lunedì 26 aprile 2010

BULLETSIZE - The Apokalypse

Informazioni
Gruppo: Bulletsize
Anno: 2009
Etichetta: Self-Released
Autore: Mourning

Tracklist:
1. The Beginning Of...
2. The Apokalypse
3. Handmade God
4. 1000 Deaths
5. Alone In The Dark

DURATA: 16:40


I Bulletsize nascono dalle ceneri della heavy metal band Metal Wings. Gli svedesi passano da un classic/heavy a un thrash/death decisamente più diretto ma che lascia ampio spazio alla melodia.
La tipologia d'assalto sonoro veloce e scandito da mid-tempo spesso raddoppiati e ben scanditi che ricordano soluzioni care a gente come Impious e The Crown, impatto e scelte dedite a passaggi ricchi d'armonia si fondono in questo caso trovando spazi anche più diluiti in cui assestare brevi attimi di respiro.
I brani che compono l'ep "The Apokalypse", successore dell'album di debutto "Bulletsize", incarnano appieno lo stile delle band prima citate con l'aggiunta di una vena At The Gates nello stile delle vocals.
"The Apokalypse" quanto "Handmade God" esprimono un connubio già sentito e risentito ma che allo stesso tempo fa sempre la propria sporca figura, "1000 Death" spinge il limite sinora proposto più in là accelerando e calcando i tempi, pestando e macinando, inframezzandosi con piccoli stacchi che servono da slancio per le ripartenze ficcanti, la canzone è percorsa da trame melodiche convincenti che la rendono la migliore del lotto.
Discorso a parte per "Alone In The Dark" che in una buona base fortemente più heavy addicted rispetto alle altre inserisce un pre-chorus in voce pulita ultracatchy piacevole.
Traccia che si discosta dalle precedenti per una vivacità molto più modernista e di facile approccio e che per quanto non male probabilmente non verrà apprezzata da chi è "inchiodato" a certi stilemi di base.
"The Apokalypse" ci mostra una formazione in salute, una derivatività forse marcata in alcuni tratti che dovrebbe venir smussata o rielaborata per dare maggior personalità a una proposta, quella dei Bulletsize, che si muove in un mare ampio e ricco di prestazioni mediocri su cui potrebbero spiccare.
Un po' d'olio di gomito e convinzione nei mezzi già a disposizione sono le armi in loro possesso per guardare oltre il già sentito che li tiene incollati alla fascia di una sufficienza dovuta ma che a lungo andare stanca.

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STORMHUNTER - Stormhunter

Informazioni
Gruppo: Stormhunter
Anno: 2009
Etichetta: Self-Released
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Century Of Wars
2. Knights Of Metal Part II
3. Hunting The Storm
4. Darkness My Friend
5. Bitter Fate
6. Prey For Freedom
7. After The Rain

DURATA: 36:00


Il Power Metal quello classico ha per fortuna ancora act che lo suonano e credono negli stilemi (definiteli clichè se volete) che tanto hanno dato e possono dare al genere.
Niente infiltrazioni di sound da bambocci e pop band, niente coretti da happy meal metal: solo velocità, melodia e tanta passione per il metallo.
Gli Stormhunter e il loro omonimo lavoro rappresentano questa categoria, appena inserito il disco nel lettore si viene catapultati negli Ottanta quando i Running Wild di "Death Or Glory"/"Port Royal" e gli Helloween dell'era Kai Hansen dietro al microfono colpivano con un sound speed che sapeva incantare gli ascoltatori.
I ragazzi non raggiungono appieno il valore dei mostri sacri citati ma hanno le qualità e soprattutto i pezzi per poter dire la loro.
Per certi versi la coerenza con cui si presentano è paragonabile a quella dei connazionali Sacred Steel che dell'attitudine al genere fanno bandiera e vanto.
I brani sono intrisi del vocabolario metallico più conosciuto e strabusato ma impersonificano verosimilmente ciò che la musica esprime, "Knights Of Metal Part II", "Hunting The Storm" e la conclusiva "After The Rain" sono dei veri e propri inni a lode della fede metal.
Le varie esecuzioni sono perlopiù lanciate, i ritmi spesso sostenuti rendono in parte omogenea la proposta, piccolo neo che viene cancellato dal piglio e dalla buona prestazione dei singoli sia in ambito compositivo sia in quello esecutivo.
Se questo non bastasse i nostalgici dei mitici Pirati di Rock'n'Rolf troveranno nel singer Frank Urschler un suo ammiratore devoto e di discreta qualità nell'impostare linee vocali.
Per chi ancora non avesse chiara la sonata, "Stormhunter" è un album che vale la pena d'avere se si è amanti della vecchia scuola, una sorta di tributo a commemorazione di uno stile che più volte è stato bastardizzato e ridotto al limite del ridicolo, gli Stormhunter danno il loro piccolo contributo per ridargli la dignità e il rispetto che merita.

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SKULL BRANDED PIRATES - The Legend Of Salty Jim

Informazioni
Gruppo: Skull Branded Pirates
Anno: 2009
Etichetta: Self-Released
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Sail To War
2. Cross-Skull Branded Thieves
3. Hempen Jig
4. Far Beyond Forever
5. The Stormed And Cursed Seas
6. The Legend Of Salty Jim
7. Blackbeard’s Last Stand
8. Sea Doggin’
9. Inside The Inn

DURATA: 33:27


Quando si parla di pirati e metal il primo pensiero riporta il glorioso monicker dei Running Wild, la band tedesca per scelta andata in pensione l'anno passato ha lasciato in eredità oltre una discografia imponente e priva di vere pecche, l'animo di chi ha solcato i mari del metallo con passione e dedizione.
Se gli Alestorm ne furono proclamati di primo acchitto i successori (per chi scrive forse con troppa fretta) e gli Swashbuckles hanno parvenza parodiale, gli Skull Branded Pirates nel loro approccio semplice e genuino per certi versi, pur non raggiungendo le vette dei Wild, ne ripercorrono almeno in parte la strada.
La band inglese fonde uno stile maideniano con tratti dell'heavy teutonico che dal punto di vista sonoro non tende sicuramente a inventare nulla ma infonde la natura classica e volitiva, adatta a dei brani che narrando di storie marineresche non possono che avere un gusto retrò.
Tracce come l'opener veloce "Cross Skull Branded Thieves", l'epicheggiante "Far Beyond Forever" o una coinvolgente "The Storm And Curses Seas" highlights del disco basterebbero per far apprezzare a dovere lo stile dei ragazzi, un connubio fra musica e teatralità che viene espressa soprattutto nella prestazione vocale di un convincente One-Ayed Wilson.
Le chitarre di Fradders The Cabin Boy/Scare-V-Knave sanno confezionare trame di valore non prive del classico richiamo al passato ma che solide si stagliano al di sopra di una ritmica. Dread Pirate Duncan al basso e Davey Blast-Bastard, che unisce una discreta tecnica a una dinamica fatta di brevi cambi precisi e indovinati.
Punto in più è la produzione che permette loro d'avere una definizione del suono più che buona, facendo in modo che i vari effetti come i colpi di cannone di "Blackbeards Last Stand" non influiscano sulla qualità delle note emesse.
Una band con attitudine piratesca divertente e rilassata, un ascolto leggero ma suonato come si deve e che non dispiacerà ai fan del filone predoni dei sette mari e affini.

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NEFARIUM - Ad Discipulum

Informazioni
Gruppo: Nefarium
Anno: 2010
Etichetta: Agonia Records
Autore: M1

Tracklist
1. Tongue Of The First Pope (Simon Peter)
2. Hands Bleeding Fear (Pontius Pilate)
3. The Bastard Son Of Satan (Jesus Christ)
4. Shepherd For Dead Lambs (Johan The Baptist)
5. Sharpening The Spear Of Longinus (Cassius Longinus)
6. Servus Servorum Satanae (Benedictus XVI)
7. Seven Whores Of Magdala (Mary Magdaleine)
8. Mass Infanticide By The King Of Judea (Herod The Great)

DURATA: 35:15

Si suol dire spesso che la vendetta sia un piatto da servire freddo: per essere gustata appieno, per essere pianificata nei minimi dettagli e infliggere così una violenza maggiore e prolungata rispetto a quella ricevuta. I Nefarium sembrano aver recepito perfettamente questa lezione e col loro terzo disco "Ad Discipulum" proseguono l'opera di demolizione delle gerarchie ecclesiastiche e della morale cristiana. I valdostani infatti sono fautori di un black metal dall'impronta svedese supportato da una dose di tecnica tanto precisa quanto spietata nel violentare le orecchie dell'ascoltatore, pur senza perdere nemmeno un grammo di incisività o disperdere un secondo in orpelli inutili.

A differenza di "Haeretichristus" che possedeva un animo più tagliente e orientato in maniera maggiore ai padri ispiratori nordici, dove dominava un portentoso riffing al tempo stesso gelido e melodico, in questa nuova uscita Adventor e soci hanno optato per un approccio e per dei suoni più corposi e massicci. Aumenta così decisamente la dose di potenza sprigionata a discapito leggermente della "malvagità" precedentemente espressa, ci si avvia quindi verso un percorso di maggiore personalità a livello complessivo, pur restando comunque all'interno dello swedish black.

