domenica 24 gennaio 2010

KYUSS - Welcome To Sky Valley



Informazioni
Gruppo: Kyuss
Titolo: Welcome To Sky Valley
Anno: 1994
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Elektra Records
Contatti: kyusslives.com/
Autore: Advent

Tracklist
1. Gardenia
2. Asteroid
3. Supa Scoopa And Mighty Scoop
4. 100 Degrees
5. Space Cadet
6. Demon Cleaner
7. Odyssey
8. Conan Troutman
9. N.O.
10. Whitewater

DURATA: 51:54

La descrizione che state per leggere riguarda il terzo album che ha consacrato definitivamente come miglior band stoner dei ragazzi che, a detta di tutti, sono stati i pionieri del suddetto genere, i Kyuss. Come se "Wretch" e "Blues For The Red Sun" non fossero già bastati negli anni Novanta a creare il mito al quale oggi dobbiamo gran parte delle realtà ispirate a loro e alla band nate dalle loro ceneri.

Il suono caldo, graffiante e californiano di "Gardenia" stacca subito le nostre menti dal gelido ambiente nel quale ci troviamo, la cupa melodia strisciante da visione psichedelica ricorda solo una cosa: la dipendenza. Drug, sun and sex-addict. Come hanno vibrato i Kyuss nella loro opera storica conosciuta come "Welcome To Sky Valley" (in realtà è un loro self-titled) lo sanno tutti gli appassionati della scena messa in palco per la prima volta dai Sabbath. A molta velocità, nel loro album più atmosferico, "Asteroid" si abbatte su ogni nostro riposo, fa tremare la terra prima della collisione con i nostri corpi, insonni in una pozza di sudore senza lenzuola e cuscino, una canzone desertica, che rovente accende le nostre anime.

Tutto questo avviene memorabilmente passando dalla sistematica e piacevole "Supa Scoopa And Mighty Scoop" per arrivare alla temperatura di "100 Degrees", giocando velocemente sugli effetti che una chitarra, un basso e una batteria possono offrire con una semplice ma maturata conoscenza stoner/grunge. A cosa servono le parole se non a spiegare titoli come "Space Cadet", dove assistiamo al nulla che solo un astronauta può osservare; dai burroni della terra -cliffs of the world- e coperti di luce -covered in rays- aspettiamo il vuoto, i ragazzi di Palm Desert hanno ragione dicendo che tutti i dettagli di questa situazione sono fatti per far respirare le nostre menti. Sotto con acidi, scottature e spossatezza, in una traccia che rappresenta la fermata di un lungo tragitto sull'asfalto dove bere la vita di un'estate è l'unica chance che disseta.

Per ripartire con la storica e bassa "Demon Cleaner", dove Garcia sfoggia un'eccellente ma particolare voce, calma e dolce, presentando un'ombra leggera che va e viene, la canzone conclude spogliandosi dei vestiti di lino che indossava, mostrando a nudo il proprio corpo. Ipnotica e rilassante, in una parola: bellissima.
"Odyssey" riprende l'immagine di "Space Cadet" con montagne e aggiungendo mare, in un volo energico e veloce sopra le nuvole, esplodendo i razzi ai nostri piedi e liberandoci in aria. Non ci poteva essere un epilogo migliore per "Kyuss": "Whitewater". "Acquabianca" fresca sui nostri volti, una brillante composizione che anche il più severo dei recensori è costretto a definire stupenda.

Benvenuti nella Sky Valley e buona permanenza per tutto il tempo in cui avrete bisogno di un posto dove stare al caldo ma anche al sicuro. Dove poter ammirare le stelle e dove cuocersi al sole di un'America giovane e vasta.

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ROTTING EMBODIMENT - Invocations From The Past




Informazioni
Gruppo: Rotting Embodiment
Anno: 2009
Etichetta: Self-Released
Autore: Mourning


Tracklist:
1. Disembodied (My Reflection Is Missing)
2. The Motionless Sea Of Blood (Where My Body Roams)
3. The Field Of Never Ending Life (The Passage To The Valleys)
4. Gore Filled Mess (Putrid Reek Of Flesh)

DURATA: 18:50



Se amate il caro vecchio old school americano dove gente sguazzava nel putridume come i maestri Autopsy, i Rotting Embodiment fanno di sicuro al caso vostro.
I giovani di San Marcos (California) rievocano quei fasti ormai da tempo andati con la loro prima demo "Invocations From The Past", quattro tracce alquanto rudimentali e con una produzione che definirei azzeccata quanto cattiva per la proposta priva totalmente di fronzoli e diretta da far schifo.
L'aura marcia e putrescente che brani come "Disembodied (My Reflection Is Missing)" o "The Field Of Never Ending Life (The Passage To The Valleys)" evocano renderanno decisamente felici chi cerca nel genere dedito alla morte in tutte le sue forme un ritorno al primorde più scarno ed efficace.
Sono cresciuti a pane e anni ottanta, il riffing malsano, la batteria pesante condita da passaggi rapidi ma duri non fanno che confermare quanto l'unico interesse sia quello di sfornare del puro materiale in chiave classica.
Eseguono ed interpretano a dovere lo stile e se più di qualche volta si cade volutamente nel deja vù non credo sia un problema per chi è affine alla ricerca di tali lavori.
Nulla di nuovo, nulla che non sia già stato ascoltato ma se fatto con il dovuto senso risulta piacevole, i Rotting Embodiment con questo primo vagito sono ancora ad uno stato larvale ma in futuro potremo attenderci delle prove di valore, starà quindi a loro confermare le rosee attese.

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DEVILLE - Hail The Black Sky




Informazioni
Gruppo: Deville
Anno: 2009
Etichetta: Buzzville Records
Autore: Mourning


Tracklist:
1. Levitation
2. On The Throne
3. Hail The Black Sky
4. Undead
5. My Enemy
6. The Only Thing
7. Reason
8. Through The Blade
9. Early Grave
10. A.K.A.
11. Down To Me

DURATA: 48:19



Tornano i Deville e si portano dietro un po' di atmosfera desertico/ californiana, dopo aver pubblicato nel 2007 il debut "Come Heavy Sleep" un disco ancora troppo statico e non troppo incisivo, con il nuovo nato in casa degli svedesi alzano nettamente il tiro.
"Hail The Black Sky" è molto più compatto, decisamente maturo e mostra un songwriting snello e accattivante.
E' impossibile negare che il sound dei ragazzi prenda da gente come Q.O.T.S.A. e Goatsnake visto che di affinità se ne riscontrano, in parte è una cosa positiva visto che tali influenze vengono sfruttate a dovere.
La band dimostra di aver trovato una strada percorribile, le sfumature più pesanti vengono contorniate e rese ancor più piacevoli dai tratti psichedelici che spesso s'intrecciano cosa che diventa evidente già dalla seconda traccia "On The Throne".
La titletrack "Hail The Black Sky" è una delle hit, a metà fra una canzone puramente rock e lo stoner, in essa risiede una delle migliori prove vocali, "My Enemy" si pone aggressiva, possiede un riffing ben orchestrato e violento dedito quasi a una marcia, "Reason" scanzonata e Hommiana sarebbe perfetta come singolo apripista in radio al contrario di "Early Grave" pesante, greve dalle ridondanze sabbathiane lasciando che sia la cantilenante "Down To Me" a chiudere il platter.
Di passi in avanti ne sono stati fatti, certo la derivatività alle volte sfrontata potrebbe palesarsi come difetto ma perchè no potrebbe anche essere la giusta base su cui costruire un suono proprio provando a distaccarsi del tutto e cercando di imprimere un'impronta forte e personale.
La prestazione dei singoli è più che buona, dal cantato alle basi, ordine ed esecuzione rispecchiano l'anima stoner che vive all'interno della band.
"Hail The Black Sky" è un disco godibile, la compagnia giusta in un pomeriggio assolato accompagnato magari da una birra ghiacciata.

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ALVHEIM - I Et Fjort Fortid




Informazioni
Gruppo: Alvheim
Anno: 2009
Etichetta: Gardarika Musikk
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Stormens Sang
2. Til Valhallen
3. Det Onde Riket
4. I Et Fjort Fortid
5. Graven Takeheimens Saler

DURATA: 23:31



Gli Alvheim sono la creatura del russo Alvar autore unico di testi e musica per questo progetto, nascono come Viking Black act ma la sua proposta sembra essere concentrata più su uno stile prettamente old legato alle lande norvegesi.
Proprio da lì prende spunto e credo compositivo, citando una frase estratta dal booklet inserito nel package: "Inspirato dal freddo old school black metal norvegese, sfortunatamente rimasto in vita per pochi ma i suoi sostenitori ci sono sempre stati e continueranno a esserci" essa evidenzia l'enorme passione che è riposta nella storia del genere.
Il nome stesso Alvheim deriva dalla mitologia nordica e indica il regno degli Elfi, così come l'idioma usato nelle liriche è proprio il norvegese, scelta magari discutibile ma che nei brani realizzati calza a pennello.
Sì perchè i quattro episodi di natura primordiale sono impostati su di un riffato semplice e grezzo che riporta alla mente i Darkthrone a cui verrà reso omaggio con "Graven Takeheimens Saler" e i Manes più classici dove la tempistica e le movenze erano spesso quadrate.
Notevoli nella loro estrema facilità d'ascolto "Stormens Sang" e "Til Valhallen", la prima per la forte carica atmosferica, la seconda per la chitarra gelida e il blastato potente, così come risulta piacevole la titletrack "I Et Fjort Fortid" acustico folk che scemando darà il là alla cover della band di Fenriz e Nocturno Culto.
I brevi effetti e qualche apertura evocativa non fanno di certo più o meno Viking questo lavoro che è a mio parere prettamente black e di buona fattura, consigliato soprattutto a chi ha ancora voglia d'ascoltare album legati alle sonorità degli anni d'oro.

