenice

DURATA: 10:57

Chi segue Aristocrazia da tempo, sa che all'interno della nostra redazione ci sono giovani e "anzianotti" che oltre alla passione e l'esprissione delle proprie opinioni tramite la parola, si mettono in gioco dando vita a musica loro.
I Redemption Curse sono frutto di due nostri collaboratori, potrei quindi essere poco imparziale nell'approccio con il loro primo lavoro "7.1" anche se in passato, pur avendo avuto fra le mani altri lavori prodotti "in casa", spero d'avervi dato una più che legittima versione del mio pensiero priva di distorsioni e trattamenti di favore.
Il progetto è di quelli che volutamente si allontana da qualsiasi forma di commercialità, soluzione catchy o fruibilità in larga scala, è un black di natura lo-fi volutamente noisy, adornato da atmosfere cupe e nebbiose che forzano la mente come un grimaldello nel tentativo di scardinarne gli argini contenitivi e mandarla nel pallone. L'essere insani è poi un male? Follia e genialità, il confine è labile.
Due brani, neanche undici minuti di musica fra riff di chitarra al limite con l'ossessivo sia nei momenti splettrati, sia in quelli in cui la dilatazione ha una sua parte considerevole, una voce spesso stridente e difficilmente comprensibile, maligna e "nemica" di ciò che riluce, un'esposizione sonora che si avvalora di melodie malsane e inaspettate, vedasi lo stacco di piano in "Sia Fatta La Tua Volontà" e i synth etereo spettrali in "La Fenice", basteranno ad attirarvi?
La violenza è intrisa nelle note, non necessita però di tempi sparati o soluzioni pirotecniche per assumere l'aspetto desiderato, è uno sguardo horrorifico che tassello dopo tassello si mostrerà ai vostri occhi, ciò che si verrà a comporre sarà uguale per tutti? Non credo, sarà la vostra devianza mentale a modellarne la forma.
"7.1" è una prestazione strana la cui unica pecca è quella di non dare al basso una rilevanza così netta, sono sicuro che Wolf, compositivamente molto positivo, rimanga un po' troppo indietro, un po' di volume in più non ci sarebbe stato male.
Non lontani per passione e decisione intrapresa di rimanere nel sotterraneo mondo dell'underground nostrano da quella adottata dagli ormai "storici" Occulta Struttura, posso assicurarvi che se una creatura complessa e indecifrabile per molti aspetti come quella toscana è riuscita a colpirvi, non dovreste mollare la presa e attendere nuovo materiale dei Redemption Curse, la strada sinora percorsa pur essendo non proprio la stessa potrebbe sorprendervi in egual maniera.

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VRANOROD - Vranorod [Mourning]


Informazioni
Gruppo: Vranorod
Titolo: Vranorod
Anno: 2010
Provenienza: Serbia
Etichetta: Le Crépuscole Du Soir
Contatti: myspace.com/vranorod
Autore: Mourning

Tracklist
1. Cold Lights And Decadent Silhouettes
2. Tears Of Forest
3. Joy, Despair And Other Social Games
4. Invoking The Mountain Spirit
5. The New Centuries, The Greater Pain
6. The Eyes Don't See Your Future
7. Like A Watter On The Early Frost
8. Sunset In A Sunrise
9. Algiz

DURATA: 44:55

Aristocrazia ha già avuto modo di conoscere il progetto Vranorod nel recente passato, la recensione di M1 descriveva proprio questo album di debutto omonimo nel periodo in cui, ancora sottoforma di autoproduzione, lo si trovava in free download direttamente tramite il Myspace della band.
Di lì a poco i serbi, trovato il deal con la transalpina Le Crépuscole Du Soir, vedono rilasciata la versione cd che oltre a dare una maggior consistenza alla proposta grazie al supporto grafico ben elaborato, dai colori tenui e dal contrasto naturale/urbanistico evidenziato dalle scelte d'immagini rappresentanti fronte, retro e interno del booklet, offre circa dieci minuti di musica in più, la tracklist si è allungata grazie all'inserimento di due canzoni bonus : "Sunset In Sunrise" e "Algiz", nel book rappresentata dall'immagine raffigurante l'omonima runa.
Le atmosfere intrise di grigio, la malinconia perdurante quasi a tessere un fitto velo a copertura rimangono con tutta probabilità le qualità migliori di un lavoro ancora immaturo, l'inserimento nel filone degli shoegazer Amesoeurs, Alcest, Lifelover potrebbe attrarre chi ha piacere nell'ascoltare prestazioni che provano a miscelare emozioni black diluite all'inverosimile con fraseggi post-rock talvolta sin troppo melensi, sino a qui nulla da ridire, i gusti son gusti per carità anche se in molti casi il troppo-stroppia.
Come già accennato in passato dal mio collega, ci sono sbalzi notevoli che infieriscono sull'incedere del platter, il godersi l'elettronica discreta di "Tears Of Forest" viene praticamente annullato dall'eccessivo e disturbante uso fattone in "The New Centuries, The Greater Pain", l'elementarità di "The Eyes Don't See Your Future" stride con il noioso ciclo di suoni che si promette di colpire il nulla in "Joy, Despair And Other Social Games".
E' un lavoro dispersivo, ok, a ogni bivio si può prendere una decisione diversa ma mantenere un filo logico che garantisca almeno una consequenzialità d'intento? I Vranorod devono ancora trovarlo.
Le tracce sin qui a me sconosciute porteranno acqua al mulino? "Sunset In A Sunrise" è gradevole, dal retrogusto dolce-amaro, uno strumentale che nella parte acustica riesce a riscaldare e accarezzare, peccato però che improvvisamente muti natura puntando sull'elettronica, il cambio è inaspettato, efficace? Non so quanto, monotono e sin troppo lineare nel finale, precede "Algiz", altro episodio privo di voce che con delicatezza ci conduce alla conclusione.
Neanche tali momenti sono riusciti a distogliere il mio pensiero dal fatto che ai Vranorod serva una registrata, il muoversi in un territorio che per quanto vario possa almeno far registrare il tentativo di "uniformare" il proprio stile compattandolo, fornendo quel bilanciamento fra l'espressività istintiva e una struttura lievemente più "ordinata" da cui potrebbero trarre buoni risultati.
Non ci resta quindi che attenderne il successivo lavoro per constatarne o meno la maturazione.