Ogni singola traccia si muove su dinamiche sempre vive e differenti, fatte di esplosioni di furia intervallate da stacchi e rallentamenti che permettono ai trentacinque minuti di durata di scorrere come un unico grosso fiume di lava in piena, impreziosito anche dalla presenza di un paio di assoli. Piuttosto interessante l'utilizzo di violini ad opera dell'ospite Remy Boniface che si ergono in "Tongue Of The First Pope (Simon Peter)" e "Servus Servorum Satanae (Benedictus XVI)" dissonanti e disarmonici, acuiscono l'atmosfera impetuosa e infernale generata dal complesso degli strumenti "classici"; quest'ultima citata spicca per una vena extreme epic accentuata ricollegabile ai Keep Of Kalessin più ispirati, mentre "Sharpening The Spear Of Longinus (Cassius Longinus)" e "Seven Whores Of Magdala (Mary Magdalene)" sono decisamente più "sofferte" per merito dell'interpretazione vocale di Carnifex.

Il cantante/chitarrista sfodera delle vocals bestiali e profonde che di tanto in tanto salgono di tono avvicinandosi più ad uno scream vero e proprio per sottolineare alcuni passaggi più tesi, il resto del gruppo non è da meno e offre una performance notevole. Garghuf, session man dei Gorgoroth e attuale batterista degli Enthroned, non fa rimpiangere il lavoro del predecessore Summun Algor adattandosi perfettamente a tutti i contesti, da quelli più furiosi a quelli più intricati, ergendosi ad autentico motore ritmico del gruppo.

"Ad Discipulum" è la conferma dello stato di grazia dei Nefarium e si piazzerà sicuramente fra quanto di meglio potrete ascoltare nel 2010 e non solo proveniente dall'Italia. E' un doppio pugno in faccia: da un punto di vista musicale per la furia iconoclasta e bestiale trasmessa, ma anche da quello lirico. In un periodo in cui altri misfatti della Chiesa Romana stanno venendo alla luce, neanche a farlo apposta il riferimento all'attuale Papa nella sesta canzone non può che far sorridere amaramente, ripensando allo scandalo della pedofilia e degli insabbiamenti voluti da Benedetto XVI e dal suo predecessore il "quasi santo" Papa Giovanni Paolo II. Un solo suggerimento finale: sparatevi il disco ad alto volume!

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BEJELIT - You Die And I

Informazioni
Gruppo: Bejelit
Anno: 2010
Etichetta: Punishment 18 / Andromeda
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Rostov
2. She's Lying 6ft Under
3. Saint from Beyond
4. Your Personal Hell
5. Astaroth
6. 2K12 Nails
7. Death Row
8. Goodnight My Shade
9. Shinigami
10. Orfeo 10

DURATA: 49:08


Quando ascoltai i primi due lavori dei Bejelit "Hellgate" e "Age Of Wars" li trovai validi compositivamente ma non mi dissero più di tanto, la scelta d'impostare i testi degli album sul fumetto "Berserk" non mi faceva impazzire ma dava alle opere un filo-logico preciso e contestualizzato, forse incatenandole musicalmente, privandoli di quel pizzico di varietà che potesse farli spiccare, le doti della band comunque erano palesi e ogni bruco prima o dopo si trasmuta in farfalla.
Anno 2010, nuova storia e svolta, "You Die And I" accordo con la Punishment e rientro di Fabio Privitera dietro al microfono, direte cos'è cambiato con un membro che rifà la sua comparsa? E' il passato che ritorna?
No, la musica ha intrapreso una direzione alternativa, non tanto per quanto riguarda le sonorità sempre legate all'heavy ma alla concezione e lo sviluppo che prende nel suo discernersi.
Le note vengono combinate assumendo costruzioni di richiamo prog, passaggi al limite col thrash si fanno strada e pur avendo inasprito certe parti la risultante è stata inversa, la proposta diviene prettamente elaborata ma catchy seppur di una qualità fuori dalla portata media in circolazione.
Dall'opener "Rostov" (dev'esser tornato di moda il serial killer russo visto che anche gli Impious nel loro "Death Domination" ne hanno rinarrato le gesta nella song "Rostov Ripper"), la stupenda "Saint From Beyond", la veloce "Death-Row" o la fumettistica "Shinigami" (tanto per non dimenticare il passato una citazione di tale tipo perchè non proporla? "Death Note" è pure di moda da un po') o la conclusiva "Orfeo 10" dimostrazione quanto ampio sia adesso il bagaglio dei Bejelit, si mostrano come hit di un disco che non possiede filler ma brani che con una forma più semplice e qualche scelta non proprio perfetta non risaltano come dovrebbero e potrebbero.
Di quest'ultima schiera fanno parte "She's Lying 6ft Under" dotata di una certa propensione thrash, "2K12 Nails" e "Your Personal Hell" che pur puntando sul sound classico della formazione mancano di quella zampata felina nel riffing che dia loro il punto vincente.
Sull'esecuzione c'è poco da dire, i ragazzi sanno dove vogliono andare a parare, gli episodi vibrano bene nel complesso, il cantato acquista forza e prorompenza ogni secondo in più che le vostre orecchie avranno occasione di ascoltare e assimilarne lo stile.
La carica e la teatralità interpretativa con cui si cala nei pezzi il Privitera fa la reale differenza anche quando qualche linea non è proprio calzante come richiesta vorrebbe.
I Bejelit hanno fatto un deciso quanto evidente balzo in avanti, la maturità è giunta con una conferma di qualità e spessore, valori congiunti a una fruibilità di facile assimilazione accattivante.
A voi adesso avere il piacere di far girare nel vostro stereo "You Die And I", godetevelo.

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RAVENS CREED - Albion Thunder

Informazioni
Gruppo: Ravens Creed
Anno: 2009
Etichetta: Doomentia
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Peace Through Superior Firepower
2. Pear Of Anguish
3. Insignia
4. Butcher Of The Whore
5. Pox Mortis
6. The Power Of Spite
7. Hail The Warbeast
8. Stand Up And Be Cunted
9. Bloodbath
10. Spy On Your Swine
11. Storm The Gates
12. Unholy Force Of Extraordinary Magnitude

DURATA: 29:47


La formazione inglese dei Ravens Creed prende forma nel 2006 con una line up iniziale formata da Steve Watson (ex Iron Monkey), Jay Graham (ex Skyclad e Tony Iommi) completata con l'entrata dell'amico di Steve Ben Ward (Orange Goblin) e Martyn Millard (Orange Goblin) che nel 2008 verrà sostituito da Frazer Caske (Sabbat) e dopo l'uscita del disco di cui scriverò adesso anche Ben lascerà e subentrerà al suo posto Iscariah (ex Immortal).
La band è nata per suonare musica che fosse primordiale, un assalto concentrato e diretto.
Il sound è congestionato dalle influenze classiche che fanno da base al metal estremo odierno, aleggiano pesanti le presenze di Venom e Motorhead quanto quelle di Unleashed e Entombed, come sarà facile riconoscere spunti sia nei fraseggi che nelle vocals legati agli Hellhammer/Celtic Frost.
Mezz'ora prettamente dedita all'old school dove il metal nella sua essenza più semplice viene sviscerato, la personalità di Ben dietro il microfono spicca per il piglio naturale con cui da vita alle parole, il riffing è esaltante, quanto di buono in passato c'hanno dato gli act citati i ragazzi dei Ravens Creed lo riportano in vita rendendo i pieni onori.
"Albion Thunder" è ricco, un pranzo che ti può dare un'indigestione godereccia, con episodi dalle sfaccettature stoner/doom come "The Power Of Spite" a contatto come fratelli dello stesso sangue con una "Peace Through Superior Firepower" o "Butcher Of The Whore" figlia di Celtic Frost/Entombed o una "Spy Or Swine" dove Johnny Edlund e & co. sembrano averne scritto la musica, cosa peraltro percepibile in maniera evidente in altre tracce, per non parlare di quella palata in faccia dal titolo "Pox Mortis".
Scorre una vena punk forte e pulsante, innegabile dire che il genere abbia influito su molte delle forme d'estrema espressione metallica, in questo caso sono i natali fine anni Settanta a imprimere quelle sferzate istintive che rendono il platter ancor più genuino e meritevole d'ascolto.
Non spenderò altre parole per un album che fa bollire il sangue nelle vene e incita a roteare la testa come pochi negli ultimi anni, old school maniacs tenete a mente il monicker Ravens Creed e non fatevi mancare occasione per acquistare il loro "Albion Thunder".