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FAUST - From Glory To Infinity




Informazioni
Gruppo: Faust
Anno: 2009
Etichetta: Stygian Crypt
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Purple Children
2. Wet Veils
3. Sentimental Worship
4. Golden Wine Countess
5. Servants of Morality
6. Carnal Beatitude
7. Pig God Dog
8. Holy Hole
9. A Religion-free World's Dream

DURATA: 40:25



La creatura del chitarrista nostrano Aleister prende finalmente quota, attiva sin dal 1992 aveva sinora prodotto realmente poco, appena un demo omonimo "Faust" nel 1993 e un ep "...And Finally Faust" nel 2001.
Dopo le varie esperienze personali che l'hanno portato a suonare con act conosciuti quali gli Ancient e militare in altri che si sono conquistati una buona visibilità nel panorama nazionale come i Vidharr o i Bastard Saints è ripartito da dove aveva lasciato.
Nell'intraprendere quest'avventura si è accompagnato con musicisti di prima scelta, l'avere a propria disposizione Luca Pinciotta (Doro/Blaze/Clayrvoiants), Darek "Daray" Brzozowski (Dimmu Borgir (Live)/Vesania e non ultimi ì Masachist nuova formazione in cui risiede uno degli ex founder dei Decapited il singer Sauron) come session è sintomo di volere fare le cose per bene, l'avvalersi poi di un chitarrista capace come Ghiulz ex dei Profanatum e pescare il cosidetto jolly che non t'aspetti nell'ingaggiare ufficialmente uno dei bassisti migliori della scena metal generale, quello Steve Di Giorgio che tanto c'ha fatto sognare in release del passato del calibroo di "Human" e "Individual Thought Patterns" dei Death o "Illusions:(Chemical Exposures)" della band origine Sadus ,non può che esser come la ciliegina sulla torta.
I quaranta minuti di Death Metal offerti da "From To Glory To Infinity" equivalgono a manna dal cielo, una prova che ricalca in pieno lo stile floridiano nelle parti più brutali riuscendo a concedersi spazi per sviluppi tecnici dove la presenza di Cynic e Atheist aleggia senza mai diventare un peso.
Si troveranno quindi episodi puntanti decisi e diretti alla metà come "Purple Children" e "Wet Veils" aventi come contrappeso la ricercatezza e lo sfoggio strumentale esposto in "Sentimental Worship" e "Servants Of Morality.
Le influenze marcatamente heavy che s'intersecano all'interno di un'anima strutturale profondamente radicata nel death di prima ondata non sono mai tedianti o fine a se stesse, soprattutto il lato solistico alquanto personale e motivato in ogni sua nota seduce e convince.
Caratteristiche appena descritte che appieno vengono esaltate da "Carnal Beatitude", perfetta esplicatrice delle due correnti che attraversano prepotenti le orecchie di chi s'applica all'ascolto.
Lo strumentale "Pig God Dog" veloce tritatutto dal gusto neoclassico e i due episodi conclusivi "Holy Hole" e "A Religion-Free World's Dream" non fanno altro che confermare quanto di buono ascoltato in precedenza dando la possibilità di sfogo (come se ce ne fosse bisogno) e sfoggio dell'immensa abilità di Steve al basso.
Poco da dire in definitiva su una prestazione a livello compositivo/esecutiva che rasenta la perfezione e su di una produzione pulita e curata nel minimo particolare che ben si presta all'esibizione fornita da Aleister e soci.
L'unico rammarico rimane nel vedere le nostre label che nicchiano incapaci di dare supporto agli artisti della nostra penisola che fanno altrettanto bene a evitarle poggiandosi su quelle come la Stygian Crypt (per la distribuzione europea) e la Paragon (per quella oltreoceanica) che forniscono delle garanzie.
Amanti del death non lasciatevi sfuggire "From Glory To Infinity", infilatelo nella vostra lista della spesa è cosa giusta possederlo fra i vostri averi.

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DEMORIAN - Back To The Glorious Past





Informazioni
Gruppo: Demorian
Anno: 2009
Etichetta: Salute Records/Arzemodoth Rec.
Autore: Mourning

Tracklist:
1. The Rising
2. Emily
3. Away From God
4. Blood On Celtic Soil
5. Ancient Times
6. Only Death Prevail
7. Wintercold
8. Back To Odins Land
9. Hate My God
10. One With The World
11. Home Of The Brave
12. Outro
13. Celtic Shores (Bonus Track)

DURATA: 33:00



Nascono come Curse nel duemilauno e dopo aver autoprodotto un solo disco "Winter Cold" cambiano monicker in Demorian, il nome dirà poco ai più anche se dietro questo si celano artisti attivi ormai da un ventennio nella scena underground nazionale.
Satanic Tony è infatti il mastermind del project Affliction (Doom/Death) che fra il finire degli anni ottanta e l' inizio dei novanta aveva rilasciato due buone demo per poi svanire.
Così come altre due formazioni che col suo compagno d'avventura anche nei Demorian Alltears avevano dato spunti niente male come i Corpestor (Grindcore/Death) e i Tragic Serenades (Doom).
Niente a che vedere ha però il sound seguito da quest'act che si rivolge a lidi viking/pagan, riallacciandosi in maniera evidente alle varie realtà già note sulle scena e facendo intravedere solo in parte una propensione a una ricerca personale che ha decisamente strada da fare.
I dodici brani che compongono la tracklist di "Back To The Glorious Past" sono gradevoli, si lasciano ascoltare piacevolmente, possiedono delle costruzione di base di per sè curate e che fanno presagire a delle migliorie future già in studio da parte del duo.
Non c'è un episodio che spicchi sull'altro, il platter è omogeneo nel suo progredire senza però annoiare o avere insiti dei veri e propri filler.
Certo è che il drumming spesso statico stride con le possibilità che una musica talvolta fiera altre più decantante e rilassata al suo interno possiede.
La drum machine impostata linearmente e dal suono un po' piatto non dona quello spessore che i brani meritano, un batterista in carne ed ossa sicuramente sarebbe loro di supporto anche se coi tempi che corrono è spesso scelta accorta e saggia affidarsi alle proprie forze e non sperare troppo in terzi (vedasi le molte formazioni che oramai fanno uso costante di pattern di batteria programmati).
I Demorian ci regalano un album senza infamia nè lode che verrà di sicuro apprezzato dagli amanti del genere per il suo candore compositivo e la naturalezza con cui arriva all'ascoltatore, Tony e Alltears hanno dal canto loro l'esperienza e la conoscenza per togliersi soddisfazioni, il punto di partenza è quello giusto vediamo il futuro cosa ci riserverà.

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WE, THE UNDERSIGNED - Bleed The Constants




Informazioni
Gruppo:We, The Undersigned
Anno:2009
Etichetta:Diminished Fifth
Autore:Mourning

Tracklist:1.Iddqd
2.Pangae Mind
3.Burning Bodies (In The Distance)
4.Flight Of The Teratorns
5.Tonight I Dine On Turtle Soup
6.The Escathon
7.Bleed The Constants
8.Samadhi
9.Making A Break For The Ocean
10.Strassman's Child

Giovane realtà canadese che mischia la tendenza hardcore rock con passaggi melodici e orecchiabili da party band, la Diminished nel presentarli fornisce come termine di paragone per il loro stile band come gli Every Time I Die e Protest The Hero, due formazioni ormai consolidate da cui i We, The Undersigned in effetti hanno preso non poco.
Decisamente varia la risultante creativa proposta, c'è dentro un po' di tutto dal mathcore a passaggi punk a richiami classicamente più rock, i ragazzi lasciano intravedere un'anima dimostrando di non essere un puro clone dei già citati gruppi ma subendone sin troppo l'influsso.
"Bleed The Constants" loro album di debutto prende il via con la sanguigna "Iddqd" che riesce a mescolare la matrice math con un riffing groovy e punta su una vocalità che si divide fra il gracchiante e il richiamo Alice In Chains.
Diversa e nettamente più punk nell'animo la successiva "Pangae Mind", sferzata adrenalinica che percorrerà un po' tutto il disco rendendolo energico e divertente allo stesso tempo.
La forza insita nel platter è la buona costruzione dei pezzi, i continui cambi di riff e stile che spesso repentini potrebbero anche disorientare chi non è abituato a tale stile, il problema reale di brani come "Flight Of Teratons", "Bleed The Constants" o "Samadhi" non è la mancanza di qualità quanto quella di personalità ancora definita che alle volte purtroppo non indirizza la scelta verso giuste soluzioni.
Tirando le somme abbiamo un lavoro suonato molto bene, con sprazzi di lucidità compositiva, i We, The Undersigned possiedono sia le potenzialità, sia le capacità tecniche per una maturazione che con una evoluzione della componente caratteriale potrebbe renderli una band importante, da seguire in futuro, si attendono sviluppi.

