lunedì 29 agosto 2011

BREACH - Venom / Kollapse

Informazioni
Gruppo: Breach
Titolo: Venom / Kollapse
Anno: 1999 - 2001
Provenienza: Svezia
Etichetta: Burning Heart Records
Contatti: www.burningheart.com/discography/index.php?bid=29
Autore: Advent

Tracklist "Venom"
1. Helldrivers
2. Murder
3. Gheeá
4. Heroine
5. Diablo
6. Common Day
7. Path Of Conscience
8. Game In Vain
9. Pleasuredome
10. Black Sabbath
11. Hell Is My Witness
12. Penetration

DURATA: 44:27

Tracklist "Kollapse"
1. Big Strong Boss
2. Old Ass Player
3. Sphincter Ani
4. Alarma
5. Lost Crew
6. Teeth Out
7. Breathing Dust
8. Mr. Marshall
9. Seven
10. Murder Kings And Killer Queens
11. Kollapse

DURATA: 48:08

Quando Freud chiese ad un bambino se preferisse il cioccolato o i giocattoli il furbetto gli rispose "Cioccolattoli!". Chiedermi di scegliere tra "Venom" e "Kollapse" è da persone sadiche, non risponderei A o B, farei il furbo. "Vellapse!".
I Breach suonavano in una maniera tutta loro, è riduttivo dire che facessero post-hardcore, sludge metal. Prima che il post-hardcore fosse un genere con mille band di froci con i capelli piastrati cresciuti a pane, metalcore ed Alesana, scusate lo sfogo. Qualunque cosa fosse la loro musica è stata sempre di una durezza agghiacciante, ora alcuni ex membri hanno sviluppato sotto il monicker di Terra Tenebrosa il potenziale più claustrofobico prendendo tutta la pece nera e appiccicosa di "Venom" e "Kollapse" per incendiarla con una dose abbondante di napalm. Ma il fuoco era già divampato in "Diablo" ed "Hell Is My Witness"! Un fluire di tutti gli strumenti verso il pozzo incandescente che è "Venom", un album diretto che prende il lato violento dell’hardcore e sparato in faccia con un cannone, disperato, a senso unico, buono per allenarsi a ritmo di oscillazioni sludge. E’ un diamante grezzo ed episodi come "Black Sabbath" e "Game In Vein" fanno capire quanto sia spontaneo e genuino, crea emozioni trascinanti che i pochi fortunati che hanno la gioia di conoscere i Breach non vorrebbero mai abbandonare. Kollapse è meno oppressivo ma comunque una botta di devastazione, nemmeno la folle demenza vocale in "Mr. Marshall" solleva i toni malinconici della pesante strumentalità con la quale i Breach hanno avuto sempre un rapporto caldo ma buio. Un album dove viene dato respiro agli strumenti, mettendo la voce un po’ in secondo piano per far entrare tanto post-rock e un pizzico di psichedelia. I riff ancora duri ma è impiegata anche l’elettronica per creare una continuità tra l’atmosfera cupa e soffocante di "Venom" e "Kollapse". Una musica che continua a strisciare come un verme che buca la frutta e la sciupa, che in fondo diventa una crisalide e si trasforma in farfalla. Questa ascesa, metamorfosi verso la perfezione, ha inizio in "Venom" e si realizza al termine di "Kollapse". L’album TOTALE dei Breach, pieno, veramente maturo, con una produzione spettacolare che seppellisce Neurosis, Today Is The Day e quant’altro. "Kollapse" è la farfalla per intenderci. Perché quando vuole sa essere più sporco del predecessore ("Breathing Dust", "Old Ass Player") ma in fondo è riflessivo ("Seven", "Teeth Out").
La traccia "Kollapse" si tramuta in vera e propria esperienza. "Kollapse" è la vita all’interno di una bolla, una sala d’attesa dove mascheriamo le nostre paure con un’ostentata serenità anche se siamo colmi di ananke. E’ l’atmosfera tiepida e sconcertante del finale de "L’Aldilà" di Lucio Fulci. I giri di chitarra quando arrivano le ritmiche post-rock diventano cristallini, oscillano con una strana gaiezza che poi diverrà la norma per tutto il post-hardcore che andrà a nascere in quegli anni. I riff sdoppiati grattano leggeri un tappeto intessuto dal "Glockenspiel" (strumento che avreste dovuto già sentire ne "Il Flauto Magico" di Mozart o in "Little Wing" di Jimi Hendrix ) e si spengono nella pace.
Entrambi gli album nei rispettivi finali hanno stampate delle tracce di pura emotività. "Penetration" di Venom crea un’atmosfera da intima confessione per scaricare tutta la rabbia che possiede, "Kollapse" assume una linea più morbida che meglio si addice ad un album che prende molto post-rock e lo ingloba nel post-hardcore più personale del terzo millennio.

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