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JAPANISCHE KAMPFHORSPIELE - Bilder Fressen Strom

Informazioni
Gruppo: Japanische Kampfhörspiele
Anno: 2010
Etichetta: Unundeux
Autore: Mourning


Tracklist:
1. Die Schlachtung
2. Die Kampagne
3. Supermacht
4. Milchkrieg
5. Minderleister
6. Deutschland Sucht Den Superstar
7. Sorgsam Durcheinandergebracht
8. Tod Im Tank
9. Jochbeinbruch
10. Everything Is Fine
11. Wie Geht Nochmal Ficken
12. Goldene Mitte
13. Rentnerparadies
14. Lebendgewicht
15. Fresssucht
16. Dement
17. Effizienz
18. Deutsche
19. Mimikri
20. Der Arsch
21. Angriff Auf Die Zivilisation
22. Auto
23. Schmerzrakete
24. Die Reinigung
25. Links
26. Nachahmer
27. Emotionen
28. Vorsprung (Vinyl Bonus Track)

DURATA: 42:14


Conosciuti grazie al consiglio di un amico nonchè compagno d'avventura nella 'zine (ticino1), i Japanische Kampfhörspiele mi appassionarono da subito per la loro vena fortemente ironica e una schizofrenia andante che domina le release antecedenti a quest'ultimo lavoro "Bilder Fressen Strom".
Sì, pur non snaturando mai la loro natura, in questo disco si mantengono su un death/grind più canonico, meno schizoide ma come qualità continuano a levitare ben oltre la deludente massificazione del sufficiente odierno.
I ventissette brani (ventotto con la bonus track contenuta solo nella versione vinile) offrono spunti interessanti quanto piacevoli per chi è appassionato dello stile e della band in genere, mettondo in risalto come con una prestazione che a molti potrebbe sembrare puramente "ordinaria" i nostri riescano a fare egualmente il culo a molti.
Il numero dei blast beats è diminuito, le parti essenzialmente strumentali hanno preso piede, si sono ridotte le incurisioni vocali a sparute ma incisive apparizioni al cospetto di un recente passato legato al fantastico quanto delirante "Rauchen Und Yoga".
Vengono invece fuori una vena parzialmente industrial in "Jochbeinbruch", i samples e gli inserti elettronici sguinzagliati lungo le release e la prove combinate dietro al microfono in "Deutsche" e "Links" che vedono duettare Markus "Bony" Hoff con Will Wucker dei Pobel&Gesocks.
Un album che, per quanto possa ingannare nel suo apparire semplicemente legato in modo quasi "classico" al genere, se ascoltato più volte rivela piccoli dettagli che ne fanno intravedere il continuo approfondire e ricercare soluzioni, genoma di base dei Japanische Kampfhörspiele.
Chi ha già incontrato la band sulla propria strada non potrà che rimanere soddisfatto da "Bilder Fressen Strom", per chi invece non avesse ancora avuto questo piacere avrà fra le mani un tassello più che valido e che di rimando, se interessati alla tipologia di sound, vi condurrà naturalmente all'ascolto dei dischi (split & various) prodotti da questo folle quanto geniale combo.

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EMPTY - House Of The Funerary Hymns

Informazioni
Gruppo: Empty
Anno: 2009
Etichetta: Atmf
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Funeral Prelude
2. The Sense Of No Being
3. How Far I Am From All
4. The House Of Funerary Hymns
5. Regret, From Nothing In It's Self
6. In The Sombre Solitude
7. The Gates Of Eden Are Too Narrow

DURATA: 47:51


Gli spagnoli Empty hanno, passo dopo passo, tracciato una via precisa che seguono ormai da anni, il loro stile si rifà ai grandi nomi del panorama norvegese traendo da loro il lato più oscuro, sconfortante e oppressivo per convogliarlo in un riffing che gioca fra melodie e asfissia sonora degne del miglior funeral black/doom.
"The House Of Funerary Hymns", terzo capitolo per la band, segna un gradito ritorno dopo il buon "The Last Breath Of My Mortal Despair", oltre quaranta minuti di black puro senza filler o cali di tensioni che riportano indietro le lancette ai primi Novanta quando gli album del genere primorde creavano spesso sconvolgimenti possenti per la carica atmosferica che li percuoteva ancor più delle note emesse.
E' questo il caso, una cornice che cinge un dipinto dal tratto conosciuto ma che ha nelle pennellate istintive il pregio più rilevante, le sei tracce si susseguono emanando sentori estremamente differenziati.
"The Sense Of No Being" è una nenia lenta, trasudante disperazione, un vortice di tristezza che il riffing lento aiuta ad attecchire e farsi strada fra i pensieri dell'ascoltatore, "How Far I Am From All" prende piede con una partenza rilassantemente cupa per poi sfogarsi con melodie stringenti e nere.
La formazione nei vari stop in cui da forma alle variazioni più consistenti prova con l'esecuzione di semplici tocchi o grazie all'inserimento di soffocati vocalizzi/bisbigli a creare una forma d'inquietudine andante che ripercorrerà in toto il platter.
La voce sibilante che da il via alla titletrack accompagnata acusticamente è solo il preludio a un'evoluzione che la renderà angosciante, un marciare inesorabile verso un ignoto costellato di negativismo avvinghiante, d'altra pasta è "In The Sombre Solitude" dove i ganci melodici più volte indovinati la rendono suadente e incantatrice .
L'album è curato nei minimi dettagli, iniziando da una produzione più che discreta che da molto spazio a un lavoro di basso opprimente esaltandone le doti, per finire alla cover curata dal solito Chris Moyen a cui l'ispirazione non dona mai passi falsi.
Se è il black metal che guarda indietro che cercate, se è la sofferenza legata a una visione di luoghi e l'aura che li circonda che volete, entrate nella "Casa Degli Inni Funebri" e provate a rimanerci dentro.

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DIEMONSTERDIE - Fall To Your Kness

Informazioni
Gruppo: Diemonsterdie
Anno: 2010
Etichetta: Dr. Cyclope Records
Autore: Mourning


Tracklist:
1.Quid Quid Latine Dictum, Sit Altum Vidatur
2.Lyka The Russian Space Dog Will Have Her Revenge
3.Double Murder Suicide
4.She Look Like You
5.Sky Bleeds Red
6.Lucky Number 666
7.Dead Flowers
8.All Covered In Blood, And Dressed Like A Whore
9.World Needs A Monsters
10.Ship With Black Sails
11.From Screaming Graves We Rise
12.Midnight Run To Houston
13.A Priest And Zombie Rent A Fishing Boat As Friends
14.Deep Space Isolation Psychosis
15.How Many People Do I Have To Kill, Before You Know I Love You
16.The Dead Shall Inherit The Earth

DURATA: 48:21


Vengono dallo Utah e a ottobre festeggeranno il decimo anno d'attività, i DieMonsterDie formazione che come la marmitta delle streghe di Halloween crea musica i cui ingredienti sono i più disparati.
C'è dentro davvero un po' di tutto, dalla classica attitudine punk a richiami anni Settanta sabbathiani, la verve di fraseggi degni del rock californiano dei Q.O.T.S.A. e il richiamo a certe scelte Type O Negative (mi fermo perchè sono davvero tanti i nomi che mi rimbalzano in testa).
La cosa bella è che ogni brano potrebbe essere un'opera a sé stante dato che la personalità schizoide che percorre "Fall To Your Knees" ha variazioni allucinantemente sballate in stile montagne russe.
Apre le danze "Quid Quid Latine Dictum, Sit Altum Vidatur" rock'n'roll attitude ed ecco che nel pre-chorus e chorus fanno capolino Peter Steele e soci, "Lyka The Russian Space Dog Will Have Her Revenge" fa intravedere Joshua Homme come ispirazione per i riff portanti, "Double Murder Suicide" è horrorifica e con un testo ironicamente azzeccato, la musica sembra uscita da un disco dei Motorhead, lo "Zio" Lemmy ha fatto scuola e si sente.
Il disco è un viaggio nelle radici dei generi citati che non si priva proprio di nulla, i brani non rappresentano delle novità ma degli onesti quanto efficaci pezzi che offrono un sano e puro coinvolgimento.
La figura di Danzig sia nel cantato che nelle atmosfere aleggia come quella dei Misfits dei primordi, trovando spunto e risultante a esempio in "Sky Bleeds Red".
Il fossilizzarsi su scelte di base precise non è una prerogativa essenziale per i DieMonsterDie che continuano infilando un filotto di canzoni una più gradevole dell'altra, più si va avanti e maggiore è la voglia di riprendere l'ascolto dall'inizio.
"Worlds Needs Monsters" con il suo approccio vocale elvisiano, la birraiola "Midnight To Houston" e "A Priest And Zombie Rent A Fishing Boat As Friends" (che solo per il titolo meriterebbe un oscar della simpatia) colma delle classiche ritmiche facilone che ti invitano con gli amici a saltare a più non posso sono esempi di come far musica possa essere un piacere che ti fa realmente passare un'ora in spensieratezza.
Il discorso potrebbe protrarsi sulla stessa falsa riga per canzoni come "She Look Like You", "Lucky Number 666", "Dead Flowers", "Dead Space Isolation Psychosis" e "How Many People Do I Have To Kill, Before You Know Love Me".
"Fall To Your Knees" è suonato bene, ognuno fa la parte che gli spetta con la giusta misura, poche sbavature e buoni assoli da parte dell'ascia Laverne Lavey, il motore pompa mantenendo alti i giri grazie al lavoro combinato del batterista Meatwhistle e al basso di Stikky Nixxx che con delle linee istintive asseconda molto bene le dinamiche assegnate ai pezzi.
Dietro il microfono il frontman Zero Delorean non è un novellino e si sente, gioca con la voce, si diverte e si destreggia con estrema facilità convincendo pienamente, passate sul loro space e con la visione del monster look adottato dai ragazzi il quadro vi sarà completo.
In una giornata dove la noia regna sovrana o qualcosa va storto mettere su il disco dei DieMonsterDie serve a darsi carica, un sorriso e allo stesso tempo ascoltare buona musica, cosa volete di più?