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SOLSTICE - To Dust




Informazioni
Gruppo: Solstice
Anno: 2009
Etichetta: CXMedia
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Black
2. To Dust
3. Honest Human Emotion
4. Conclusion Disillusion
5. Sovereignty
6. Swarm
7. Moment Of Clarity
8. Passionless
9. Extremes (Cynic cover)
10. Impressive Technology
11. The Whisper

DURATA: 41:47



Sono passati ben quattordici anni da quando i Solstice americani ci deliziarono con il loro secondo album "Pray", rieccoli adesso tornare in pista in una stagione segnata da rientri clamorosi come quelli di Asphyx e Pestilece.
Sì il duemilanove ci ha ridonato alcune delle realtà che avevano contribuito a rendere grande il death nel periodo d'oro e i ragazzi di Miami pur essendo rimasti molto più underground delle altre band citate c'avevano lasciato con dei bei ricordi.
Il nuovo nato "To Dust" riprende il discorso interrotto nel novantacinque e ci allieta con la sua veemenza classica del death thrash made in Bay Area.
Già dall'opener "Black" fortemente incline al Malevolent Creation Style ci si rende conto che il tempo passa ma che la classe non è acqua per fortuna, chi è nato per suonare un certo genere non lo dimentica mai.
Il remind a un certo "Retribution" non è casuale ricordando che fra i membri che han partecipato al primo omonimo "Solstice" vi era (chitarra e interprete delle liriche) il sig. Rob Barrett, ascia proprio nel mastodontico capolavoro della formazione di Phil Fasciana.
L'evoluzione del sound ha però innestato linfa vitale nuova, ha portato a soluzioni che sembrano evocare alcune delle varianti ultime dei Suffocation, questo fa sì che la risultante sia più massiccia e compatta.
Tecnica che si è sviluppata ed ha creato delle composizioni sì veloci e d'impatto ma che vantano dissonanze e riff di valore per impostazione e sequenza, ve ne renderete conto ascoltando "Conclusion Disillusion" per certi versi cantilenante e con probabilmente il migliore dei solos eseguiti.
Altre rappresentanti della direzione musicale dei Solstice sono "Swarm" tre minuti e ventisei secondi incessantemente spaccaossa e "Moment Of Clarity" che nelle parti cadenzate risulta essere la più incisiva, non contando le sfuriate brevi ma devastanti che la frastagliano.
Non contenti del buon lavoro svolto riportano in auge uno dei brani dei Cynic magari meno conosciuti perchè inserito nelle Demo e decisamente non seguace dello stile ultimo che diede vita a "Focus", parlo di "Extremes" contenuto in "Reflections Of A Dying World" del millenovecentottantanove quando ancora la band di Masvidal & Co era dedita a sonorità più "cattive" e meno prolisse, la riproposizione dei Solstice non sfigura dinanzi l'originale, al contrario ridà vita a questo gioiellino a troppi sconosciuto.
Tracce dei Suffocation spuntano evidenti in "Impressive Technology" prima che l'ultimo assalto "The Whisper" concluda l'operato del quartetto.
Cosa c'hanno dato in termini pratici i Solstice? Un bel macigno, un disco suonato con le palle, un riffing ispirato, ben eseguito dalle asce Dennis Munoz/ Christian Rudes che non si risparmiano in fase solistica, Christian che si cimenta anche dietro al microfono offrendo una più che valida prestazione producendo un growl graffiato perfettamente allineato alla musica.
La prova di livello espressa per intensità e supporto con basi dinamiche (quanto basta) e spesse create da Garrett Scott/Brian Harris rispettivamente basso e batteria è una delle chiavi semplici ma efficaci che rendono il lavoro scorrevole e piacevole così come la produzione, un pelo più pulita rispetto agli standard classici dello stile, non è una pecca ma forse un po' meno netta e intagliata avrebbe dato una maggiore imponenza alle tracce.
"To Dust" è un platter di tutto rispetto, chi ha amato e ama il death metal quello "vero" non può e non deve lasciarselo scappare.

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MEHIDA - The Eminent Storm




Informazioni
Gruppo: Mehida
Anno: 2009
Etichetta: Bullroser
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Wrath Of Flesh Fellowship
2. Masquerade
3. Until The Day Breaks
4. Land Of Oblivion
5. Dream Giver
6. Draw Near To My Soul
7. Abandoned
8. A Block Of Wood
9. Where Could I Flee
10. Urban Scream
11. Celestial Tears

DURATA: 49:00



I Mehida dopo il discreto "Blood & Water" provano ripercorrendo le medesime soluzioni (seppur più elaborate e definite) a regalarci un ascolto gradevole con il secondo album "The Eminent Storm".
La formazione finnica composta da artisti conosciuti nella scena per precorsi in band di valore quali Therion, Candlemass, Sins Of Omission e
Sonata Arctica non pecca sicuramente d'inesperienza o mancanza di qualità tecniche, fatto sta che "The Eminent Storm" è sì degno successore
del loro debut e punta anche leggermente più in alto ma vive di luci e ombre.
Le undici canzoni che formano la tracklist si esprimono tramite un melodic metal dal tratto progressivo che se per certi versi ha guadagnato in personalità e sviluppo proprio della stesura compositiva che ne rende maggiormente accattivante l'andare, al tempo stesso non brilla ancora per innovazione e pecca di scelte forse azzardate.
Se alle volte si cade nel già sentito (ma fatto come si deve non dispiace), in altre il complicarsi la vita con un riffing più elaborato o un inserto posto a creare più pathos che invece distoglie l'attenzione, sono scelte che tendono a far un po' perdere il filo dell'ascolto.
E' comunque una creatura che con il suo piglio catchy è piacevole, per quanto nessuno dei brani sovrasti l'altro o abbia quel quid in più tanto da poterlo definire "canzone regina", vi sono degli spunti notevoli in episodi come "Wrath Of Flesh FellowShip", "Dream Giver", "A Block Of Wood" e "Where Could I Flee" da cui si nota che il passo avanti nella giusta direzione è stato fatto.
I brani si fregiano della prestazione impeccabile di Thomas Vikström dietro il microfono e di un'accoppiata Jani Stefanovic/Mikko Härkin chitarra il primo, tastiere il secondo, ispirata ma che dovrebbe essere meno celebrativa e provare a osare di più. Il lavoro di base di Jarno Raitio al basso e Markus Niemispelto si limita spesso al mite accompagnamento, in questo caso una dinamicità maggiore avrebbe reso più espressiva la loro prova fornendo quella spinta che in certi frangenti risulta assente.
"The Eminent Storm" è un onesto disco, suonato con passione e metodo ma che tiene purtroppo le ali dei Mehida in attesa di spiccare quel volo che meriterebbero, un'occasione che spero non si lascino ancora scappare.

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SOBER TRUTH - Outta Hell


Informazioni
Gruppo: Sober Truth
Anno: 2009
Etichetta: TaktArt Records
Autore: Mourning

Tracklist:
1.Introduction Part III
2.Outta Hell
3.My Life
4.Future Lies
5.Introdution Part IV
6.Soulless (Burning Flavour Mix)
7.Leave Me Alone
8.I Believe
9.One By One (Fall For One Remix)
10.Liar
11.Taste (New Taste Mix)
12.Victim (One Hit Burning Mix)
13.Introduction Part V
14.Taste Featuring Kim Petras
15.Sober Truth Hymn

Durata: 57:02



Creatura strana i Sober Truth, mi erano sconosciuti sino a quando non ho avuto modo d'ascoltare questo loro secondo lavoro da poco uscito intitolato "Outta Hell".
La formazione tedesca propone uno strano groove/nu metal dal sound molto moderno tendente a colpire e incentrarsi su una fetta di pubblico che sia in primis di mentalità aperta.
Per quanto le composizioni siano non complesse o particolareggiate riescono comunque a offrire un ascolto degno usando come armi essenziali quelle del piglio e della spontaneità.
Sia la struttura dei riff che le linee vocali riportano alla mente realtà quali Disturbed o Drowning Pool (nell'ambito del cosidetto metal non metal sono sicuramente fra le più valide), l'album è estremamente catchy nel suo svolgersi con una vena thrash'n'roll apprezzabile.
Brani come "My Life", "Future Lies", "Liar", "I Believe" (che nel chorus sembra ammiccare a sonorità dark) trovano collocazione in quello stile in cui sono essenziali doti come: pulizia del sound elevata, un singer carismatico e delle basi lineari ma rocciose.
Snocciolando la tracklist salta all'occhio come alcune tracce siano in versione mix alternativa all'originale, queste in effetti apparivano già nel disco d'esordio "Riven" (compresa "Taste" che venne inserita come bonus in esso).
Rispetto alle primordi forme "Soulless" come "Victim" risultano più pimpanti e sonoramente accessibili, il lavoro fatto ha reso loro giustizia certo però che la nuova "Taste" con la giovane cantante pop Kim Petras è straziante.
A dare qualche spunto in più qualche solo ben innestato e una prova vocale non perfetta ma che almeno delinea una varietà d'esecuzione non standardizzando dei pezzi che purtroppo (difetto dello stile) lo sono spesso di natura.
Degna di nota la produzione limpida che offre all'ascoltatore la possibilità di godere appieno degli strumenti, il basso ha un ruolo fondamentale in questo tipo di suono e a quanto pare i Sober Truth per fortuna lo sanno.
"Outta Of Hell" è un album di facile fruibilità, molto diretto che non ha pretese importanti se non quella di far passare a chi lo mette su un'ora rilassata in compagnia di musica che valga la pena d'esser ascoltata.

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EON PROJECT - Tubolar Void


Informazioni
Gruppo: EON Project
Anno: 2007
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Akh.

Tracklist
1. Towards Nothingness (Introduction)
2. Hollow Life Came After Season Of Love
3. Forever Lost In A Tubular Void
4. In Procinto Di Cadere (Un-Electric Version)
5. A Sad Walk In The Woods, Away From The Hate And The World
6. Aeolian
7. Slaves...