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LOGICAL TERROR - Almost Human


Informazioni
Gruppo: Logical Terror
Titolo: Almost Human
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Reality Entertainment
Contatti: Myspace - Facebook
Autore: Bosj

Tracklist
1. Nameless
2. Gender 3000
3. Monad 61
4. Unfilled
5. Degenerate Regenerate
6. Self Extinction
7. Collapse
8. Facing Eternity

DURATA: 31:36

Parlare di "Almost Human" è molto arduo; non so come impostare questo pezzo e mi trovo in seria difficoltà. Potrei parlare del disco in quanto tale, potrei parlare del disco nell'ottica del mercato e del target cui si rivolge, potrei parlare dell'effetto che fa ricevere materiale del genere e dei miei pensieri personalissimi alla proposta di cui si tratta. Insomma, un sacco di cose si potrebbero dire di questo lavoro dei Logical Terror, ma cercherò di attenermi al primo punto; anche se non sarà facile.
"Almost Human" è il primo full lenght di questo giovane combo italiano edito sotto l'americana Reality Entertainment. Soltanto navigando sul sito di detta etichetta è possibile farsi un'idea del mood che pervade, genericamente parlando, tutto il suo parco artisti (un tale Gaz Reynolds è abbastanza esplicativo a riguardo); a questo punto si potrebbero già aprire n parentesi e divagare a lungo su questa fabbrica mediatica a stelle e strisce che è la Reality Entertainment, ma non è questo il luogo.
Torniamo al disco. La mezzora di questo debut vorrebbe essere un tentativo di metal "moderno", seguendo il filone a tutt'oggi ancora non foltissimo di artisti che si richiamano alle produzioni di Fear Factory, The Kovenant, Static-X e diverse altre derivazioni di industrial metal. Il punto è che fallisce clamorosamente.
Se un gruppo come i Sybreed (nome a mio avviso in assoluto più vicino ai Logical Terror, parlando di metal propriamente detto), pur senza eccellere, si fa portatore di una proposta gradevole e personale, la formazione della penisola sfrutta le stesse tematiche cyberpunk, anche le stesse costruzioni e gli stessi toni, ma scade nelle più banali soluzioni "da classifica".
Quando si tratta di dover pigiare sull'acceleratore, i Logical Terror si fermano, eseguono il loro bel compitino di melodie, chitarre smussate, batteria in secondo piano, fanno entrare un ritornello in clean sdolcinato e così drammaticamente "easy listening" da sembrare scritto a tavolino da un compositore della Universal, e tutto si chiude lì.
Alcune soluzioni sono azzeccate, l'attacco di "Gender 3000" fa quasi sperare "dai che ci siamo, stavolta parte un bel pezzo tirato", e invece no, ecco di nuovo quella vocina (davvero insulsa, spiace dirlo) piatta a ricordarci che oh, va bene fare musica, ma il pane in tavola con il death e il black non lo si mette, che i dischi si vendono se si raggiungono le masse. Perchè questo è "Almost Human", un disco per le masse: per tutti e quindi per nessuno.
Brani come "Facing Eternity" possono trovare posto nei più banali dischi dei Caliban o degli Evanescence, con tanto di testi inneggianti alla libertà, pregni di trasgressione (adolescenziale) e solitudine (puberale).
Il disco che avrei scelto come colonna sonora per l'estate a tredici anni.
Mi dispiace parlare così di un album, perchè sicuramente alle sue spalle ci sono lavoro, dedizione e fatica da parte di tutti i componenti del gruppo, ma se non tutte le ciambelle riescono col buco, qui pure l'impasto è avariato.

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TURDUS MERULA - Herbarium


Informazioni
Gruppo: Turdus Merula
Titolo: Herbarium
Anno: 2010
Provenienza: Francia
Etichetta: Le Crépuscule Du Soir
Contatti: www.myspace.com/turdusmerulasweden
Autore: Mourning

Tracklist
1. Datura Stramonium
2. Mandragora Officinarum
3. Colchicum Autumnale
4. Actaea Spicata
5. Conium Maculatum
6. Aconitum Napellus

DURATA: 01:03:05

Turdus Merula (nome scientifico del Merlo Comune) è il monicker che Disa, già membro conosciuto di realtà quali Murmurs e Korpblood, ha dato al proprio progetto solista in attività dal 2007, anno che coincise con la pubblicazione del demo "The Paths Of Life".
Nel 2010 supportato dall'etichetta Le Crépuscule Du Soir, una di quelle che si è fatta strada nell'underground grazie a produzioni in tiratura limitata e scelte di roster più che particolari, fra le quali come non ricordare quella dell'occult band drone francese Mhönos, ha rilasciato il debutto in formato full-lenght intitolato "Herbarium".
L'erbario, libro che raccoglieva dettagliatamente le informazioni sulle piante medicinali, è stato il riferimento che l'artista svedese ha seguito alla lettera tanto da consegnare a ogni singolo pezzo un nome che fosse ricollegabile a una radice o pianta in esso contenuto vedasi "Datura Stramonium" che conosciamo semplicemente come Stramonio, "Mandragora Officinarum" la Mandragora più volte citata in testi per rituali magici e "Conium Maculatum" la Cicuta, una di quelle che fa male anche solo al parlarne.
Musicalmente ci troviamo fra le mani un platter che è una miscela sapientemente mixata di raw-black e partiture ambient, il riffing si divide nell'alternare cicli continui e disturbanti resi ancor più acidi dal più classico dei ronzìì allo sparire rapido e indolore, lasciando spazio a movenze angoscianti e raccapriccianti in cui è il pianoforte accompagnato dal lato più sinistro della sezione emotiva ambientale a prendere le redini della situazione.
In tali frangenti il drumming a cura dell'unico partecipante attivo, molto verosimilmente nel ruolo di guest, Draugr, batterista di cui non ho praticamente notizie, solitamente incalzante, severo e mai troppo dinamico a dirla tutta, viene praticamente azzerato.
Sulle basi Disa lascia fluire uno scream effettato, distorto in alcuni spezzoni come avviene nella fase pre-finale di "Mandragora Officinarum" nella quale diviene cantilenante e tetro apportando una gradazione d'oscurità ancor più fitta e impenetrabile.
"Herbarium" è un disco che gode di una instabilità perenne, evita di fossilizzare il suo sentiero su un'unica modalità di approfondimento delle sensazioni, cerca, seppur non discostandosi dai territori sonori prima enunciati, una scorciatoia che centri in pieno l'ascoltatore annichilendolo.
Non è nella violenza che risiede l'arma migliore ma nel portare la mente di chi l'ha inserito nel lettore in un mondo di cui non può più fare a meno.
Probabilmente non è ancora perfetto, probabilmente quella sottile aura "romantico/decadente" che pervade delle piccole sezioni del lavoro farà storcere il naso a qualcuno, ciò non toglie che i Turdus Merula abbian tirato fuori una prima prova degna d'esser acquistata, la consiglio quindi a chi preferisce l'atmosfera al mero quanto spesso poco fruttuoso operato delle trincee "war" black.