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WEDDING IN HADES - Elements Of Disorder

Informazioni
Gruppo: Wedding In Hades
Anno: 2010
Etichetta: BadMoodMoon Records
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Sacrifice
2. Safety
3. As You Die
4. Centuries Of Men
5. Widow
6. Doomed
7. A Dark Sea (Signaculum Domini)
8. The Wise

DURATA: 48:25


La formazione francese di doom/death Wedding In Hades, dopo aver sfornato un demo omonimo alquanto interessante, finisce sotto l'ala protettrice della russa BadMoodMan Music e ha così possibilità di dar vita al primo album full "Elements Of Disorder".
Al cospetto di una nascita legata temporalmente all'ultimo quinquennio e quindi uno stato che potrebbe ancora definirsi embrionale o che potrebbe aver bisogno di maturare, la band riesce a smentire tale sensazione dopo un paio di ascolti attenti del lavoro.
Le influenze marcate di Katatonia, Type 'O' Negative, Amorphis dell'era di mezzo si odono senza bisogno di una ricerca esasperata così come la vena death profonda che si acuisce in alcuni dei brani fornendo loro una corposità arcigna notevole.
Atmosfere e impatto sono due delle caratteristiche fondamentali dei Wedding In Hades, la vena gotica che trasversalmente si interseca nelle composizioni esaspera quell'essenza melancolica profonda, n'è esempio rappresentativo una "Doomed" degna del periodo "Discouraged Ones" degli svedesi che interpreta il mood emotivo nella maniera più corretta.
"As You Die" innesta nella sezione centrale una sfuriata blackish, scura e incatenante mentre con "Widow" la voce candidamente amara e il sound in genere si spostano sul versante Type 'O' Negative mollando in parte la ferrea presa, la traccia è diluita rispetto alle altre, morbida ma con un fattore decadenza accentuato.
Altro episodio menzionabile e di spicco è "A Dark Sea (Signaculum Domini)" attraversata da una considerevole quanto gradita spinta epica inaspettata, nei momenti d'ampio respiro ha parvenza di canzone dedita al vichingo richiamo anche se quando accelera sa far male, portando a galla sprazzi di death metal di stampo swedish.
Seppur il calderone da cui prendono spunto è ricco, i Wedding In Hades non si limitano a essere una cover band, al contrario fanno spesso il passo più lungo della gamba rischiando il più delle volte con successo di inanellare scelte costruttive che danno carattere e valore a "Elements Of Disorder".
La maturità soprattutto nel campo del pathos trasmesso è palese, supportata poi da una produzione che rende piacevole l'ascolto della strumentazione sia nel singolo caso sia nell'insieme e l'aver saputo dosare l'uso dei synth che ne abbelliscono e impreziosiscono il complesso rendono il platter un acquisto più che consigliato per chi segue la scena.

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URNA - Iter Ad Lucem

Informazioni
Gruppo: Urna
Anno: 2009
Etichetta: Atmf
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Iter Ad Lucem pt. I
2. Iter Ad Lucem pt. II
3. K-TH-R
4. Om
5. Sefira Malkuth
6. (untitled)

DURATA: 44:44

La formazione sarda degli Urna nasce come realtà funeral doom a tinte black, nel corso della breve quanto intensa carriera sinora svolta i cambiamenti sono stati continui sino a un'esclusione quasi totale dell'influenza black nel sound a favore di altre tipologie di scelte e accanimenti sonori.
Con "Iter Ad Lucem" ci si trova davanti un terzo lavoro maturo e di non facile assimilazione, il disco infatti riprende le atmosfere tetre e claustrofobiche del proprio predecessore "Sepulcrum" privilegiando però un'evoluzione che porta all'inserimento di vistose partiture ambient e un lavoro di synth a tappeto di una profondità devastante.
La durata pachidermica delle tracce (ad esclusione della conclusiva "untitled") è scelta precisa, il sound viene dilatato e inspessito da chitarre che in certi frangenti evocano il lato più oscuro del doom/death primordiale, le voci severe e perseguitrici imperterrite si scagliano sull'ascoltatore come la falce del "Cupo Mietitore", infrangendo qualsiasi barlume di speranza possa rappresentare una luce di fuga dalla coltre fitta e stringente che gli episodi uno dopo l'altro innescano come una vera e propria reazione a catena.
Le divagazioni ambient permettono alla parte più intimista di "Iter Ad Lucem" di venir fuori prepotentemente, incalzando il pensiero, costringendolo a entrare in un vortice oscuro la cui prestanza verrà rincarata dall'uso di note malinconico struggenti da parte del piano e da urla stridule che continueranno a fustigare in maniera violenta l'animo di chi lo sto sviscerando.
Sviscerare sì, perchè l'unico modo per godere realmente di un lavoro talmente pregevole quanto difficile da cogliere in pieno a primo impatto è metterlo più e più volte nel vostro lettore anche consecutivamente, lasciando che vi maceri, che le note e le atmosfere torbide vi rapiscano e s'impossessino totalmente della vostra attenzione.
Quando ascoltai la prima volta questo nuovo Urna, trovai come unica pecca la batteria che, per quanto "essenziale" e "minimalista", non mi spiegai il perchè non quadrasse con il resto del composto.
Bene dopo una serie continuata di on air il complesso prese forma sempre più nitida e la soluzione scelta per il drumming seppur non la riesca ancora appieno a digerire è probabilmente la più adatta a supportare la loro proposta.
Una band valida, dischi che vanno ben oltre i classici stilemi del genere e mostrano una personalità e maturita conseguita, se amate l'estremo del metal nella versione decadente, nichilista e catacombale dove mente e corpo si disperdono in unico vuoto senza fine: "Iter Ad Lucem" è un album che non può mancare alla vostra collezione.

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BLOODY SIGN - Chaos Echoes

Informazioni
Gruppo: Bloody Sign
Etichetta: Blood Harvest
Anno: 2010
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Intro
2. Chord Temple
3. Down To Hell
4. For The Unknown
5. Voice From The Depths (bass interlude)
6. The Call
7. Primordial Sound
8. Symphony Of Bones (drum interlude)
9. Words of Death
10. Khordê's Funerals (guitar interlude)
11. Tongues Of Shadows
12. Outro

DURATA: 46:45


I Bloody Signs non sono di sicuro novellini della scena estrema, un passato nel roster di una label come la Ibex Moon e il passaggio alla Blood Harvest confermano che il valore alto della loro proposta ha fatto e fa la differenza.
L'ultimo gioiello partorito in casa francese è "Chaos Echoes", il titolo del disco è quantomeno indovinato, gli oltre quarantacinque minuti di death metal che vengono donati all'ascoltatore non si muovono su un filone prettamente standard pur non rinnegandone mai quell'attitudine old che li caratterizza.
Le venature black che s'intersecano riconoscibilmente nei brani, la dinamicità espressa da un lavoro che inanella fraseggi tendenti al jazzato con parti di richiamo doomish senza perdere di vista la natura death dei pezzi, combinati con la prova importante per efficacia e propensione al vario di un drummer fuori norma, tutto ciò fa sì che iniziando da "Chord Temple" arrivando a "The Call" o ancora a "Words Of Death" l'unico pensiero che vi balzerà in mente sarà: voglio rimetterla on air adesso!!!
"Chaos Echoes" colpisce duro, fra dissonanze, pestati e un incedere saltellante fra le influenze molteplici che riscontrerete al proprio interno, fonte di forza e non punto debole come accade il più delle volte.
I tre episodi strumentali posti in scaletta non spezzano la catena emozionale scura che l'album propone, al contrario vengono utilizzati da precursori preparatori alla canzoni che prenderanno vita a seguito, mossa ben studiata e che infonde una dose di psichedelia greve aggiuntiva al già colmo calderone d'idee.
Un platter intrigante e che nel guardare indietro dimostra un avanguardismo prorompente e dissacrante che non si pone a ostacolo della funzione primorde/caotica che n'è cuore pulsante.
Che amiate il death vecchia scuola o siano le ultime generazioni a infogarvi, fate girare i Bloody Sign e il loro "Chaos Echoes" nel vostro stereo, non fatevi troppe domande, la risposta unica vi verrà data dalle note emesse.