DURATA: 56:12

Torna il progetto E.O.N., Urizen gia' bassista dei Sytry in questa maniera da sfogo al suo istinto musicale che lo conduce a questo secondo demo.
E' dichiarata dall'interessato una vicinanza ai Velvet Cacoon, anche se almeno personalmente non sono riuscito a ritrovarveli, ne' come evanescenza, ne' come spiritualita' musicale.
A prescindere da questo, vi imbatterete in un lavoro molto freddo nelle sue parti piu' aggressive, complice sicuramente la drums machine dai suoni assolutamente sintetici e il taglio delle chitarre molto affilato; come dimostrera' "Hollow Life Came After Season Of Love", mentre il lato piu' "sperimentale" è meno marcato e si ritrova in brevi arpeggi e alcune soluzioni disarmoniche, che non sempre si inglobano magistralmente con la parte piu' oscura e BM della proposta (l'esempio di "Forever Lost In A Tubular Void "), comunque nel contesto si possono ritrovare anche eccezioni come in "In Procinto Di Cadere (Un-Electric Version)" lento arpeggio dai tratti semplici ma ipnotici che cerca di addormentare l'ardore precedentemente ascoltato con un sentimento lieve e quasi mantrico.
Chissa' se volutamente dopo questo pezzo i ritmi calano, come a voler significare un rilassamento o uno scoramento che per certi versi si trasmette nella musica divenendo piu' triste e melanconica in fatto di riffing, le chitarre utilizzeranno armonie piu' distese molto debitrici a certo riffing scandinavo norvegese, ma comunque efficace e che si fa ben volere.
In "Sad Walk..." (un plauso in questo caso va alle vocals che riescono a essere selvagge e primordiali) e "Aeolian" si percepisce una volonta' di distacco, che pero' per certi versi pare ingrigire la proposta, rendendola solitaria e sconsolata nonostante permanga la carica rabbiosa, ma che non riesce piu' a sfogarsi all'esterno, sentimenti che si immettono in "Slaves..." brano Dark Ambient molto soffuso e dilatato in cui il titolo del pezzo viene ben rappresentato e dove il nostro Urizen sembra affogare il proprio Spirito.

Un buon demo, ben prodotto senza sbavature e dalla doppia anima (ferale e malinconica), su cui E.O.N. pone le basi per i prossimi lavori, che se diretti in maniera piu' precisa potranno far cogliere molte soddisfazioni all'autore e a chi lo segue.

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ROTTEN SOUND - Cycles


Informazioni
Gruppo: Rotten Sound
Anno: 2008
Etichetta: Spinefarm
Autore: Advent

Tracklist
1. The Effects
2. Praise The Lord
3. Blind
4. Units
5. Corponation
6. Colonies
7. Poor
8. Days To Kill
9. Deceit
10. Caste System
11. Alternews
12. Simplicity
13. Enigma
14. Decimate
15. Victims
16. Sold Out
17. Feet First
18. Trust

DURATA: 33:57

Preparatevi, prima di accendere la miccia, perchè la detonazione sarà potente.
Rotten Sound, "Suono Marcio" proveniente dalla Finlandia ad opera di giovani conosciuti per la loro ferocia sul palco.
Sono molti gli aggettivi che si possono attribuire alla band: devastanti, caotici, battaglieri.
Sono sporchi e marcati i riff che alimentano un fuoco esploso dopo soli cinquanta secondi della prima canzone "The Effects", cominciando a seminare devastazione già dai primi minuti del loro ultimo lavoro.
"Cycles" è un duro pezzo di artiglieria che spara alle gambe e alla testa del capitalismo industriale di tutte le nazioni del mondo, è un album che non può non fare politica con pallottole come "Praise The Lord", "Caste System" e "Poor".
Grindcore associato a riff possenti che avvicinano il loro stile al death con il marcio tirato fuori da "Blind" ma anche al black metal (guardate il lavoro svolto con gli ...And Oceans ora Havoc Unit, tutti, a parte Keijo Niinimaa, militano anche in questa formazione).
Uno schiaffo black può essere "Corponation", titolo che fa ben pensare a delle critiche sociali che non esprimono certo una ribellione puerile e ignorante alla società odierna: i Rotten Sound sono una band profondamente consapevole di quello che dice ed esprime con la propria musica.
"Colonies" parte con il bello e mai vecchio tupatupa death (si parla della batteria!) per annichilare tutta la società parlando della vera Terza Guerra Mondiale: « Non sarà un inverno nucleare, ma una lotta per la sopravvivenza dentro il mondo » a causa di crisi economiche e riscaldamento globale, mentre il mondo avrà esaurito tutte le proprie risorse.
Qua il sadismo di una band cattiva con l'uomo sfocia nella frase "Prophecies of doom will finally come true".
Ogni canzone implode di death/grind, tutti i pezzi presenti sono siluri di rabbia che stare qui a descrivere canzone per canzone sarebbe solo riduttivo. Dopo mazzate in faccia
come "Alternews" e "Simplicity" frustate dolorose ai nostri timpani, l'apice del song-writing è raggiunto da "Trust", evocativa e relativamente lenta traccia di denigrazione della razza umana, un severissimo rimprovero ma anche un incitamento al prendere coscienza di quello che ci succede attorno, ad aprire gli occhi.

Cercate la solita musica? I soliti testi?
Se la risposta è « NO, io voglio estremizzare il mio odio e la musica che amo » fate di questo "Cycles" la vostra Bibbia.
Citazione della settimana: "Poverty was invented to make smart people simple. The poor class is sustained to make right people wrong. There's no way to educate that unselected mind; the classified brain is destined to be untalented. No way to educate the useless brain, people from below shall breed into a class that stays low."

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VISION DIVINE - Stream Of Consciousness


Informazioni
Gruppo: Vision Divine
Anno: 2004
Etichetta: Scarlet Records
Autore: M1

Tracklist
1. Chapter I: Stream Of Unconsciousness
2. Chapter II: Secret Of Life
3. Chapter III: Colours Of My World
4. Chapter IV: In The Light
5. Chapter V: The Fallen Feather
6. Chapter VI: La Vita Fugge
7. Chapter VII: Versions Of The Same
8. Chapter VIII: Through The Eyes Of God
9. Chapter IX: Shades
10. Chapter X: We Are, We Are Not
11. Chapter XI: Fool's Garden
12. Chapter XII: The Fall Of Reason
13. Chapter XIII: Out Of The Maze
14. Chapter XIV: Identities...

DURATA: 61:40

Bazzicando il mondo della critica musicale è possibile imbattersi spesso in luoghi comuni del tipo: "il terzo album di un gruppo è sempre un punto di svolta (in positivo e in negativo)". Bene, parlando dei Vision Divine e di "Stream Of Consciousness" in particolare questa frase fatta trova finalmente riscontro! Uscito nel 2004 per Scarlet Records il disco in questione rappresenta infatti il trampolino di lancio per la power metal band tricolore sia a livello qualitativo che di successo "commerciale".
Il merito di questo va attribuito al terzetto composto dal chitarrista nonchè leader Olaf Thorsen (ex Labyrinth), dal talentuoso tastierista Oleg Smirnoff (al lavoro anche coi Death SS) e dalla sorpresa Michele Luppi, voce praticamente sconosciuta in campo metal prima di questo exploit. Il gruppo propone un power metal dalla preponderante vena melodica utilizzata per enfatizzare il lato emozionale della proposta in parallelo agli eventi narrati nel concept, ogni singola traccia infatti è unita alla successiva e altro non è che un singolo capitolo della storia. I pezzi sono sempre dinamici grazie alla presenza di una certa vena prog ma sono al tempo stesso assimilabili facilmente, anche quando la durata diviene corposa come accade in "Colours Of My World", per merito di linee vocali coinvolgenti e arrangiamenti messi al servizio della forma canzone e mai al mero esercizio di stile. Fra tutti spiccano sicuramente "The Secret Of Life" e "La Vita Fugge", impreziosito dalla presenza nel testo del celebre sonetto CCLXXII di Francesco Petrarca.
Michele Luppi si destreggia perfettamente sulle tonalità più acute senza voler strafare ma tocca il proprio apice nei momenti più "caldi" ed emozionanti, di stampo hard rock, riuscendo a reggere alla grande la scena anche in proprio come testimonia la prima parte di "Identities" strutturata sottoforma di ballata pianoforte più voce. In un contesto del genere non mancano poi momenti più tradizionalmente power, fatti di doppia cassa lanciatissima, intrecci e "duelli" fra chitarra e tastiera sino a richiami palesi al neoclassico ("Shades"). Oleg Smirnoff però non si limita al citazionismo verso Stratovarius e simili, tanto è vero che sono frequenti le incursioni di sonorità elettroniche talvolta solo abbozzate, altre pienamente espresse ("The Fall Or Reason"). L'ora in compagnia dei Vision Divine scorre dunque senza nemmeno rendersene conto, rapiti dalle vicende del protagonista della storia e dalla splendida musica offerta dal gruppo.
"Stream Of Consciousness" è stato quindi un colpaccio per Olaf Thorsen e soci che li ha proiettati fra i grandi nomi del panorama power/prog, sino a permettere il rientro in formazione di Fabio Lione per la registrazione nel 2009 di "9 Degrees West To The Moon", possedendo tutti i crismi per piacere ad una vasta gamma di ascoltatori, compreso il sottoscritto.

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RIDE FOR REVENGE - Wisdom Of The Few


Informazioni
Gruppo: Ride For Revenge
Anno: 2009
Etichetta: Bestial Burst
Autore: ticino1

Tracklist
1. Ghostship
2. Wisdom Of The Few
3. No Saviour No Return
4. Dungeons Of The Original Sin
5. Dedicated To Destruction
6. The Key Of Knowledge
7. Passages for Greater Self
8. Morning Won't Bring a Twinkling Star
9. Justification/The Circle Remains Closed

DURATA: 44:11

Ride For Revenge? Finlandia? Black Metal? Le mie pretese sono improvvisamente elevate. La Finlandia è un paese con pochi abitanti. Cito Wikipedia: 5.326.314 (31 dicembre 2008). Se si pensa a quanti gruppi e progetti ci raggiungono dal paese delle renne e dei fiordi, viene da pensare che la maggior parte degli abitanti partecipino non solo a un progetto, ma piuttosto a parecchi progetti contemporaneamente.