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KAISERREICH


Informazioni
Autore: M1

Formazione
Serpent Est - Voce
Abraxas - Chitarra
Luce - Chitarra
T. Morgan - Basso
Krieg - Batteria


"Ravencrowned" ci ha consegnato una band che è maturata rispetto al già ottimo passato e continua sulla propria strada incurante di mode e trend, forte anche di una cura per i dettagli (si veda l'ottimo booklet) che non è così comune trovare. T. Morgan, Abraxas, Luce, Krieg e Serpent Est restano fedeli ai canoni del black metal senza restarne intrappolati o schiacciati. E' tempo quindi di approfondire alcuni temi con Abraxas (chitarrista) e Serpent Est (cantante).

Ciao ragazzi, benvenuti sulle nostre pagine. Iniziamo subito con le domande. Sono passati quattro anni fra l'uscita del recente "Ravencrowned" e quella di "KRRH", cosa è successo in questo frangente di tempo?.

Abraxas: Grazie per l'ottima presentazione. Sono passati quattro anni dal nostro precedente disco e certamente non sono pochi, ma abbiamo dovuto far fronte ad alcune problematiche che si sono presentate e che fanno parte di ogni gruppo: primo fra tutti i vari cambi di line up, i quali hanno visto un avvicendamento al basso e alla seconda chitarra. Infatti in questo nuovo lavoro svetta il contributo dei due nuovi membri: T.Morgan al basso e Luce alla seconda chitarra. Poi la ricerca di un'etichetta e le varie fasi di lavorazione (scrittura, registrazione, mixaggio e master) del disco hanno fatto sì che il tempo necessario per la pubblicazione fosse così lungo, ma contiamo di esser piu veloci con i successivi album.


Le novità in questo nuovo capitolo non mancano, a iniziare dalla presenza di una intro, "Hapax Legomenon", sinfonica e magniloquente, pezzo che mi sarei aspettato in un disco dei Dimmu Borgir e mai nel vostro. A cosa è dovuta la scelta di utilizzarla? Chi l'ha composta?

Serpent Est: "Hapax Legomenon" è stata composta da un giovane musicista inglese, Daniel James, cui ci siamo rivolti per avere un'intro che aprisse in modo degno quella che è una saga grandiosa ed epica. Molti hanno considerato inappropriata la presenza di quest'introduzione ritenendola non in sintonia con il genere proposto. Quell'apertura magnifica e solenne è però l'abbrivio ideale per la storia che va raccontandosi nei testi, cosa che ovviamente va persa scaricando il cd da internet, invece che comprandolo (verissimo! n.d.r.).


Con "KRRH" fu amore a prima vista, "Ravencrowned" invece ho impiegato più tempo a metabolizzarlo, questo a causa di un approccio improntato ad una maggiore complessità e ad alcuni brani dalla durata più corposa. Avete optato a tavolino per un'impostazione del genere oppure è avvenuta naturalmente?

Abraxas: Non abbiamo programmato nulla a tavolino e certamente non volevamo fare un "KRRH 2", d'altra parte non avrebbe avuto senso. La diversità del nuovo disco è evidente per vari fattori: innanzitutto il fatto che i compositori sono diversi. "KRRH" era stato scritto per la maggior parte dal vecchio chitarrista e quindi risultava molto simile nel complesso e indirizzato verso un certo tipo di sound. "Ravencrowned" invece è stato composto da me e da Luce. Lo stile è molto diverso da "KRRH" e differisce anche fra me e l'altro chitarrista. Questo ha fatto sì che nel disco ci fossero pezzi molto vari, alcuni più veloci, altri più lenti e melodici, e credo che questo sia un bene. Il disco suona fresco e come hai sottolineato tu non è cosi immediato e merita più attenzione nell'ascolto per via del fatto che dentro ci trovi molti arrangiamenti e soluzioni nuove, almeno per noi.

Serpent Est: "KRRH" è un album molto più tradizionale e diretto. Su "Ravencrowned" i ritmi sono generalmente più veloci e forse l'ascolto ne risente, all'inizio. Inoltre ci sono molti più riff rispetto al sound del primo disco. Di certo è un album meno accomodante ma per noi è risultato molto più divertente da comporre e da suonare dal vivo. In generale, comunque, non può esistere pianificazione. Può esserci un'idea di fondo, ma la musica è qualcosa di fluido e indomabile, almeno per noi. Finisce così che se anche noi avessimo in mente una qualche direzione artistica, poi la musica vada dove preferisce. Con il terzo album, per esempio, eravamo partiti con l'idea di rallentare, anche molto, la velocità delle canzoni ma alla fine la cadenza delle tracce (già tutte composte) è piuttosto sostenuta, benchè più pacata rispetto a "Ravencrowned".


A mio personale giudizio ritengo che i vostri pezzi cantati in italiano ("Cuore Nero" e "A Noi La Notte") restino fra quanto di meglio abbiate prodotto. Con quale criterio decidete per l'utilizzo della nostra lingua piuttosto che dell'inglese? Avete mai pensato di cantare un intero disco in italiano?