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CRYPTIC - Infinite Torment

Informazioni
Gruppo: Cryptic
Anno: 2009
Etichetta: Self-Released
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Kingdom Of The Blind
2. Salvation
3. On Wings Of Chaos
4. Extermination
5. New Existence
6. Infected Soul
7. Nightmare
8. Visions From The Abbyss
9. Spiritual Suicide

DURATA: 27:35


La Polonia e il thrash, le realtà che provengono da questa nazione si pongono sempre al limite fra il suddetto genere e la spinta del death primordiale.
L'influenza che una band come gli Slayer ha avuto sul movimento polacco è quasi devastante, di rimbalzo i Vader ne sono diventati l'esponente più longevo, su quelle basi fanno ancora muovere le loro produzioni massicce, anche se con qualche acciacco dovuto all'instabilità della line up di Peter e soci.
I Cryptic e il loro primo album "Infinite Torment" prendono a piene mani dai grandi del death/thrash nazionale, dimostrano già dalle prime battute di "Kingdom Of The Blind" che la lezione impartita in questi due decenni dai vari act maestri Vader e Decapitated come Azarath e Hate sia stata assorbita e venga riproposta nella classica versione più thrashy andante votata alla dicitura zero fronzoli ma tanti pugni in faccia.
"On Wing Of Chaos", "Infected Soul", "Visions From The Abyss" non vi sussurreranno parole nuove o emozioni a voi sconosciute, riusciranno comunque a farvi passare una mezz'ora in compagnia di buona musica.
La breve durata del platter infatti fa sì che la vocazione compatta degli episodi renda al meglio, il riffing è carico di deja vù piacevoli che potrete divertirvi a ricollocare nelle varie discografie delle formazioni che vi verranno in mente così come la voce imposta le sue linee su un già sentito eseguito peraltro con una cura sia del growling che degli accenni scream fornendo una varietà discreta alla prestazione.
Non vi sono grosse pecche sostanziali, la produzione regge sia dal lato prettamente legato al supporto del complessivo che nell'evidenziare il singolo strumento.
I Cryptic hanno piazzato un album d'inizio carriera carente in quanto a personalità ma che fa intravedere delle potenzialità crescenti, c'è bisogno di lavorare sulla personalizzazione del sound visto che in ambito compositivo quanto in quello esecutivo i ragazzi sembrano avere chiare le idee.
"Infinite Torment" tirando le somme è un buon disco di death/thrash canonico saldamente ancorato alle radici della madre patria, per chi segue il genere, ami o meno il made in Poland un ascolto lo dia, chissà che nel frattempo qualche label più attenta all'underground non li metta sottocontratto?

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THE FORESHADOWING - Oionos


Informazioni
Gruppo: The Foreshadowing
Anno: 2010
Etichetta: Cyclone Empire
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Dawning
2. Outsiders
3. Oionos
4. Fallen Reign
5. Soliloquium
6. Lost Humanity
7. Survivors Sleep
8. Chant Of Widows
9. Hope. She's In The Water
10. Russians [cover Sting]
11. Revelation

DURATA: 59:49

I The Foreshadowing sono ormai una realtà a tutti gli effetti, dopo la prova offerta con "Days Of Nothing", si attendeva da loro la conferma che non fossero un fuoco di paglia ed ecco che gentilmente i romani spiattellano un "Oionos" che va ben oltre le più rosee aspettative.
Se il debut era un album valido ma che sulla lunga distanza poneva dei cali d'interesse legati ad alcuni episodi non proprio eccelsi, tirandosi avanti più per un complesso ben orchestrato che altro, con l'ultima fatica anche questa "noia" è stata eliminata.
"Oionos" nella sua ora di durata mette a proprio agio l'ascoltatore cullandolo a più riprese, conducendolo attraverso sentieri dove si incontrano il colore ambra della malinconia secolare e il grigio delle giornate uggiose, fondendosi, creando una combinazione emotiva forte e trascinante.
I Paradise Lost più intensi abbinati ai Katatonia ispirati dell'era di mezzo e la ritualità evocativa dei Novembre s'impossessano della tracce a più riprese, senza però che ne diventino guida unica. La mano della band nella costruzione e nelle scelte intraprese come prosieguo della strada battuta con "Days Of Nothing" evidenzia una maturità di cui ormai è in pieno possesso.
I brani si muovono perlopiù su down-tempo, facendo sì che una sorta di omogeneità si trasmetta, un viaggio nell'oblio dove la dimenticanza del dolore intimo si cura col fiore di loto che il pensiero cancella.
Questa è l'immagine perduta che fra le rovine delle note scandite da "Outsiders", "Fallen Reign" o "Hope, She's In The Water" si viene a ricreare, lì dove la dolcezza di una carezza data per affievolire un ricordo che affiora triste ha il compito unico di porsi per quello che è, senza secondi fini.
"Survivors Of Sleep" è delicatamente vigorosa nella sua soffusa aura, piano e voce anticipano l'unico pezzo, "Chant Of Widows", che movimenterà la situazione cambiando leggermente le dinamiche e i tempi, vivacizzandoli nel tentativo di dare una scossa al disco, risvegliarlo seppur momentaneamente da quel salutare torpore che rientrerà nei ranghi appena giunta la conclusione.
È sorprendente come i The Foreshadowing abbiano interpretato con piacevole risultato senza stravolgimenti eccessivi "Russians" di Sting, uno dei cavalli di battaglia del cantante ex Police contenuta nel debut "The Dream Of The Blue Turtles" del 1985, ricordando ancora una volta ai più che la musica a 360° può rientrare nei generi che meno ci si attende per le vie più semplici.
Esecutivamente parlando la band rasenta la perfezione, lo stile e lo sviluppo del disco hanno bisogno di una serie d'ascolti per essere compresi appieno nelle varie sfumature che esaltano le tracce. Il cantante fa la differenza, la prova di Marco Benevento è perfetta, la sua voce calda e suadente con quel tocco melancolico naturale che la contraddistingue ricorda molto la passionalità scura della dark-wave anni Ottanta, in quel periodo la musica veniva resa ancor più tristemente intensa e passionalmente scura da interpreti con una vocalità che si distingueva per calore e capacità di trasmettere emozioni (la tecnica non è tutto, alle volte lo si dimentica volentieri).
Altra cosa che ha colpito nel segno è l'uso delle tastiere, gli innesti sono presenti ma mai ingombranti, pronti a intervenire quando serve, a prendere angoli e spazi della scena senza rubarla o rendersi presenti più del dovuto, il che impreziosisce maggiomente l'andare elegante di "Oionos".
C'è poi un legame strano che mi porta a riscontrare la presenza dei Dark Tranquillity in questa release, la band di Stanne & Co., come gli Opeth, venie "citata" nelle linee vocali così come nel mood che la tracklist pian piano va rilasciando, con l'aumentare degli ascolti queste piccolezze da nulla risultano talmente gradevoli da essere un'aggiunta di valore.
Non posso esimermi dal dire: compratelo! Oltre a supportare una formazione nostrana di una qualità superiore che è ormai un dato di fatto, è talmente tanto il piacere che "Oinos" diffonde che ogni appassionato del genere non deve farselo scappare, sarebbe un reale quanto ingenuo peccato.

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SILENT HILL - Silent Hill

Informazioni
Gruppo: Silent Hill
Anno: 2008
Etichetta: Doom Symphony
Autore: Leonard Z

Tracklist
1.Intro
2.October 41
3.Cold Frontiers
4.Interlude I
5.The Solemn Bird
6.Interlude II
7.Silent Hill
8.Interlude To Criteria
9.Criteria

DURATA: 42:46

Eccoci qui a recensire il debutto di una band romana tanto valida quanto sfortunata. I Silent Hill sono un gruppo che segue fedelmente i dettami del doom più classico, andando a creare canzoni che fanno percepire le influenze di Candlemass, Saint Vitus, Coven e chiaramente Black Sabbath. Bisogna dire che la Doom Symphony c'ha visto bene nel mettere sotto contratto i ragazzi. L'album poggia il suo sound lugubre e pesante su alcuni pezzi cardine, che sono “October 41”, “Cold Frontiers” e “Silent Hill”, dove si percepiscono le innegabili doti compositive del quartetto: lentezza, chitarre granitiche, melodie azzeccate. Il punto debole dell'album sono invece alcuni tempi morti che proprio non servono quando già si sta componendo musica di questo tipo, basata su un sound dilatato. Sarebbe stato più opportuno avere un maggior numero di pezzi trainanti e meno interludi. In definitiva un album da avere, soprattutto perché si percepisce che qui la stoffa c'è e abbonda. Un lavoro che farà felici i veri fan del doom più primordiale. Purtroppo il cantante e il batterista della band sono morti in un incidente stradale poco dopo aver registrato questo lavoro... speriamo che questo lutto non fermi i restanti membri e che ci sia un successore a questo ottimo debut.

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WINTERBLOOD / DRAUMAR - Metamorphosis



Informazioni
Gruppo: Winterblood / Draumar
Anno: 2010
Etichetta: Roata Sound
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Herbsttraume-Winteranfang
2. Sparire Nei Monti
3. Tagesanbruch
4. Venti Impetuosi
5. Hohensug
6. Altezze Solari
7. Schnee