Con mani tremanti apro il pacchettino contenente il CD. La copertina è minimalista, mistica e priva delle simbologie tipiche del genere. Il libretto si limita a offrire la possibilità di leggere i testi dei pezzi, senza informare il lettore sul progetto. Dopo avere inserito il disco nel lettore, sono investito da una cacofonia provocata giocando con le corde e diversi bottoni della chitarra. Resto perplesso fino al momento in cui mi rendo conto che si tratta solo del preludio. La prima impressione risveglia ricordi di gruppi come Beherit o Archgoat. L’unica cosa che manca è la velocità dei gruppi citati. Alcuni definirebbero la musica dei “Ride For Revenge” come “Ritual Black Metal”. I pezzi sono relativamente monotoni, minimalisti, lenti e ipnotici. Gli inserti sperimentali sono ben piazzati e non snervano l’ascoltatore interessato. Secondo me l’essenza del progetto si trova ascoltando la quarta canzone intitolata “Dungeons Of The Original Sin”, in cui sono riuniti tutti gli elementi che formano il fascino dei pezzi.

Il disco non è adatto per te metallaro convinto che Marduk, Mayhem e Darkthrone rappresentino il male. “Wisdom Of The Few” è dedicato all’ascoltatore (di black e non) che cerca il limite e che è aperto per musica meno appetibile e più sperimentale. Qui il commercio che è diventato il “black metal moderno” non trova posto.

Dal canto mio non mi pento dell’acquisto.

Gli amanti del vinile prendano nota che la “Northern Heritage” dovrebbe pubblicare quest’anno la versione adatta al vostro gusto.

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OBSCURE INFINITY - Into The Depths Of Infinity


nformazioni
Gruppo: Obscure Infinity
Anno: 2008
Etichetta: Self-Released
Autore: Leonard Z

Tracklist
1 Intro- ...And Only Past Remains
2 Tomb Of Mortality
3 Maniac Destroyer
4 Into The Depth Of Infinity
5 Outro- Far Beyond The Stars

DURATA: 19:37

Gruppo di giovane formazione, gli Obscure Infinity sono una band tedesca che si affaccia al mondo del metal con questo demo cd-r composto da cinque tracce: tre canzoni, un'intro e un'outro. I ragazzi sembrano essere cresciuti a pane e death metal americano, infatti il risultato sembra proprio figlio del death metal floridiano dei primi '90. La band sa il fatto suo per quanto riguarda la tecnica, soprattutto negli ottimi assoli che riescono a miscelare il giusto livello di melodia e cattiveria. Il punto dolente del demo è che, sebbene gli Obscure Infinity abbiano le carte in regola, sembrano ancora incerti sulla strada da percorrere. Il primo pezzo “Tomb Of Mortality” è stilisticamente più diretto dei seguenti “Maniac Destroyer” e “Into The Depths Of Infinity”. Questi due brani, per impostazione, sound e scelte armoniche, sembrano strappati da album quali “Screams Of Anguish” e “When The Sky Turns Black” dei floridiani Brutality. In definitiva, questo demo ci propone una band dal buon bagaglio tecnico e dalle ottime prospettive. Se i nostri riusciranno a trovare una strada univoca e personale ci possiamo aspettare un seguito bomba! Spero che i ragazzi sfornino altri pezzi come “Maniac Destroyer”! Un consiglio: il packaging è ottimo, ma meglio evitare scritte rosse su grigio chiaro... ne risente la leggibilità.

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IXPAPALOTL - That Of The Swamp


Informazioni
Gruppo: Ixpapalotl
Anno: 2009
Etichetta: Goat Records
Autore: Advent

Tracklist
1. Conversing Within
2. Saave Lonam Estimitie
3. That Of The Swamp

DURATA 10:55

Ixpapalotl! Provatelo a dire, dai! Ixpapalot, un nome divertente per una band che mostra la sua cattiveria con un allegro sfoggio di brutal death metal con pochissime tinte grindcore per niente male.
Dall'EP "That Of The Swamp" sbuca fuori da una caverna uno scheletro dal teschio ghignante, sicuramente malefica la creatura Azteca alla quale si ispirano: una sorta di dio-guerriero scheletrico, un mostro ridotto all'osso insomma!
"Conversing Within" da inizio alla sfilata, traccia di stampo prettamente brutal, devota alla magistrale scuola dei Cannibal Corpse, parti veloci alla Dying Fetus e rallentamenti brevi ma goderecci.
Una fattura buona alla quale segue "Saave Lonam Estimitie", voce che mantiene il ritmo delle chitarre, riff e patterns che si imprimono su una struttura per niente nuova ma rielaborata originalmente quel che basta (ed anche più) per un piacevole ascolto, le schitarrate vengono eseguite certosinamente con simpatia nelle metà di ciascuna canzone.
La title-track "That Of The Swamp", ultima nella playlist di questo accattivante e gratuito Ep è la traccia più lenta del lavoro, una canzone che cresce e aumenta, concludendo in modo serio il loro onesto gioiellino, mostrando sotto una buona luce le loro doti, certamente da tenere d'occhio.
Di sicuro una band minore, per ora, che potrebbe rivelarsi in futuro una profezia avverata grazie ad una proposta rivolta a tutti con tanta felicità!

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lunedì 18 gennaio 2010

TOWARDS GLOBAL HOLOCAUST




Ci fa oggi compagnia la band dei Toward Global Holocaust, benvenuti, come va? Iniziamo nel presentare la formazione e parlare un po' della vostra storia.


Blaash – E' un po’ complicato, ma per riassumere: RF e io abbiamo iniziato nel 1996 nel tentativo di sommare delle idee nello stile death metal d’assalto basate su certi ideali non-proprio-felici, abbiamo fatto dei progressi e siamo uscito con una tape di prove nel 1997 ma per varie cause ci siamo divisi e siamo finiti in parti diverse del mondo.
Intorno al 2008 siamo stati costretti a riformarci dalla nostra tendenza all’annichilimento e ora stiamo andando avanti, supportati da lavori migliori e dalla crescente amarezza.

RF – Formati nel 1996 a Houston in Texas. Sciolti nel 1997 o circa. Riformati nel 2008 e occupati da allora nel comporre e registrare. Abbiamo fatto progessi negli ultimi anni!

Il vostro è un black/death ben orchestrato, quali sono le formazioni che vi hanno influenzato e quali ritenete valide al giorno d'oggi?

Blaash – Non citerei nessuna singola band che ci abbia influenzato, sono molto limitato come batterista, quindi non sentirai niente di quello che i batteristi dei Behemoth o dei Marduk sanno fare, potrei dire che sono influenzato un po’ dai NIDEN 187, oggi nella scena ci sono un sacco di band eccellenti e non eccellenti; dipende un po’ da cosa cerchi.

RF – Le persone possono capire le nostre influenze dopo un paio di ascolti. I miei album preferiti per ora sono: Toorn “Galgenberg” e Inquisition “Nefarious Dismal Orations”.

Ho avuto il piacere di avere fra le mani e poter parlare del vostro lavoro "Ever Onwards...", un disco molto interessante con spunti validi e che denota personalità, com'è nato? da quale voglia è scatenato il tutto?

Blaash – Grazie per il riscontro positivo.. noi avevamo due canzoni “Issuing Forth” e “Burning The Ashes” rimaste dalle prove dell’epoca 1996-7, RF ha messo tutto insieme a quanto composto nel 2008, infatti lui è il principale omicida all’interno di questo assalto sonoro conosciuto come TGH – lui si interessa delle chitarre, del basso, della struttura delle canzoni e degli effetti, penso che tu voglia dire che abbiamo una certa personalità come band, noi cerchiamo di dare un certo suono ai pezzi.. ad esempio aggiungiamo degli effetti, dei pezzi lenti e melanconici, riff di chitarra thrash metal sputati dall’inferno, e certe volte tritio incontrollato con voci, come vengono fuori? Normalmente RF lavora sulle chitarre, le fa uscire dalla furnace e le passa a me, a quel punto io provo a fare qualcosa con la batteria, vivere 200 km l’uno dall’altro crea un po’ di problemi, ma non così terribili oggigiorno.

RF – Metà del materiale era del periodo 1996-1997 ed è stato sufficienti ri-lavorarlo e terminarlo. Nel 2008 abbiamo fatto altre due canzoni e un outro. Le cose sono andate in ordine cronologico nel modo con cui le abbiamo scritte. E’ un lavoro concettuale e secondo me alla fine è andato come doveva andare. Comunque il suono finale e il modo con cui abbiamo suonato non è stato proprio come ci immaginavamo. Ma penso che ci vada bene. E’ un buon punto di partenza e sento che stiamo migliorando sempre di più.

L'ep è incentrato su una tematica definibile apocalittica, quale visione del futuro avete e quali possibilità abbiamo di dare un cambio di rotta deciso alla strada percorsa sinora?

Blaash – Perché dovremmo evitare l’apocalisse? Penso che sarebbe stupido dire che sto lavorando allo sterminio totale quando tutto quello che faccio è starmene sdraiato a bere birra e suonare male la batteria, non sono nell’ordine di idee di salvare i miei vicini. Infatti le persone intorno a me, uomini e donne, mi annoiano; e ho adottato l’idea irrealistica di sterminare tutti per avere un po’ di pace.