Serpent Est: Da cantante, l'italiano è fonte di molti problemi. Sinceramente non mi piace fare testi in italiano, anche se "Cuore Nero" è venuta abbastanza bene, con alcune strofe che ritengo davvero buone. Purtroppo le ritmiche in italiano sono in genere più rigide e spesso occorre cambiare gli accenti per far rientrare le parole nella metrica, cosa non molto gradevole. Per queste ragioni, e per il fatto che amo particolarmente la musicalità delle parole inglesi, non credo che faremo mai un disco con soli testi in italiano. Non esiste neppure un metodo per decidere quali canzoni fare in inglese e quali in italiano. La discriminante è di solito la velocità. Preferisco evitare di mettere testi in italiano su canzoni veloci perchè cantare su quei ritmi mi farebbe sentire Caparezza, cosa che evito volentieri. Sul nuovo disco abbiamo già un testo in italiano ma stiamo valutando l'opportunità di farne un secondo. In considerazione del fatto che io prima faccio le metriche e solo dopo creo il testo, direi che molto dipenderà dall'ispirazione del momento.


Dalla lettura del booklet è possibile seguire le vicende narrate dei testi e questo aumenta il livello di coinvolgimento durante l'ascolto. Potreste raccontare in breve ai nostri lettori la vicenda che esponete?

Serpent Est: La saga di "Ravencrowned" si svolge in un desolato mondo, dove l'onore è il principale valore e lo scontro l'unica via. Non si tratta però di un manifesto guerrafondaio, quanto piuttosto di una Mordor tolkeniana mossa però dai valori eroici di Sparta.
Il concept album verte principalmente sulla guardia reale, guidata dal figlio dell'Imperatore. Nel tentativo di rovesciare il trono, il principe guida la sua armata di 86 uomini contro il Re. La guardia reale, legata a voto d'ubbidienza al proprio leader, esegue l'ordine ma viene sconfitta. Il principe, a seguito di questa rivolta, viene prima ribattezzato con l'infamante nome di Veleno e poi viene fatto divorare vivo dai seguaci del Ravencrowned, uno dei molti nomi con cui è conosciuto l'Imperatore.
La guardia reale, che comunque ha mosso le armi contro il palazzo, viene condannata a morte. Apprezzo in particolar modo il momento in cui, durante la canzone "A.B. 86", i soldati della guardia purificano i propri corpi per affrontare immacolati il supplizio che li aspetta. La loro morte, sostanzialmente ingiusta poiché non era ipotizzabile disobbedire al comandante, dà luogo alla nascita di un essere irrequito chiamato Anima che l'Imperatore, nella sua misericordia, ucciderà di propria mano, riportando la serenità a quelle anime. In "Den Verkschythend", l'imperatore schiaccia la bestia e ordina che in suo onore venga eretto un mausoleo a cui tutti renderanno onore. Nell'ultima traccia, "Tempest", si assiste alla celebrazione della vittoria, durante la quale però il cielo muta e s'inquieta. Negli ultimi momenti del disco, dove la musica perde coesione e vira alla cacofonia, il personaggio che parla è sconosciuto, compiange Anima e promette la sua vendetta con l'ignorantissima frase “I'll kill the world”!
Il terzo disco andrà in direzione ben diversa, ma se con il quarto dovessimo tornare su queste coordinate musicale, amerei continuare la saga.


L'unico neo evidente che ritrovo all'interno di "Ravencrowned" è l'immagine scelta come copertina, che a mio giudizio non rende merito al resto del "pacchetto" (musica e booklet). Chi è l'autore? Siete ancora soddisfatti della decisione?

Serpent Est: In teoria dovrei sentirmi lusingato di questa tua considerazione, dato che sono l'autore del libretto. D'altra parte avevo anche realizzato una copertina a dir poco orrenda e che solo a due settimane dall'invio del materiale in stamperia è stata sostituita. E' stata una fortuna aver trovato l'opera di Michal Klimczak e personalmente la trovo impeccabile. Amo il colore, inusuale per un disco black, e adoro il fatto che la figura in copertina sia fusa in un tutt'uno con il trono. Un'ottima rappresentazione grafica del ruolo che costringe l'Imperatore ad essere reggente di un mondo in rovina. In considerazione del fatto che non si tratta di un lavoro su commissione, ma di un'opera realizzata precedentemente, non possiamo che dirci soddisfatti e fortunati.


Voi invece siete totalmente soddisfatti da "Ravencrowned" o ad oggi modifichereste qualche dettaglio?

Abraxas: Sì, siamo soddisfatti del nuovo disco, sia come produzione che come qualità. Ovvio, non abbiamo inventato nulla di nuovo e non era questo il nostro obiettivo. Però ci siamo impegnati affinchè potessimo scrivere pezzi di buona qualità e che soddisfacessero noi per primi. Certo, a lavoro ultimato pensiamo che qualcosa avrebbe potuto esser fatta meglio, ma credo sia sempre così quando un artista rivede il proprio lavoro a mente lucida. Ciò non tolgie che per noi sia un lavoro piuttosto valido.

Serpent Est: Il processo di creazione di un disco è un lavoro lungo e virtualmente infinito. Non si è mai soddisfatti e ci sono sempre nuove idee che si possono manifestare. Diverse cose sono state aggiunte durante le registrazioni ed altre in fase di mixing, ma non si può modificare in eterno e ad un certo punto bisogna fermarsi. Se ci sono cose che si potrebbero modificare? Certo, molte. Io personalmente ricanterei tutto perchè all'epoca, per mia colpa, non ero preparato a dovere e molte canzoni non erano mai state cantate con il testo prima di registrarle. Ancora oggi mi domando come sia riuscito a fare "Cuore Nero" dato che la registrazione del disco è la primissima volta che è stata cantata con il testo definitivo. Il risultato risulta in un cantato ingessato, più attento ad andare a tempo che ad emozionare. Per il resto, lo trovo ancora un disco godibile.


Per l'uscita di "Ravencrowned" avete stipulato un accordo con De Tenebrarum Principio, sottoetichetta dell'ottima ATMF. Come vanno le vendite? Come vi sta supportando la label? Prevedete di restare con loro anche per il futuro?