DURATA: 42:29

Torna Winterblood a breve distanza dall'ultimo lavoro "Incantazione" e lo fa con uno split con i Draumar, altra formazione che crea musica dedita al piacere atmosferico.
Entrambi i progetti si affidano alle cure della neonata Roata Sound che in accoppiata con la Kogaion Art ha elaborato una soluzione sia dal punto di vista del supporto che della qualità fra le migliori possibili.
Lo split composto di sette brani, quattro per Draumar e tre Winterblood, viene rilasciato in una confezione A5 formato dvd limitata a ottanta copie numerate a mano in cui il minimo dettaglio è curato e adattato all'animo delle due realtà.
Il paesaggio che fa da "copertina" con i suoi toni soffusi fa in modo che il gelo della montagna si unisca alla leggera coltre che domina la foresta, se questa è la presentazione cosa ci attende all'interno?
Prima d'inserire il cd mi soffermo a guardare la scaletta e noto con perplessità la scelta di inserire le canzoni in maniera alternata, il mio dubbio nasce dal fatto che non conoscendo la musica di Draumar il filo conduttore emotivo potrebbe venire intervallato senza motivo.
Per toglierselo l'unico modo è iniziare ad ascoltare, già dalle prime note di "Herbsttraume-Winteranfang" vengo assorbito totalmente in un mondo che è estraneo a quello in cui siamo abituati a muoverci, dove non esiste l'urbano malessere ma solo una colonna sonora naturale che c'accompagna, intensa e melodiosa, cosa che si riscontra in tutte le tracce che l'artista tedesco ci propone.
L'esaltazione dei sensi raggiunge il picco nella suadente cascata di note che "Tagesanbruch", regale quanto elegante, ci offre, mentre veniamo assorbiti dall'ancestralità di cui "Hohensug" straborda, la chiusura silvestre piovosa invece è affidata all'andante "Schnee".
Altra storia ed emozioni sono quelle trasmesse dal progetto di Stefano Senesi, i Winterblood infatti già con "Sparire Nei Monti" dilatano le atmosfere all'inverosimile, le note dolciastre e allungate impregnate di quell'aria fredda che si spande in cima alle catene montuose avvolgono e incatenano l'ascoltatore affascinandolo.
Con "Venti Impetuosi", titolo che presagisce già uno scorrere solenne quanto vigoroso, dopo esser stati fermi in balia di una bussola che si è persa, l'animo viene più volte "spintonato" da una canzone che fa della suggestione ipnotica e imponente la propria carta vincente. Con "Altezze Solari" invece trova completamento, come il sole che scioglie i ghiacci rianimando ciò che intorno v'è, facendolo palpitare, privandolo di quella staticità congelante che temperature ostili avevano imposto.
Le perplessità iniziali sono sparite, diradate come la foschia trafitta dai raggi solari di una calda giornata, l'alternarsi ha fornito a "Metamorphosis" un incedere personale quanto irriproducibile se non con la scelta fatta.
Non accontentandosi del solo lato musicale, i due artisti vedono considerata dalla label anche la rappresentazione grafica con due animazioni che vi avvicineranno ulteriormente al loro mondo.
"Metamorphosis" è un lavoro pregevole, curato e colmo di qualità che gli appassionati del settore ambient non devono lasciarsi assolutamente sfuggire.

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FOLKEARTH - Rulers Of The Sea

Informazioni
Gruppo: Folkearth
Anno: 2009
Etichetta: Stygian Crypt
Autore: Mourning

Tracklist:
1. The Voices Of The Dead
2. Rulers Of The Sea
3. The Doomed Crusade
4. Lord Of The Spear
5. The Prince Of Epirus
6. Cosmogenesis
7. Folkearth
8. I Am Fire
9. Apollonian Light
10. When The Gods Doth Return
11. Byzantine Princess

DURATA: 49:34


I Folkearth non sono classificabili come normale band, il monicker infatti è legato a un progetto che di album in album ha unito dietro questo nome molteplici personaggi della scena Folk/Pagan.
Prende vita nel 2004 con l'uscita di "A Nordic Poem" e altri cinque dischi precedono questo neo-nascituro "Rulers Of The Sea", con prestazioni altalenanti ma mai scadenti.
L'ultima opera vede al proprio interno la collaborazione di membri di: Dol Amroth, Frekkr, Folkodia, Hildr Valkyrie, Skiltron, Black Knight Symphonia, Excelsis, Sunuthar, Minhyriath e Seventh Sword.
Capirete che è già complicato spesso e volentieri mettere d'accordo quattro teste, pensate quando il numero è di molto più elevato.
Il platter è definibile una prova standard del genere, vengono usati fra gli altri strumenti quali cornamuse, flauti, mandolino, il sitar per rendere più ricco e corposo il sound, le tracce tendono a un continuo mix fra sfuriate, fraseggi in cui la melodia la fa da padrone e attimi dediti a far prendere aria al composto.
Raramente, fatta eccezione per brani come "Cosmogenesis", "I'Am Fire", "Apollion Night" e la trascinante "Rulers Of The Sea" in parte marcatamente heavy, le canzoni colpiscono nella loro integrità, ci sono spunti sparsi apprezzabili ma oltre le citate è difficile scatti un coinvolgimento automatico, vi è più la probabilità di un gradito ascolto di compagnia.
La voce pulita maschile/femminile fa la sua comparsa in "The Doomed Crusade", evocativa nell'incedere ma con un evidente squilibrio fra le parti folk e la base che ne minimizzano il valore, peccato.
I volumi risultano essere la croce di questo "Rulers Of The Sea", troppo alta la strumentantazione naturalistica nelle parti centrali delle canzoni, per il resto la prestazione strumentale esecutivamente ha poco da farsi perdonare incastonando dentro ogni singola nota gli stilemi conosciuti e amati da chi segue il filone.
Non è il capitolo più riuscito della saga Folkearth ma possiede comunque le qualità per farsi apprezzare da chi mastica e adora tali sonorità.

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AXEN - Scream Of Desperation

Informazioni
Gruppo: Axen
Anno: 2009
Etichetta: Self-Released
Autore: Mourning


Tracklist:
1. Spective Way
2. Scream Of Desperation
3. The Last Days
4. Frozen In Pain
5. The Morbid Law

DURATA: 20:31


Band sicula quella degli Axen, prende vita l'anno passato e subito i ragazzi si metton sotto per rilasciare il primo lavoro intitolato "Scream Of Desperation".
Venti minuti di thrash sporco e rozzo legato allo stile Ottanta/Novanta con incursioni in territori che vanno dall'heavy sound al più estremo.
Formazione che seppur allo stato larvale riesce a imprimere oltre dei buoni cambi di tempo e un riffing serrato una carica personale che scorre viva già dalle prime note della titletrack "Scream Of Desperation", pervadendo il mini album sino alla conclusiva "Morbid Law".
Se le composizioni come struttura non sono per nulla male, la produzione lascia un po' a desiderare soprattutto il rullante, il suono alla lunga tedia leggermente.
Buona la prova strumentale, le chitarre spingono infuriate e spiccano in "Frozen In Pain", non limitano mai alla sola ritmica, nelle canzoni troverete assoli non tecnicamente ineccepibili ma collocati al momento giusto.
Il basso si percepisce a tratti, quando accelerano come spesso capita tende a essere assorbito ma ci troviamo dinanzi a una prestazione nel suo complesso più che piacevole.
Facendo un po' di conti sembra che nell'isola la situazione si stia ravvivando, gli Schizo sono rientrati definitivamente, Urto e Shoock Troopers sono realtà solide e di qualità, se gli Axen si mettono sotto un quarto act di valore male di sicuro non può fare.
Le basi, la voglia e le idee non mancano, "Scream Of Desperation" è un punto di partenza, mostra che le carte in regola per far risultato ci sono, adesso a loro giocarsi il punto, teneteli d'occhio.

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CHAOS CORE - Born In Silence

Informazioni
Gruppo: Chaos Core
Anno: 2009
Etichetta: Alkemyst Fanatix
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Lust For Pain
2. Links
3. The Alchemist
4. Tormento
5. Cages Of Bitter Words
6. Fifth Sun
7. Amon Ra
8. Warning Picture
9. Destiny Machine
10. The Fog

DURATA: 44:15


Che il melodic death in Italia abbia trovato territorio fertile ne abbiamo riprova grazie (o no) a band come Dark Lunacy, Coram Lethe o Lunarsea.
I Chaos Core seppur più veementi con un sound legato maggiormente a partiture death/thrash hanno nel lavoro di chitarre ricercato e spesso legato a linee melodiche e accorgimenti al limite col prog punti in comune con alcune realtà del settore citate e come loro hanno intrapreso questo viaggio pescando a piene mani dagli act primordi del settore.
I brani per gli amanti del genere risulteranno piacevoli, riccollegandomi al discorso iniziale non privi dell'immancabile deja vù ma eseguiti con perizia anche se la composizione manca di quelle sfaccettature e dinamiche che lo possano rendere accattivante.
L'omogeneità del platter tende a essere una pecca per un suo lungo corso nel lettore dato che iniziando con l'opener "Lust Of Pain" e scivolando e dando risalto alle meritevoli "The Alchemist", "Tormento", "Amon Ra" e "Fog" si verrà colpiti più volte con uno schema di base che si diletta nello scambio di passaggi battenti con aperture dilatate in cui le chitarre si cimentano nel ricamare trame e assoli.
Di per sè il risultato è anche gradevole ma dopo un paio d'ascolti lo scontato alternarsi potrebbe cedere passo alla noia.
La prestazione vocale in alcuni tratti un po' troppo spinta per una proposta che tende al melodico perde lievemente contatto con il riffing non risultando efficace quanto potrebbe.
Come primo lavoro non è male "Born In Silence" ma è solo lo step iniziale per una formazione come quella dei Chaos Core che hanno bisogno di maturare un sound definibile proprio o almeno elaborare meglio dei composti ancora imperfetti.
Consiglio l'ascolto solo a chi appassionato dello stile, con il tempo e la voglia se vorranno e potranno ci forniranno conferma che puntare su di loro è cosa giusta o meno.

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CRYPTIC


Informazioni
Autore: Mourning

Formazione
Piotrek Nawiesniak - Chitarra
Tomek Jarzabek - Voce
Pawel Dudzik - Batteria
Andrzej Hejmej - Basso/Voce
Kacper Lysik - Chitarra

Ciao ragazzi, benvenuti su Aristocrazia Webzine. Possiamo avere una breve presentazione della vostra band?