RF – Il punto è che noi non evitiamo di arrivare all’apocalisse, al contrario cerchiamo la distruzione di tutte le forme di vita attraverso il fuoco.

Come nasce un brano dei Toward? Avete dei ruoli ben precisi in ambito di scrittura/composizione di liriche e musica?

Blaash – RF è il compositore. I testi ce li scambiamo, anche se i temi principali vertono sempre su campagne militari con enormi bombe incendiarie e distruzione del mondo da parte di pregiudizi con l’aggiunta di un possibile olocausto nucleare o l’uso di fuoco e suoi derivati.

RF – Ho delle idee per dei riff, oppure il mio collega spara un titolo e io scrivo il testo. Di solito ho un’idea generale e inizio a registrare. Ciò che non torna lo cancello e riparto. La maggior parte della musica la scrivo alle 3-4 di mattina. Quindi ho dei problemi a ricordarmi poi cosa avevo suonato. Quindi ho iniziato a registrare delle tracce base di giri armonici con la chitarra. E poi aggiungiamo elementi alla canzone piano piano. Ognuno scrive i suoi testi e li canta. E’ un processo laborioso, ma non siamo capaci di scrivere e suonare nel modo tradizionale.

Una delle cose che ho apprezzato oltre chiaramente la vostra musica è l'artwork del vostro lavoro molto semplice ma alquanto significativo, quant'è importante per voi che la rappresentazione grafica sia affine a quella sonora?

Blaash – sì, è importante e tentiamo di mantenere tutto semplice. Lo split CDr che abbiamo fatto con i Christ Dismembered è un po’ complicato, e so che RF non è contento del risultato, l’ho fatto io il lay-out e ho tentato di fare del mio meglio con le mie scarse abilità. Il full length (che per noi dovrebbe chiamarsi “Feuersturm”) ha già l’artwork pronto e sono felice di dire che abbiamo seguito il metodo semplice – RF l’ha completato.

RF – Sì, l’artwork “a diritto” ha funzionato. Visto che i Towards Global Holocaust sono un gruppo fatto col cuore, è importante che ogni cosa sia legato a questo modo di fare, molto semplice e diretto. Non sono felice di “Upon Firmaments Of Sacrilege And Genocide”, ma era uno split e non mi piace dover dire agli altri come si devono fare le cose. Se lo faremo uscire di nuovo tenterò di tutto per avere un layout e un artwork migliori. Tutte le future uscite dei Towards Global Holocaust dovranno raggiungere degli standard qualitative indicate dal Ministero della Propaganda dello Stato dell’Olocausto.

Siete già all'opera per creare il full? Potete dare qualche anticipazione? Ci saranno novità?

Blaash – Sì, stiamo lavorando a ”Feuersturm”, sarà sullo stile di “Ever Onwards” con una migliore precisione di esecuzione, anche se non posso garantire per le batterie.

RF – Sì, stiamo registrando “Feuersturm”. Abbiamo sei canzoni fatte e tre da finire. Penso di avere chitarre e batterie pronte per metà gennaio. Dovremmo avere pronto tutto per Febbraio in modo da poter uscire per metà Febbraio o primi di Marzo. Le canzoni suonano come il nostro standard, ma con più precisione nel songwriting e nei suoni.

Cosa c'è nella vostra vita oltre i Towards? Avete altri progetti, band o interessi legati al campo musicale?

Blaash – Io mi interesso alla mutilazione di pelli/batteria per i BAHIMIRON e lavoro alla Wheresmyskin zine.

RF – A parte i TGH, lavoro agli Ever Adrift e ad altri due progetti senza nome. Ho anche un progetto dei vecchi tempi, Eternal Ice Storms, che potrei resuscitare, sempre che mi ricordi come suonare i vecchi pezzi e come si faceva a comporne altri nello stesso stile. Ho anche delle nozioni per scrivere musica da camera e altra strana roba ambient. Quando non lavoro il mio interesse principale è la musica. Nel futuro ho intenzione di riprendere a dipingere e scolpire.

Cos'è l'underground per voi? E a cosa è dovuta tutta questa voglia di rimanervi dentro? Cosa c'è da cambiare in questo mondo del metal che non va?

Blaash – So poco del cosiddetto underground. Se trovo materiale che mi piaccia, sia un demo di 20 copie o il nuovo Gorgorth (senza Gaahl), se mi piace va bene. Altrimenti, no; trovi merda in ogni genere e il metal estremo non fa differenza. A causa d’internet e del modo facile di ottenere informazioni, l’‘underground’ non esiste più nella sua forma originale; non hai più bisogno di scambiare cassette che ci mettono giorni, settimane o mesi a arrivare. Ora scarichi tutti gli UberKult demo che vuoi e avere lo stesso orgoglio del tipo che ha speso anni col tape trading a farsi la collezione di TDK 90 che ora nemmeno può riascoltare perché si sono sciolte a stare al sole per troppo tempo.

RF – Il metal ha bisogno di musicisti che stiano attenti sia a innovare che a mantenere le radici del passato. Non ho una vera opinione della scena underground. Dico che le vere band metal sono underground semplicemente perché non riescono a vendere abbastanza cd per essere conosciute.

Situazione live, i Towards Global Holocaust hanno intenzione di andare on stage o preferiscono evitarli?

Blaash - Sì, ci piacerebbe, ma ci vorrebbero altri due membri come session.

RF – Speriamo di suonare a dei festival nel 2010. Visto che siamo solo in due dobbiamo pensare a come fare. Io sono riluttante a chiamare altri a suonare solo per i live. Ma se non ce la facciamo solo in due dovremo cercare altra gente, almeno altre due persone. Altrimenti alcune canzoni dovranno essere semplificate per essere suonate live in due.

Che rapporto avete con chi vi segue tramite i socialnetwork di cui fate parte come ad esempio Myspace?

Blaash – Non mi piace myspace o i social networks, sembra solo che di questi tempi sia necessario usarlo per farsi vedere.

RF – Abbiamo una pagina myspace ma non ha molta attività. Stiamo costruendo un sito per la nostra etichetta: Scattered to the Winds. Dopo che avremo registrato Feuersturm pagheremo una agenzia di PR per attirare l’attenzione sull’album. Vedo queste cose come un male necessario dei nostri tempi.

Vi ringrazio per il tempo dedicatoci lascio a voi chiudere come meglio credete:

Blaash – Grazie per l’intervista- avanti verso l’olocausto nucleare.

RF – Genocidio in tutto il mondo!

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MORDICUS - Dances From Left




Informazioni
Gruppo: Mordicus
Anno: 1993
Etichetta: Thrash Records
Autore: Mourning

Tracklist:
1. I Bleed To See
2. Blood Under Ice
3. Eternia
4. Cybernetic Summer
5. Unholy Wrath
6. Cosmocrators Of Tartaros
7. Oceans
8. Flames Beneath My Sleep
9. A Thorn In Holy Flesh
10. Christcide

DURATA: 45:47



Salto nel passato per parlare di una delle tante realtà celate dal tempo e dalla dimenticanza: i Mordicus.
Autori di un solo disco nel 1993, "Dance From Left" fu una di quelle produzioni di buon livello ma che in un periodo di splendore assoluto del genere come quegli anni purtroppo passò inosservata.
E' un platter che suona molto svedese nel riffato e che oltre una buona marcia di matrice thrash innesta varianti che vanno dall'apertura melodica al feeling jazzistico.
Dieci brani che vantano un'anima propria, personalità e che per certi versi riconducono all'aura che un altro disco di quell'anno (non raggiungendone le vette) avrebbe trasmesso influenzando il panorama in maniera indelebile, parlo di "Heartwork" dei Carcass.
C'è infatti una sana dose di heavy metal che sprizza nelle note scandite da questo "Dances From Left", un valido esempio è il brano "Eternia" dove si odono nettamente tali richiami.
Non è un disco veloce/sparato, pestato di sicuro, raggiunge il suo potenziale maggiore sviluppando una carica continua che viene intervallata solo da brevi apparizioni acustiche che potrebbero riportare alla mente certe scelte degli Unanimated.
"Cybernetic Summer" è uno dei due strumentali che insieme a "Flames Beneath My Sleep" vengono inseriti a orpello di questa creatura alquanto particolare per l'epoca.
Lo stile così marcatamente distante dalla visione greve e oscura del periodo li metteva in risalto con il rischio poi divenuto realtà dell'esser dimenticati.
C'è da dire però che brani come "Unholy Wrath", "Blood Under Ice", "Oceans" o la conclusiva "Christcide" erano tutt'altro che gentili carezze, solo non facilmente assimilabili e forse avanti di un paio d'anni come visione rispetto agli act contemporanei.
Un album non per tutti, di sicuro chi è legato alla parte più marcia, ruvida e tradizionalista troverà i Mordicus seppure old school sin troppo innovativi; è comunque giusto dedicare un ascolto (anche più) a uno dei tanti lavori di pregio che il passato ci ha regalato.
Se non li conosceste, un'occasione a questi finlandesi datela, è dal passato che costruiamo il futuro senza di esso non esisterebbe il nostro presente non dimenticatelo.

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A.A. V.V. - Nativity In Black (Tributo Ai Black Sabbath)



Informazioni
Gruppo: Artisti Vari
Anno: 1994
Etichetta: Sony Music Entertainment/"Columbia"
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Biohazard – After Forever
2. White Zombie – Children Of The Grave
3. Megadeth – Paranoid
4. 1,000 Homo Dj’s – Supernaut
5. Ozzy Osbourne with Therapy? – Iron Man
6. Corrosion Of Conformity – Lord Of This World
7. Sepultura – Symptom Of The Universe
8. Bullring Brummies – The Wizard
9. Bruce Dickinson with Godspeed – Sabbath Bloody Sabbath
10. Ugly Kid Joe – Nativity In Black
11. Faith No More – War Pigs (live)
12. Type O Negative – Black Sabbath
13. Cathedral - Solitude (Bonus Track inserita esclusivamente nella versione europea).