Per le vendite non è che noi si stia veramente tenendo il conto. Abbiamo piazzato svariate copie anche se molti, fra i nostri sostenitori, si sono rivolti direttamente all'etichetta. E' pur vero che non abbiamo suonato molto da quando il disco è uscito, quindi le possibilità di vendere il disco si riducono. Quando siamo riusciti a suonare, comunque, abbiamo venduto bene. Circa il supporto dell'etichetta, va considerato che non è possibile aspettarsi chissà cosa a questi livelli, entro questo genere e in questo periodo storico. L'etichetta ci ha fatto ottenere diverse interviste e recensioni un po' in tutto il mondo grazie alla loro rete di conoscenze, ma è pur vero che non siamo il gruppo di punta e che l'interesse che suscitiamo non giustifica per loro grossi investimenti. Bisogna essere realisti e considerare tutte le esigenze di un'etichetta. Certamente realizzeremo il terzo album per loro, dato che l'accordo era per due album, poi si vedrà. Di certo è stato un passo avanti rispetto alla situazione precedente che era una co-produzione fra noi e un'etichetta molto più underground.


Quali riscontri avete ottenuto da addetti ai lavori e fan?

Abraxas: Direi fino ad adesso che non ci possiamo lamentare, il disco piace e la gente sembra soddisfatta, c'è curiosità nel poter sentire i pezzi anche in sede live e anche le recensioni che abbiamo ricevuto sono buone. Ovvio, ci sono anche quelle negative, ma la cosa non ci spaventa. Noi andiamo avanti per la nostra strada perchè ovviamente non si può piacere a tutti, fa parte del gioco.

Serpent Est: La critica è stata... pigra. La maggior parte dei siti si è limitata a tirar fuori le format-review, ossia delle recensioni generiche che van bene per tutte le stagioni e a cui basta sostituire nome della band, titolo dell'album e genere musicale. Anche qui, mi sento di "perdonare" questa gente. Il web è uno strumento straordinario che però ha i suoi inconvenienti nel momento in cui dà a chiunque motivo d'aprir bocca. Ci sono siti completisti che preferiscono recensire tutto, piuttosto che recensire bene. Perchè mai dovrei buttare tempo ad ascoltare tre o quattro volte i Kaiserreich quando il Black Metal ha smesso di piacermi nel '96? E allora mettono su il CD mentre lavano la macchina in giardino. A parte questa situazione, è comprensibile che oggigiorno il Black Metal corra il rischio di essere bollato subito come "mediocre" se chi ne scrive non lo conosce o non lo ama. Ci può stare. Il responso live è sempre buono e quello è comunque il momento che conta di più e la recensione che preferiamo sono i 10 Euro che ci danno per acquistare un CD.


Nel 2010 avete realizzato un split insieme ai francesi Nocturnal Depression nel quale avete proposto una canzone dai risvolti inediti per i Kaiserreich. Riprendendo le parole di Akh. "Solitude Of Infinite" ricreava "un'atmosfera dilatata e onirica", "che a tratti si affianca a certe soluzioni care ai vecchi Katatonia". Al momento di comporre il nuovo materiale vi siete portati dietro qualcosa da quell'esperienza?

Abraxas: Lo split con i Nocturnal Depression è stato un passo molto importante e un'ottima occasione, per noi, di cimentarsi in qualcosa che fosse totalmente diverso da quanto fatto in precedenza. La canzone è stata composta da T.Morgan, ma è e resta un caso isolato nella discografia dei Kaiserreich. "Solitudes" è qualcosa che abbiamo voluto fare per sperimentare un nuovo sound che fosse in tema con lo split ma no, non ci ha influenzato nella stesura del nuovo materiale.

Serpent Est: Non ricordo di preciso le tempistiche, ma sebbene lo split sia uscito ben prima del disco, gran parte delle canzoni di "Ravencrowned" erano già state composte e lo stile del disco già delineato. Allo stesso modo, ora che "Ravencrowned" è uscito, le canzoni del terzo disco sono già complete, quindi nulla che riguardi "Ravencrowned" influenzerà il nuovo lavoro. "Solitudes Of Infinite" è stata una parentesi cui si potrebbe comunque dare seguito se T.Morgan, il bassista che ha composto interamente tutte le partiture della canzone, volesse cimentarsi come compositore per la band. Il suo stile è lontano dalle coordinate dei primi due album e anche del terzo, ma non escluderei di muoverci da quelle posizioni, in fondo i Kaiserreich non sono una band intransigente, anche se l'impressione è certamente quella opposta. Circa le influenze, i Katatonia possono essere stati sicuramente una fonte di ispirazione anche se ricordo che le due componenti che hanno ispirato T.Morgan, in questa composizione, sono state l'album degli svedesi Silencer ("Death - Pierce M", n.d.r.) e la visione del film "Begotten".


Le vostre coordinate stilistiche sono saldamente ancorate al black metal ma quali sono i vostri gusti in qualità di ascoltatori? Vi muovete anche al di fuori del metal?

Abraxas: Be', come ascoltatore sono metallaro al 100%. Ascolto questo genere musicale fin da adolescente ed è uno stile di vita, oltre che la mia musica preferita. In ambito metal ascolto di tutto ma vado letteralmente pazzo per il black tradizionale e il depressive, thrash e death metal americano. Al di fuori del metal, ascolto qualche cantautore italiano e apprezzo anche qualcosa di elettronica.

Serpent Est: Io non sono un grande consumatore di musica. Non più almeno. Ormai vicino ai quarant'anni, resto legato alla musica della mia gioventù anche se ormai ne ascolto ben poca: Manowar, Megadeth, Running Wild. Ultimamente ho ripreso il primo degli Amon Amarth e la colonna sonora di Oldboy. Taake è sempre molto buono, "Anthems..." degli Emperor magistrale. Poi penso che le canzoni che siano più in grado di coinvolgermi emotivamenti restino "Theme Of Laura" di Akira Yamaoka (la canzone migliore che mente umana abbia mai concepito) e "Ai Wo Torimodose" dei Cristal King (la canzone più energetica di sempre). Due dei tre desideri che esprimerei se dovessi incontrare il genio della lampada, sarebbero di essere in grado di suonare la prima e cantare la seconda.