Salve, noi siamo I CRYPTIC dalla Polonia del sud. La band fu fondata nel 2000. Dopo tanti cambi di line-up abbiamo registrato una demo nel 2004 e ora un LP tra il 2009 e il 2010. Per tutto il tempo abbiamo suonato Death/Thrash e non abbiamo intenzione di cambiare il nostro stile.


Qual'è la causa principale che ha dato vita a questo progetto?

Probabilmente dieci anni fa Piter e Paulus realizzarono che ascoltare musica non era abbastanza, haha! Secondo me ami e “senti” realmente la musica, vuoi farne parte e diventare un creatore. E' normale avere qualcosa da dire anzichè essere ascoltatore.


Ho ascoltato il vostro album “Infinite Torment” e credo sia figo. Quali sono le band che hanno influenzato il vostro sound?

Molte persone dicono che noi somigliamo ai Vader, agli At The Gates o ai Death in alcune canzoni. Non posso essere in disaccordo con loro al 100% ma non abbiamo intenzione di creare nuovi generi o di sperimentare. Il nostro obiettivo è suonare quello che ci piace (e ciò che ci piace ascoltare) e divertirci mentre lo facciamo.


Come scrivete una canzone?

Di solito ci troviamo alle prove con pronti dei riff base o dei ritmi che vogliamo mettere insieme. Tutte le canzoni sono preparate come tabs all'inizio. Suonare nuove canzoni nelle date è una buona maniera per vedere “quanto funziona” prima di registrare. Un gran bel moshpit significa che il pezzo è buono!


Puoi dirci qualcosa riguardo ai testi delle vostre canzoni?

Tomash è responsabile di tutti i testi. Trattano principalmente di cose legate al Necronomicon, lacerazioni interne, guerre e altri malesseri spirituali o dell'anima. Non sono molto allegri, vero? Presto inaugureremo il nostro sito ufficiale, tutti i testi saranno reperibili lì.
La scena polacca è molto ricca di bands, come vi ponete all'interno di essa?
Sì concordo! La scena polacca è una delle scene metal più forti del mondo. E' piena di bands, sia famose che underground. Avere degli amici è molto utile durante l'organizzazione di date ed eventi. Le band minori si aiutano l'un l'altra e questo è molto forte. In questo modo di fare musica non esistono competizioni o “mettersi i piedi in testa”, riguarda tutto il semplice divertirsi e mantenere l'interesse delle persone su quello che facciamo. Parlando di altre band, provate I 666th Panzer Division fondati dai membri dei Cryptic Tomash e Kacper.


Come state promuovendo l'album?

La data di inaugurazione mondiale sarà intorno al primo di luglio per la label ucraina Metal Scrap Records. Attualmente stiamo organizzando concerti per un tour polacco. Stiamo anche sperando di fare delle date all'estero in Repubblica Ceca / Slovacca e Ucraina e in ogni posto dove potremmo incontrare fans della nostra musica! Stiamo anche collaborando con i media underground e agenzie promozionali. Presto, dopo la pubblicazione ufficiale del nostro LP, lo manderemo ad ogni giornale e webzine del pianeta, haha!


Cosa ne pensi dell'attuale scena estrema?

Penso che sia più forte e grande che mai. E' differente dal clima oldschool degli 80's o dei 90's ma c'è una così grande varietà di scelta di generi che sei sicuro di poter trovare qualcosa che ti interessa. Nuovi album di Immolation, Dying Fetus e giovani bands come gli Hour Of Penance o Sickening Horror mostrano quanto siamo lontani dai confini del Death Metal, sempre se ce ne sono. Dare un'occhiata alle line-up dei festival principali e al numero di persone che accorrono spiega tutto!


Che tipo di relazioni avete con chi vi supporta? Cosa ne pensate delle comunità virtuali e dei social networks?

Ci hai trovato tramite Myspace, quindi ne sai qualcosa sicuramente, haha! E' assolutamente necessario ricorrere a strumenti come Myspace o il polacco Muzzo. Con essi puoi raggiungere più ascoltatori e incontrare molte più persone in grado di aiutarti in molti modi. I partner dei media lavorano allo stesso modo; puoi aspettarti interviste, recensioni o giusto un paio di buone parole. Aiuta davvero molto.


Puoi raccontarci la migliore esperienza on-stage? C'è stata una performance live che vorresti ripetere?

Ogni data è unica e differente. Non vorrei ripeterne nessuna in particolare, ma spesso torniamo da posti dove i luoghi sono buoni e la folla diventa matta. Le mie città preferite dove suonare sono Cracow (Cracovia), Wroclaw e la nostra piccola città natale, Mszana. Un paio di anni fa prendemmo parte ad uno degli eventi open-air chiamato Metalowa Twierdza (Metal Stronghold) a Nysa e fu assolutamente fantastico.


State già lavorando a del nuovo materiale?

Sì! Ad oggi abbiamo “scheletri” per sei nuovi pezzi. Abbiamo iniziato a lavorarci un paio di settimane fa e penso che potranno prendere a calci in culo qualche bel culo vergine, haha! Sono più intense delle altre (le canzoni, non I culi); durante le vacanze li proveremo live e registreremo un nuovo LP appena possibile. Quest'anno magari.


Vi vedremo mai live in Italia?

Lo spero! Quando l'inverno dura sei mesi non abbiamo altro piano che andare in Italia, haha! Per vedere i Fleshgod Apocalypse o gli Illogicist, li AMO. Se riceviamo qualche offerta, o troviamo persone con cui cooperare... perché no?


Grazie per il tempo speso con noi, a te l'ultimo messaggio per i nostri lettori:

Grazie a voi per l'interesse ed il supporto! Date un'occhiata ai nostri siti, bevete birra e stay DEATHRASHED \m/

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EMBRYO


Informazioni
Autore: Mourning

Formazione
Roberto - Voce
Uge - Chitarra
Andrea - Basso
Simone - Tastiera
Reynoldz - Batteria

Do il benvenuto a Roberto cantante degli Embryo, band che appartiene alla nostra scena italiana, da poco è uscito il loro secondo disco "No God Slave".

Come va? Come sempre chiedo alle formazioni di parlare un po' della loro storia per dare occasione a chi non vi conoscesse d'avere qualche info in più, a voi la parola.

Ciao Gabriele, tutto bene grazie, vedrò di farti una biografia il più breve ed esaustiva possibile della band. Gli Embryo nascono nel 2000 a Cremona e nel 2001 registriamo il primo demo "The Source Of Hate" che ricevette ottimi responsi in tutto l'underground mondiale (grazie alla collaborazione con la Kick Promotion Agency che ne curò la promozione). L'anno successivo decidiamo di registrare un promo di tre pezzi presso gli X-Studio di Bollate (MI) solo per gli addetti ai lavori (case discografiche, stampa...) e riusciamo a portare la nostra musica anche in Svizzera e Austria.
Finalmente nel 2005 registriamo "Chaotic Age" e l'anno successivo firmiamo per Officina Rock, che in seguito ha concesso i diritti per la ristampa del CD nell'Europa dell'est e in Russia alla Mystic Empire. L'album viene accolto molto bene e la prima data per la presentazione del CD viene tenuta di spalla ai leggendari Necrodeath. Dopo diverse date live e diversi cambi di line-up nel febbraio del 2009 entriamo nei Fear Studio per la registrazione di "No God Slave" sotto la guida di Simone Mularoni e con il tocco di Gabriele Ravaglia per il mastering finale. Ad agosto abbiamo firmato per la casa discografica inglese Rising Records e a dicembre abbiamo girato il nostro primo video per la title-track dell'album con il regista Salvatore Perrone.
"No God Slave" è disponibile dal 15 febbraio 2010 nei negozi di dischi e sui vari portali online come iTunes, Play.com ecc….).


Con il debut "Chaotic Age" avevamo incontrato una formazione che doveva ancora crescere e svilupparsi, con "No God Slave" ci troviamo di fronte a una realtà matura. Com'è nato il vostro ultimo lavoro? Da quali basi siete ripartiti dopo le buone critiche ricevute?

Diciamo innanzitutto che rispetto a “Chaotic Age” ci sono stati diversi cambi all’interno della band: Simone, che aveva già iniziato a collaborare con noi durante le registrazioni del CD è entrato definitivamente nel gruppo; dopodiché abbiamo avuto un cambio radicale della sezione ritmica (prima l’arrivo di Rospy al basso e infine quello di Reynoldz alla batteria) che credo abbiano dato una spinta notevole al cambio di direzione che abbiamo intrapreso per il nuovo album. Ognuno di loro, infatti, ha portato le proprie influenze all’interno degli Embryo e ci ha “costretti” ad adattare le nostre composizioni al loro livello tecnico, spingendoci a migliorare ulteriormente ciò che avevamo fatto fino ad allora senza per questo dimenticare o rinnegare quanto di buono eravamo riusciti a tirar fuori fino a “Chaotic Age”.


Groove, brutalità, melodie swedish e la tastiera che si prende i suoi spazi, la proposta si è sfaccettata e arricchita. La varietà insita nelle tracce fa supporre abbiate un background musicale ampio, quali sono gli act che ritenete fondamentali come singoli e come band per la vostra crescita come musicisti e compositori?