DURATA: 1:07:33

Non sono avvezzo a parlare di tributi e live album perchè sono sempre state sparute release di tali tipologie a colpirmi tanto da ritenerle essenziali o comunque di valore.
Quando comprai a scatola chiusa il primo capitolo di "Nativity In Black (A Tribute To Black Sabbath)" venni attirato dai nomi che mettevano la loro bravura e dedizione musicale al servizio delle opere composte dai maestri.
Trovare insieme Megadeath, Corrosion Of Conformity, Sepultura e Faith No More mi fece pendere immediatamente per un si d'istinto ma che a distanza d'anni viene confermato dalla qualità effettiva di quest'album.
Le remore iniziali vennero infatti spazzate via dalle riproposizioni personali ed efficienti dei brani storici della band nell'unica "reale" versione esistente per il sottoscritto, quella che vedeva in line up l'accoppiata primorde Ozzy/Iommy.
Scorrendo le dodici tracce del tributo ci s'accorgerà di come l'anima sabbathiana sia stata e sia tutt'ora fondamentale per il movimento rock e metal, iniziando dall'adrenalinica "Children Of The Grave" egregiamente reinterpretata con il piglio fumettistico di Rob Zombie, passando per la mirabolante esecuzione di "Paranoid" ad opera dei migliori e ispirati Megadeth, si nota la passione che la formazione settantiana ha trasmesso ai suoi ascoltatori facendoli innamorare e rendendoli cultori e conservatori di opere d'arte che devono essere tramandate al pari di un verbo musicale di vitale importanza.
La traccia meno convincente o forse solo quella meno nelle corde più classicamente legate al sound che uno s'immaginava di poter ascoltare è quella "Supernaut" rifatta dagli 1.000 Homo Dj's con la collaborazione di Al Jourgensen dei Ministry che ha bisogno di vari ascolti prima d'esser assimilata ma che mal potrebbe esser digerita da chi non si discosta da un'impostazione canonicamente suonata dei Black per il suo mood molto elettro.
La rivisitazione di "Iron Man" dei Therapy? con il supporto di Ozzy alla voce rende onore all'originale ma riescono addirittura a far meglio i Corrosion Of Conformity con "Lord Of This World" e i Sepultura con "Symptom Of The Universe" fornendo due versioni che reputo alla pari in un confronto con le originali della storica formazione inglese.
L'anima scura dei primi e il massiccio irrobustimento dei secondi sono degne di un'ovvia citazione dove porsi se o ma è alquanto inutile, c'è da prenderle per come sono e assuefarsene alla grande.
Cosa ci si può aspettare ancora da un disco che ha già dato tanto?
L'avventura musicale non finisce lì, ci pensano i Bullring Brummies supercombo formato da: Geezer Butler, Rob Halford, Bill Ward, Brian Tiles e Wino con "The Wizard" a farci intendere che di carne al fuoco ve n'è ancora e di spessore consistente.
Due Sabbath, il singer icona dei Priest e musicisti doom di fama indiscussa? Quale poteva essere la risultante se non una gran interpretazione?
Bruce Dickinson ci mette del suo insieme ai Godspeed nel dar voce a "Sabbath Bloody Sabbath". una delle migliori interpretazioni del Maiden, sopra le righe in generale, mostra una padronanza del pezzo a dir poco spaventosa.
Gli Ugly Kid Joe danno il loro contributo con "N.I.B (Nativity In Black)" ma è con gli ultimi due episodi che si toccano di nuovo apici a dir poco stratosferici.
Faith No More (e qui in automatico per chi scrive scatta l'adorazione per Mr. Patton personaggio d'indiscusso valore), una delle band più dinamiche e cangianti che si cimentino in terreni rock, heavy o alternative (avessero suonato pure polka o twist l'avrebbero fatto come si dovrebbe) hanno sempre dato riprova della loro estrema qualità e classe ed è quest'ultima che sfoggiano scintillante nel proporre una versione live di "War Pigs" da brivido dove la vocalità malata di Mike ricopre ruolo fondamentale come sempre del resto.
Non vi basta? Tanto per gradire a chiudere il lavoro e scavare una fossa in cui potersi sotterrare con il loro sound greve e allungatamente nero ci pensano i Type O Negative a porre il sigillo finale.
I migliori che abbia mai ascoltato nell'eseguire una "Black Sabbath" che definire funerea è quasi allegro come aggettivo.
La versione europea del tributo regala anche una tredicesima chicca, infatti si potrà godere di una "Solitude" a cui i Cathedral renderanno omaggio e non è cosa da poco.
Il disco come dissi all'inizio non è fondamentale ma è di quegli ascolti che mentalmente ti fanno rendere conto di quanto una band possa aver dato "realmente" a chi l'ascolta, a chi intraprende un proprio viaggio in tale direzione e al mondo della musica in generale influenzandolo e divenendone un caposaldo di cui difficilmente se si ama una certa tipologia di sound si potrà fare a meno.
Un' ora passata in compagnia di ottimi musicisti, brani da urlo e dai ricordi vari che ogni formazione in lista potrà farvi riaffiorare, l'arte ha sempre bisogno dei giusti interpreti anche quando non è propria, questo è poco ma sicuro.

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SEVERE INFECTION - Dead Sluts & Rotten Cocks




Informazioni
Gruppo: Severe Infection
Anno: 2009
Etichetta: Self Released
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Black Metal
2. Exhume Her
3. Throat Assault
4. Psychopath
5. Womb Lacerations
6. Flesh On My Cock
7. Severe Infection
8. Choke In My Own Blood

DURATA: 22:08



Il Grindcore e la scena Grind in generale sono ancora quelle più legate allo stato primordiale e libero del metal dove l'autoprodursi e produzioni poco curate sono all'ordine del giorno ma quasi un must per chi ricerca sincerità e voglia di fare genuina.
Non fanno eccezione i canadesi Severe Infection che con questo loro primo lavoro dal titolo emblematico "Dead Sluts & Rotten Cocks" lasciano pochi dubbi su cosa ci si porrà dinanzi come ascolto.
Appena otto tracce per ventidue minuti d'arrembaggio con brani che nella loro massima estensione superano di poco i tre minuti.
La base è un death metal ruvido e tagliente influenzato dal grind più "casereccio" che non lascia spazio a interpretazioni esprimendosi deciso e minacciosamente chiaro fra blast beat veloci e un pig squeal ben eseguito.
La band è ispirata e confeziona dei riff interessanti già dall'iniziale "Exhume Her" anche se è la successiva "Throat Assault" legata alla stile mortuario per eccellenza a dare la chiara visione di quello che i ragazzi possano realmente offrire.
Purtroppo i problemi legati ai suoni "smontano" in parte le velleità assaltatrici della formazione, la batteria sovrasta spesso le chitarre che risultano quasi flebili quando il blast diventa pressante e ficcante.
Sono infatti i brani della parte centrale del disco a regalare i momenti più devastanti proprio per il leggero miglioramento del sound in toto.
"Psychopath", "Womb Lacerations", "Flesh On My Cock" e l'omonima "Severe Infection" oltre a evidenziarsi per i passaggi di chitarre decisamente più in risalto hanno anche una collezione di urli striduli e laceranti (soprattutto l'accoppiata di mezzo fra quelle citate) che ne caratterizzano l'andare.
Chiude una "Choke On My Own Blood" senza lode nè infamia.
Se non fosse per la produzione a tratti disastrata ci sarebbe davvero poco di che potersi lamentare, i Severe Infection hanno semplicemente composto un gioiellino, per i "seguaci" dello stile un ascolto è d'obbligo.

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MORBID DARKNESS - Walpurgis Rites




Informazioni
Gruppo: Morbid Darkness
Anno: 2009
Etichetta: S8N Recordings
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Walpurgis Rites
2. Defender/Pretender
3. The Rampant Collapse
4. Dwell And Rot In Your Mire
5. A Darkness Up Above

DURATA: 19:29



I Morbid Darkness vivono grazie alla figura carismatica di Demonic Evocator (Chris Shaver) e fra le realtà underground ancora in attività nella scena canadese risultano essere fra le più longeve.
Fondati nel millenovecentottantanove, nei primi cinque anni produssero del buon materiale racchiuso in tre lavori: "Demo #1", "Rehearsal 12/93" e "Return From Death".
Dal millenovecentonovantaquattro in poi la band rimane in un limbo che la tiene bloccata sino a quando nel duemilaotto riprende le attività e nel duemilanove vengono pubblicati i demo "Demonchrist" e "Walpurgis Rites" (oltre l'aver fatto uscire due raccolte contenenti il vecchio materiale "Years of the Lost: Volume 1 &2").
E' di quest'ultimo che ho avuto il piacere di ricevere una copia, la musica in toto e le liriche per la loro maggior parte sono opera proprio di Demonic Evocator, cinque solidi brani di black/death per poco meno di una ventina di minuti.
Il sound che scandisce la vocazione nera del suo artefice è legato per scelte sonore alla scuola svedese primordiale dove il riffing gelido e tagliente si abbina all'avvicendamento di partiture vocali growl/scream intense e dilanianti.
La titletrack "Walpurgis Rites", "Defender/Pretender" ridondante e maligna, "The Rampant Collapse" thrashy e spaccaossa, la breve pausa strumentale con apertura acustica regalataci con "Dwell And Rot In Your Mire" sono validi episodi, la vera chicca è però a mio avviso l'episodio più nordicamente legato a un certo tipo di sonorità melodiche old: "A Darkness Up Above".
Un riffing che varia spesso passando dal tratto cullante gelido, all'ampio e possessivo con l'apice prettamente heavy del solo in lei incastonato e che anticipa la conclusione ricollegante al riffing portante iniziale.
La musica di Shaver è cresciuta come produzione, si è affinata ma non ha mai perso di vista le radici da cui attinge sapientemente, non si limita però alla sola produzione materiale infatti la band si esibisce live col supporto di due session Vomica e Dagnaris (rispettivamente basso e batteria) che costituiscono così il terzetto da on stage.
L'underground è vivo, le vecchie realtà continuano nel fornire il loro apporto per coerenza e i Morbid Darkness sono di sicuro fra queste, per chi non li conoscesse un ascolto è dovuto.