Smessi gli strumenti e il facepainting chi sono i Kaiserreich nella vita di tutti i giorni?

Abraxas: Ahaha! Be', al di fuori dei ruoli che ricopriamo nella band, siamo persone normalissime, che lavorano come tutti e che conducono una vita tranquilla. Per noi suonare black metal è un divertimento, un piacere, e cerchiamo di farlo nel miglior modo possibile. Certo, è una passione un po' costosa, però l'amore per questa musica è talmente grande che il fare sacrifici per essa non è un problema!

Serpent Est: Vivo con tre gatti i cui nomi, assieme alle mie due canzoni preferite di cui sopra, dovrebbero dipingermi meglio di molte parole: Aran, Harlock e Koros. Per il resto vivo la vita ordinaria di tutti: lavoro insipido che mi consuma la vita, conto in banca fievole, una fidanzata filosofa dai capelli viola. Le solite cose insomma. Poi coltivo il sogno di fare lo sceneggiatore per il cinema, obiettivo che condivido con i raggazzi del gruppo di guerrilla filmaking Hive Division. Per quanto riguarda il resto della band, come sopra. Siamo tutta gente comune.


Quali sono ora i programmi per il futuro? Sul fronte concerti come siete messi?

Abraxas: Contiamo di promuovere il più possibile "Ravencrowned" e quindi di fare il maggior numero di concerti in giro. Abbiamo già fatto alcune date di supporto al disco anche all'estero, prima di agosto, e ne stiamo programmando altre. La più imminente sarà la presentazione italiana del disco nella nostra città, il 15 ottobre a Brescia, al Bulldog Pub. Poi, molto probabilmente, il 25 Dicembre saremo al "Christmassacre Festival" in Repubblica Ceca, se volete festeggiare il Natale in modo inusuale... Tutte le informazioni potete trovarle sul sito e sulla pagina Facebook.


Per me può bastare, a voi la parola per la chiusura.

Serpent Est: Grazie per l'interesse dimostrato. Spero che la gente stia apprezzando il disco nuovo e che continui a supportare il genere. Per il resto, non mi vengono in mente altre banalità, quindi chiudo con una sfilza di link utili ;)

www.kaiserreich.it

www.facebook.com/kaiserreich.it

www.myspace.com/kaiserreichofficialpage

www.youtube.com/kaiserreichBM

www.myspace.com/kaiserreichofficialpage

www.lastfm.it/music/kaiserreich

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CTULU


Informazioni
Autore: Defleshed
Traduzione: Fedaykin

Formazione
Lars - Voce
Mathias - Chitarra
Arne - Chitarra
Martin - Batteria
Lasse - Basso


Recentemente, abbiamo avuto il piacere di pubblicare la recensione di "Sarkomand", il secondo album dei tedeschi Ctulu, che sono oggi nostri ospiti per una chiacchierata e per conoscersi meglio; vediamo come andrà.

Benvenuti su Aristocrazia ragazzi! Il primo passo è dedicato, come di consueto, alla storia e alla formazione del gruppo, quindi lascio a voi la parola, dandovi l’opportunità di presentarvi come meglio credete.

Beh, gli Ctulu sono un culto di cinque, proveniente dal nord della Germania, che è emerso dai mari nell’inverno del 2004. Sino ad ora, sono stati rilasciati 4 CD in questo ordine:
2005: Zins der Zeit (demo, self-released)
2006: Freie Geister (demo, self-released)
2008: Freie Geister (full-length, Northfire Records, Twilight Distribution)
2011: Sarkomand (full-length, Godeater Records)

La formazione, da settembre 2011 in poi, è:
Lars: voce
Mathias: chitarra
Arne: chitarra
Martin: batteria
Lasse: basso


"Sarkomand" ha delle sonorità molto svedesi, e, non avendo avuto modo di ascoltare il vostro debut "Freie Geister", posso solo domandare a voi: quali sono le caratteristiche che differenziano i due album? Nei tre anni trascorsi tra la pubblicazione dei due dischi, considerando l’ingresso permanente di Paulo e Rolf nelle vostre file, il vostro background musicale ha subito dei cambiamenti sostanziali?

"Sarkomand" torna ad esprimere ciò da cui gli Ctulu erano partiti nel 2005, e cioè uno stile più melodico e vario di Metal estremo, laddove "Freie Geister" era un album ben più diretto e grezzo, con cui abbiamo guadagnato la reputazione di band "true Black Metal", cosa che non siamo assolutamente! Per questo ci siamo concentrati nel creare un mix migliore tra i vari sottogeneri, e la produzione di "Sarkomand" è decisamente più pulita rispetto a quella di "Freie Geister". Infine, abbiamo lavorato un sacco anche sul modo stesso di concepire la band, e credo che siamo riusciti a colpire nel segno molto più adesso che in precedenza. Quanto a Rolf e Paulo, posso dirti che possiamo far affidamento su una voce molto più profonda, che, almeno secondo me, si addice maggiormente al nostro stile rispetto a quella di Stefan che c’era prima. Paulo invece non ha partecipato alla creazione di "Sarkomand", ma è entrato nel gruppo solo in tempo per le nostre esibizioni dal vivo. Entrambi hanno già lasciato il gruppo.


Che modus operandi seguite per comporre una canzone? Preferite dividervi i compiti oppure è un lavoro di gruppo?

Mathias scrive la musica e, successivamente, io e lui ci aggiungiamo i testi, mentre tutto il resto è più o meno un lavoro di gruppo.


Prendendo spunto dal fatto che H.P. Lovecraft è considerato un'icona importante in ambito metal, chi è che si occupa dei testi, e qual è stata la ragione che vi ha portato a considerare il suo lavoro come il vostro leitmotif, a partire dal vostro monicker Ctulu?