Questa è una domanda piuttosto complicata in quanto abbiamo tutti dei gusti piuttosto diversi: sicuramente ci accomunano i grandissimi Death e i Meshuggah; da lì in poi ti posso dire che Uge apprezza molto il thrash americano (sia quello degli ‘80s che act più “moderni” come Fear Factory o Strapping Young Lad), il death metal melodico (At The Gates, Dark Tranquillity…), ma anche nuove band come Mastodon, Divine Heresy, Dagoba… Il Reynoldz ascolta un sacco di roba dal death super-tecnico (The Faceless, Hate Eternal…) fino a gruppi molto melodici della nuova ondata americana (non chiedermi i nomi perché francamente non me li ricordo :P ); Simone ascolta molta musica “decadente”, quindi dagli Arcturus agli Elend, dai Dimmu Borgir alle colonne sonore dei film mentre Rospy (che abbiamo da poco sostituito con Andrea – fanatico di death metal tecnico e stoner – ) pur ascoltando di tutto (dal jazz al death metal) è un fanatico degli Iron Maiden. Io infine sono quello con i gusti più “strani” considerando il genere che proponiamo: adoro l’hard rock degli anni 70' e 80', il metal più tradizionale e non potrei vivere senza Queensryche e il caro vecchio thrash metal; se a questo aggiungi tutto quanto si trova tra i Journey e gli Emperor o tra i Fair Warning e i Nasum hai un’idea del “casino” che puoi trovare nel mio stereo…


"One Way Left", "Escape From Your Fears", "Dark Passenger" tre facce leggermente diverse della stessa anima, se doveste descriverle quali aggettivi usereste e perchè?

E’ molto difficile descrivere un brano con un solo aggettivo, soprattutto poi se ne hai seguito la nascita e la crescita, ma come hai detto tu rappresentano ognuna a modo loro il mondo Embryo e quindi potrei usare tre aggettivi che caratterizzano la nostra musica e quindi direi:
Rabbiosa per “Escape From Your Fears” perché tra le tre è sicuramente la song più veloce e arrabbiata e anche il testo aumenta questa sensazione;
“Deviata” se mi passi il termine per “Dark Passenger” perché è la più carica di quel feeling malato e lucidamente maniacale che contraddistingue le nostre canzoni;
“One Way Left” invece è odio puro, rappresenta al meglio il sentimento da contrapporre al disprezzo che l’altro ha nei tuoi confronti.


Come nasce un brano degli Embryo? Chi sviluppa la parte prettamente musicale e chi cura i testi?

Il modus operandi è ormai consolidato da parecchio tempo: Uge si presenta in sala prove con vari riff (a volte scollegati tra loro a volte già in forma “embrionale” di canzone) e con Reynoldz sviluppa tutta la parte ritmica della canzone a cui poi verrà aggiunto il basso. A questo punto viene il bello perché il tutto passa nelle mani di Simone che stravolge il tutto inserendo le tastiere. Quando tutti hanno dato il loro contributo e la canzone musicalmente parlando è completa e soddisfacente per tutti me la porto a casa e inizio a lavorare su linee vocali e testo, quando credo di aver raggiunto un buon punto la riporto in sala prove e vediamo come viene; se tutto fila e siamo tutti convinti del risultato tento di fare imparare agli altri il titolo (ancora adesso spesso e volentieri chiamano i pezzi di “No God Slave” con i numeri con cui li identificavamo prima di registrarli…).
Dopo numerose richieste dei fans abbiamo deciso di rendere disponibili i testi nella pagina Releases del nostro sito www.embryo-online.com


Quali sono le tematiche su cui incentrate i testi?

Le tematiche sono quelle “classiche” che ti ho già accennato prima estrinsecate secondo il mio punto di vista e trattate in un modo spero meno banale di come vengono solitamente sviscerate (spesso e volentieri nel vero senso della parola) all’interno dei dischi death metal. Non voglio entrare troppo nei dettagli perché mi piacerebbe che chiunque si prendesse del tempo per leggerle si facesse una propria idea e si creasse un proprio mondo senza essere influenzato troppo da ciò che intendevo io nel momento in cui li scrivevo.


Sinora che riscontri avete avuto? Com'è la critica in generale?

Guarda, devo dirti che inizialmente le recensioni uscite (quasi tutte in Germania) erano positive, ma piuttosto freddine (spesso e volentieri perché il recensore non amava le tastiere…), ma con il passare delle settimane l’entusiasmo nei nostri confronti è aumentato (dai 6/10 delle prime recensioni siamo passati a numerosi 8/10) come abbiamo notato dalla tua recensione e anche dai commenti sulla nostra pagina MySpace e sul nostro canale YouTube che sono veramente incoraggianti.


Cosa pensate del mondo delle zine e webzine (siate spietati :-) )? Meglio la carta stampata o il web?

Adesso posso parlarti a nome personale in quanto non abbiamo mai discusso molto della cosa; per quanto mi riguarda sono un tipo “all’antica” e quindi mi piace ancora andare in edicola e comprarmi le riviste stampate, devo però ammettere che spesso e volentieri le web zine e le zine in generale sono più libere nel giudicare e quindi sono anche più obiettive e propositive nei confronti delle band, non subiscono molte pressioni da case discografiche e/o press agencies e sono più sincere anche nei confronti dei gruppi “importanti”: se un disco fa schifo è più facile che lo dica una web zine piuttosto che una qualsiasi rivista con una storia anche recente che vive della pubblicità delle case discografiche e delle agenzie.


Rimanendo in termini di comunicazione cosa pensate dell'uso dei social network e quali sono i pro e i contro a cui questi mondi sono soggetti?

Credo che per i gruppi più piccoli e/o emergenti MySpace, Facebook e gli altri social network siano quasi una manna dal cielo: puoi raggiungere ogni angolo della Terra senza fatica, senza spendere un centesimo ed avendo la possibilità di farti conoscere anche in posti e da persone che altrimenti non potresti mai raggiungere. I contro stanno nella creazione di legami talmente labili che sono praticamente inesistenti e nel fatto che spesso e volentieri anche gli addetti ai lavori valutino la bontà di una proposta più dal numero di “amici” e/o contatti piuttosto che sull’effettivo valore della stessa.


Scena italiana: esiste? Non esiste? Siamo agli albori di un qualcosa che in quasi trent'anni per un motivo o un altro non si è mai venuta a formare? Quali sono secondo te le cause e disagi che devono "sopportare" le band nostrane e cos'hanno in meno di quelle oltre confine?

Scena mi sembra una parola grossa, perché presuppone lo scambio di idee, l’aiuto reciproco, la condivisione di obiettivi e di come raggiungerli. In Italia l’unica condivisione che c’è tra le band è quella dell’impossibilità di suonare dal vivo, per il resto ci sono moltissime valide band che vanno per la loro strada facendo sacrifici e pagando sulla propria pelle l’arretratezza culturale del nostro paese. Quelli che riescono a togliersi qualche soddisfazione spesso lo fanno andando all’estero e rientrando non trovano nessuno pronto a fargli i complimenti, ma molti pronti a sputtanarli e a sparare a zero per screditarli. Le band straniere dal punto di vista artistico non hanno niente in più rispetto a molte band italiane, la differenza la trovi in tutto quello che è music business (etichette, location per i concerti, promoter e agenzie serie…) che in Italia si contano sulle dita di una mano (anche se qualcosa ultimamente sembra stia cambiando… speriamo), sulla mancanza di cultura musicale e sui pregiudizi che circondano il metal. E poi diciamocelo, siamo tutti un po’ malati di “esterofilia” che si traduce in masochismo per tutte le band del nostro paese.


Mega concerto solo con act italiani, se poteste scegliere due nuove leve e due della vecchia guardia insieme lì a voi, chi vorreste vedere lì sul palco?

Anche qui ti dico chi vorrei vedere io: per le vecchie glorie direi Sadist e Novembre sono i miei preferiti (anche se devo ammettere che gli Elektradrive sono un gruppo super – ma non ce li vedrei molto con noi – ); per le nuove leve sono un po’ in difficoltà perché ci sono diverse band di valore, ma direi Fleshgod Apocalypse e una bella rimpatriata con i Lifend sarebbe divertente.


Come state portando avanti la promozione del disco? Avete già iniziato con le date in giro?

Per il momento stiamo facendo alcune interviste e abbiamo ricominciato a provare dopo alcuni mesi in cui la situazione della nostra line-up è stata un po’ complicata (per usare un eufemismo…). Stiamo cercando agenzie a cui appoggiarci per poter pianificare al meglio l’attività live a partire dal prossimo autunno (anche in previsione di un piccolo tour all’estero in fase di programmazione), ma ti posso dire che faremo uno show a “casa” al Midian di Cremona il prossimo 5 giugno in compagnia dei Paulzeder di Torino.


Ti ringrazio per il tempo dedicatoci, un ultimo messaggio per i nostri lettori...

Grazie mille a te e a tutti i ragazzi che leggono la zine. Se volete saperne di più sugli Embryo vi lascio alcuni indirizzi:
www.embryo-online.com
www.myspace.com/embryoonline
www.youtube.com/user/EmbryoChannel
per chiunque voglia contattarci l’indirizzo e-mail è: embryo5@virgilio.it.
Ancora grazie e speriamo di vedervi presto quando saremo in giro per fare un po’ di casino tutti insieme. Horns Up!!!

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