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IN MALICE'S WAKE - Eternal Fall




Informazioni
Gruppo: In Malice's Wake
Anno: 2008
Etichetta: Self Released
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Intro
2. Pay The Price
3. Eternal Nightfall
4. Bitter Demise
5. To Run with The Darkness
6. Man Made Death
7. The Path Less Travelled
8. As Dusk Covers Day
9. Weakness In Numbers
10. Where Silence Hides
11. Mental Disarray

DURATA: 45:39



L'Australia ci regala da anni realtà con le cosiddette sotto legate per lo più alle frange estreme del metal, basta pensare alle miriadi di formazioni che popolano la scena Black/Death/Thrash sempre fiorente e incazzata a dovere.
Gli In Malice's Wake differiscono da tale movimento pur suonando un Thrash di gran valore perchè legati a canoni decisamente più classici che prendono spunto da gente come Testament e Slayer, senza tralasciare accelerazioni e una forte vena heavy che potrebbero ricondurre a gente come Annihilator e ai fraseggi più spinti degli Iced Earth.
Musica che oltre a possedere una buona tecnica e una più che discreta costruzione dei brani, spinge dannatamente sul pedale dell'acceleratore adrenalinico, il loro "Eternal Fall" debut targato 2008 è arrivato a tre anni dal precedente ep Blackened Skies, che aveva già dato prova che il materiale su cui lavorare ci fosse, è una prova che sa il fatto suo.
Il salto di qualità è stato fatto, il disco non presenta cali, undici episodi che appassionano dimenandosi fra assoli, parti acustiche e ritmi serrati iniziando già dalla fiera "Pay The Price" reale opener dell'album.
Lo spirito e l'aggressività di pezzi quali "Bitter Demise" o "Eternal Fall" donano presa ferrea sull'ascoltatore, "To Run With The Darkness" con i suoi continui cambi mette in risalto il lavoro di ricerca complessivo, "The Path Less Travelled" con l'uso dell'acustica crea una calma apparente che si sfogherà ponendosi a seguire come traccia robusta e compatta o il blast inaspettato e incalzante di "As Dusk Covers Day", tutte soluzioni che tendono a variegare la proposta di una formazione che ha voglia e qualità da vendere.
Se è vero che in molti passaggi sembra proprio di cimentarsi in ascolti conosciuti (mi vengono in mente adesso "The Formation Of Damnation" dei Testament peraltro dello stesso anno e "The Dark Saga" degli Iced Earth) i ragazzi ci mettono del loro e non poco.
I brani sono ben arrangiati, la scelta vocale al limite con il growl è spinta ma mai forzata inutilmente e il lavoro di batteria s'incastona perfettamente (l'uso dei piatti è pregevole) nel quadro disegnato da un riffing tecnicamente composto a dovere e che trova soluzioni solistiche ficcanti e di buon gusto, anche in tal frangente l'orecchio tende a connettere ricordando qualcosa di già ascoltato ma chi non paga scotto al giorno d'oggi? le lezioni impresse dai maestri, coloro che hanno scritto le pagine storiche del genere bene o male ricadono su chiunque si cimenti nel riproporlo nel bene e nel male.
Produzione pulita, certo è che purtroppo il basso ne esce un po' penalizzato nelle parti più veloci, messo decisamente sotto dalle chitarre e da una cassa che lo sovrastano, quanto al resto credo che meglio non avrebbero potuto fare visto che se avevano l'intento di sfondarci i timpani con del sano Thrash che arrivasse dritto alla testa ci sono riusciti.
In Malice Wake e "Eternal Nightfall" un combo sorpresa, è un lavoro passato in sordina che merita d'essere ascoltato, possiede una delle cose più importanti I PEZZI!!! Cosa che molti act hanno lasciato per strada fornendoci solo palliativi da metter su una stagione e via tipo musica dance, da loro il thrash quello vero è ancora di casa!!!

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INEXORABLE - Deathlands




Informazioni
Gruppo: Inexorable
Anno: 2008
Etichetta: Self Released
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Intro
2. The Deathlands
3. Look Down On Us
4. The Reaper of Mortal Creatures
5. Abducted By The Dead
6. Forever Dead

DURATA: 21:50



La band tedesca degli Inexorable (monicker che rimanda a Pete Helmkamp e i suoi Angelcorpse) seppur si muova nell'underground nasconde dietro il nome artisti che hanno ormai consolidato il loro valore nella scena teutonica.
Quello che "Deathlands" il loro ep del 2008 ha intenzione di fare è un bel salto indietro facendo rivivere il sound della matrice newyorkese del death più oscuro (Immolation) unita a tratti dello stile floridiano morboso (Morbid Angel).
Dopo il breve "Intro" già con l'omonima "The Deathlands" si fa chiara la situazione.
Toni grevi, accelerate di drum e impatto sono queste le armi che nell'ancora non totalmente maturo lavoro degli Inexorable prendono forma. Il riffing creato da Sandor Fekete è vario, spesso incisivo come in "The Reaper Of Mortal Creatures" così come la prova vocale di Thomas Berthel è probabilmente la cosa più riuscita dell'intero ep.
Sempre presente, caratterizza a suo piacimento lo spazio concessogli fra i passaggi in maniera personale e indovinata.
Questo fa sì che il restante trio di canzoni "Look Down Of Us", Abducted By The Dead" e "Forever Dead" per quanto legate agli stilemi più standard del genere risulti godibile.
E' vero anche che il supporto di basso e batteria si fa sentire non poco, Lutz Friedrich e Tom Stengl pur se limitati (come il complesso) da una produzione che purtroppo non rende giustizia, (sporca ma non di quelle che ti donano un alone tetro, tende invece ad oscurare in parte il valore dell'esecuzione) fanno la loro parte decisamente con piglio.
Un lavoro che fa ben sperare per il futuro, gettate le basi e con una direzione tracciata che sembrerebbe piuttosto delineata non rimane che limare i piccoli difetti dell'esordio e cosa più importante guadagnare un po' di personalità.
Sistemato il tiro ci troveremo dinanzi una formazione che potrà dire tranquillamente la sua nel folto delle miriadi di uscite che il mercato ci propone.

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WINTERBLOOD - Le Fredde Ali Dell'Inverno



Informazioni:
Gruppo: Winterblood
Titolo: Le Fredde Ali Dell'Inverno
Anno: 2008
Provenienza: Italia
Etichetta: Frozen Landscapes Productions
Contatti: http://www.facebook.com/pages/Winterblood/196463727125096
Autore: Mourning

Tracklist:
1. La Monotonia Della Neve
2. Nel Cuore Del Bosco - Iniziazione
3. Le Fredde Ali Dell'Inverno

DURATA: 47:00

Il progetto Winterblood prende vita per opera del musicista toscano Stefano Senesi, un dark/ambiente pregno della natura che ci circonda, dove l'anima dell'uomo si ritrova ad essere parte integrante di un sistema immensamente grande al suo misero cospetto.
Trae spunto dall'esperienza acquisita dal sound del periodo ultimo di Burzum e mai titolo fu più indovinato de "Le Fredde Ali Dell'Inverno".
I tre brani vivono in forma unica, un viaggio continuo senza sosta, lasciarsi andare non è cosa così complessa data la silvestre e d'annunziana vena che scorre nelle note scandite, una notte imbiancata dove la pioggia vi è compagna nel suo battere sulla finestra e quel gelido soffio sibilante che preannuncia l'arrivo della neve.
Chi non ha mai provato da bambino a gustarne il sapore? Trovarsi sulle labbra quell'acqua gelida con il suo sapore amarognolo è una strana sensazione dal tratto anche piacevole, acuita magari dal vederla scendere lieve e monotona, ipnotizzante ("La Monotonia Della Neve").
Vivere il gelo, farselo scorrere sulla pelle, luoghi innevati fra alberi che in un attimo sembrano voler raccontare la loro storia, il pensiero li attraversa, percorso mentale si crea, conducendo a punto preciso senza conoscerne perché è questa "l'Iniziazione"?
Le movenze del gufo animale notturno per eccellenza, nei suoi brevi voli ad ali spalancate sembrano essere l'immagine più adatta a cui affidare la visione di "Le Fredde Ali Dell'Inverno".
Il volatile in questione è da sempre misterioso, taciturno eppur così espressivo allo stesso tempo tanto da temerlo e nel contempo esserne affascinati, come l'inverno che sa darci la neve dolce e soffice e la tempesta senza tregua.
Winterblood, permette alle nostre emozioni di fuori uscire lasciando che siano loro a governare e donare al disco il significato che ci permetterà di dargli una chiave unica e intima, un lavoro per chi ha ancora voglia di sognare sia che gli occhi siano aperti sia ch'essi sian chiusi.

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