Come ho detto, i testi sono scritti da me e Mathias, e abbiamo scelto di concentrarci in modo più essenziale sul lavoro di Lovecraft poichè pensiamo che una cosa del genere sia piuttosto rara nella scena Metal, quantomeno se vogliamo considerare le band che scrivono di temi Lovecraftiani in modo "esclusivo". Siamo consapevoli che ci sono altri gruppi che si ispirano a lui, ma credo che nessuno oltre a noi lo "viva" in questo modo.


"Sarkomand" possiede due facce: una affilata ed aggressiva, e l’altra atmosferica, e devo dire che c’è un buon equilibrio tra le due per tutta la durata dell’album. E’ questo il risultato che volevate raggiungere? Dopo averlo riascoltato più volte e avendo letto le varie risposte della critica, c’è qualcosa che vorreste cambiare?

Decisamente questo è l’equilibrio che stavamo cercando di ottenere, anche se credo che nell’album ci sarebbe stata molto bene un’altra traccia lenta. Ma in generale, tolta qualche minuzia, non cambierei nulla. Siamo davvero contenti che questo album sia uscito fuori in questo modo.


La scena Tedesca è sempre stata una delle più attive. Vi ci sentite inseriti? Si può parlare di una vera e propria "scena" oppure, come spesso accade in altre nazioni, ci sono delle realtà che la portano avanti ed altre che usano la parola solo per riempirsi la bocca?

Non ci siamo mai posti come obiettivo quello di far parte di una scena o cose del genere, anche perchè tendiamo a far confluire un sacco di generi nella nostra musica. Quindi se mi stai chiedendo se siamo "orgogliosi di essere una True Black Metal Band tedesca", la mia risposta è un no convinto. Non vogliamo assolutamente seguire le linee di una “politica Black Metal” o cose del genere. Siamo semplicemente un gruppo di Metal estremo ispirato a Lovecraft, e chiunque può e dovrebbe ascoltare la nostra arte, non importa se nero/bianco/uomo/donna/etc.


Il genere Black Metal negli ultimi anni sta tornando a splendere grazie alle sue proporzioni e alla sua "bastardizzazione", cioè l’introduzione di sue varianti, talvolta orribili (al limite del tollerabile con l’emo), che ha portato nuova linfa. Qual è il vostro pensiero su questo fenomeno?

Ti direi che queste cose non mi interessano davvero. Ascolto i gruppi che mi piacciono e basta.


Il Black Metal è di nuovo nel mirino dopo i recenti fatti accaduti in Norvegia; è possibile che qualunque cosa succeda nel mondo gli unici autori debbano sempre essere il metal e i metallari? Non è che finisce che le religioni, le crociate e le guerre per la dominazione delle masse le abbiamo inventate noi, senza neanche accorgercene?

Non sapevo nulla di tutto questo, tutto ciò che posso dire è che nulla è più semplice che liberare te stesso dalla colpa... queste cose continueranno ad accadere ancora e ancora. Ma l’unica cosa di cui la gente può parlare è proibire il metal o i videogiochi o qualunque cosa possano incolpare. Non capirò mai le idee conservatrici che vogliono proibire qualunque cosa piuttosto che ricercare la vera ragione dei problemi.


Come avete iniziato ad ascoltare Metal? Qual è stata la forza che vi ha portato a pensare che quella era la strada che volevate seguire, di cui volevate far parte come musicisti?

Mi sono avvicinato al metal grazie ad alcuni amici e ai video di skateboard (non scherzo! Ahah). In precedenza, credevo che la musica fosse una cazzata, poichè conoscevo solo l’hip-hop. Poi ho capito quanto mi piacessero gruppi come gli Ac/Dc o gli Wasp, e rimasi quasi shockato da questo fatto. Poi sono andato al Wacken e ho visto i Satyricon, e questa coincidenza mi spinse a fondare una band. Mi unii agli Ctulu nel 2008, ed eccoci qua!


Se qualcuno ti chiedesse, come consiglio, di indicargli cinque album che hanno caratterizzato la tua crescita musicale, tu quali sceglieresti?

Direi che i Danzig mi hanno fatto conoscere la musica rock con "Danzig III", poi seguirono gli WASP in un periodo in cui ho avuto un serio infortunio e non ho potuto camminare per otto mesi, che è stato il periodo in cui ho iniziato ad approfondire il metal vero e proprio. L’album era il loro primo, omonimo. Gli Slayer mi hanno mostrato quanto mi piacesse il metal veloce con "Show No Mercy", e i Satyricon mi hanno ispirato ad approfondire il black metal dopo averli visti al Wacken. Poi i Behemoth mi hanno mostrato cosa vuol dire lavorare con professionalità in ambito musicale.


Come è stato portare le traccie di "Sarkomand" in sede live? Che genere di feedback avete ricevuto?

Suonavamo quei pezzi già dal 2008, in parte con testi differenti e privi di alcuni dettagli, per cui ci è voluto un po’ prima che fossero finiti in modo definitivo. Ma suonarli dopo l’uscita dell’album è stato un vero spettacolo, e ai grossi concerti hanno spaccato!


L’esperienza "on stage" che ricordi con maggior piacere?

Ragnarok Festival 2011, decisamente!


Hai qualche aneddoto, divertente o meno, da raccontarci per dare un po’ di pepe?

Non mi viene in mente niente di particolare al momento, almeno non che riguardi live show.


Che progetti avete adesso?

Stiamo già scattando le fotografie promozionali per il prossimo album, prenotando lo studio, lavorando sulla copertina e affiatandoci con i nuovi membri, per cui potete decisamente aspettarvi qualcosa dagli Ctulu nel prossimo futuro!


Chi sono i membri degli Ctulu quando non suonano? Passioni? Lavoro?

Credo che la nostra passione più grande siano già gli Ctulu, e puoi fidarti di me quando ti dico che è anche lavoro, ahah!


Ti ringrazio del tempo che ci hai concesso, ti lascio la parola un’ultima volta per concludere la nostra intervista. A te!

Sono io a ringraziarti e spero che riusciremo a suonare in Italia nel prossimo futuro! Non vediamo l’ora di suonare fuori dai nostri confini!

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CTULU (english version)


Information
Author: Defleshed
Translation: Fedaykin

Line Up
Lars - Vocals
Mathias - Guitars
Arne - Guitars
Martin - Drums
Lasse - Bass


We recently had the pleasure to publish the review of "Sarkomand" second album of German Ctulu. They are with us now for a chat and get to know better, let's see how it goes.

Welcome to Aristocrazia, guys. The initial step is dedicated, as is known, at the history and the line-up of the band, so I leave you the word to give you the opportunity to present yourself as you prefer.


Well, Ctulu is a Northern German cult of five which arose from the seas in Winter 2004. Until now, 4 CDs have been given out in this order:
2005: Zins der Zeit (demo, self-released)
2006: Freie Geister (demo, self-released)
2008: Freie Geister (full-length, Northfire Records, Twilight Distribution)
2011: Sarkomand (full-length, Godeater Records)

The lineup from September 2011 on is:
Lars: vocals
Mathias: guitars
Arne: guitars
Martin: drums
Lasse: bass


"Sarkomand" sounds very Swedish and, not having had the opportunity to hear the debut "Freie Geister", I can only ask you: what are the characteristics that differentiate this two albums? In these three years elapsed between the publication of the two disks you have changed the musical background in the line-up, also considered the permanent entry of Paulo and Rolf?

"Sarkomand" goes back to what Ctulu began with in 2005, that means a more melodic and varied style of Extreme Metal while "Freie Geister" was a very raw and direct album which earned us a reputation as a "true Black Metal band", something that we definitely are not! So we put our focus on creating a better mix between the particular genres and the production on "Sarkomand" is way better than it was on "Freie Geister". Last but not least, the conception of the band was worked on a lot and I think we get more to the point than we did before. As for Rolf and Paulo, I can say that we got a deeper voice which, at least in my opinion, fits more to our style than Stefan's did in the years before. Paulo did not participate on "Sarkomand", he entered the band just for playing live. Both have already left the band.


What is the modus operandi used to compose a song? There are divided tasks or is a team effort?

The music is written by Mathias and then the lyrics are added by me and Mathias while the other things more or less are a team effort.


Who takes care of the texts and, starting from the fact that the figure of H.P. Lovecraft is an important icon for metal, what was the reason that caused you to consider a sort of leitmotif which would contain his works, primarily from the monicker Ctulu?

As I said, the lyrics are written by me and Mathias and we chose to bring back a more basical focus on Lovecraft because we thought that such a thing is rare in the metal scene, at least considering a band that "only" writes about Lovecraftian themes. We are aware that other bands also are inspired by Lovecraft, but I think there is no band who "lives" it as we do.


"Sarkomand" has two faces: one aggressive and edgy, the other atmospheric, there is a good balance that prevails throughout its duration, is this the result you wanted to achieve? After hearing him several times and have read the "critical" received is something that you would change?

This is definitely the balance we wanted although I think another slow track would've also fit very well on the album. But in general, except for tiniest details, I wouldn't change anything on it. We are really glad that this album turned out the way it did.


The German scene has always been one of the most active, as are your links in it? On can speak of "scene" or, as often happens in other nations, there are realities that are driving and others that simply use the word to fill his mouth?

Ctulu don't really put a focus on being part of any scene or such, not at least because we mix so many styles in our music. So if you ask if we are "proud of being a German True Black Metal band" I can answer with conviction that we are not. We are not aiming at satisfying any "Black Metal police" or something like that. We're just a Lovecraftian Extreme Metal band and anyone can and/or should listen to our art, no matter if black/white/man/woman/whatever.


Black metal in the past few years is reliving an increasing splendor due to the extent and the bastardization of the style, which has been in the introduction of variations, in some cases even ugly (to the limit with emo), new life-blood. What is your thought about this phenomenon?

I would say I don't really care about such things. I listen to the bands I like and that's it.


Black metal is again under fire after the Norway recents events, it is possible that every shit happens in the world is always the metal and metalheads in general to be the only authors? It is not that it was us that we have invented religion, the crusades and the wars for domination of the masses, without there be realized?

I didn't even know about this and all I can say is: nothing is easier than pulling away the guilt from yourself... Such things will happen over and over again. But the only thing people can talk about is to forbid metal or computer games or whatever just fits. I cannot understand conservative minds that are trying to forbid everything rather than to find out what the source of the problem is.


How you started listening to metal? What was the driving force that made you think that was the path you wanted to follow up to be part of it as musicians?

I was brought to metal by friends and skateboard videos (this is no joke, haha). Before that, I thought music itself was shit, because I only knew hip-hop... Then I realized how much I liked ACDC and WASP and so on and I was almost shocked about this fact. But then I went to Wacken and saw Satyricon and after this incident, I decided to start a band. Then I joined Ctulu in 2008 and here we are!


If a guy asked you, as a counsel, to tell him five albums that have characterized your artistic growth, which albums would you indicate to him?

I would say Danzig brought me to rock music itself with "Danzig III", then WASP followed in a time when I had a bad injury and couldn't walk for eight months. This was the time when I really dug in into metal. The album was their first self-entitled one. Slayer showed me how much I like fast metal with "Show No Mercy" and Satyricon inspired me to dig into Black Metal when i saw them at Wacken. Then Behemoth showed me how to really work professionally as a musician.


How was it to bring the pieces of "Sarkomand" during live? What are the feedbacks you got?

We've played those songs already since 2008, partly with different lyrics and without any details in them, so it was a long way until they were really finished. But playing them after the release with a real live show and on big concerts was a total blast!


The "on stage" experience that you remember with greatest pleasure?

Ragnarök Festival 2011, definitely!


There have been anecdotal, funny or not, it gave a bit of pepper in those days?

I can't think of something particular at the moment, at least not concerning live shows.


What are the projects in the pipeline now?

We are already shooting band pictures for the next album, booking the studio, working on the album cover and rehearsing with our new members, so you can definitely expect something from Ctulu in the next time!


Who are the members of Ctulu outside the band? Passions? Work?

I think our biggest passion already is Ctulu and you can trust me that it's work too, haha!


Thanking you for the time shared with us, I leave you for the last time the word to bring to an end our interview, to you then.

I have to thank you and I hope we can make it to Italy sometime in the nearest future! We are eager to play abroad as hell!

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