lunedì 27 dicembre 2010

STORYUM - Insomnia

Informazioni
Gruppo: Storyum
Anno: 2010
Etichetta: Edge Records
Contatti: www.myspace.com/storyum
Autore: Mourning

Tracklist
1. Intro
2. Walk The Way
3. Fire
4. Dont Leave Me Alone!
5. Forget
6. Angels
7. Scars
8. Illusion (Heaven)
9. Enough Cash
10. Insomnia
11. Closer
12. Outro

DURATA: 39:27

Gli Storyum sono una giovane band slovacca proveniente da Bratislava, vengono descritti usando l'accoppiata modern metal/progressive, tale definizione è fuorviante o almeno non rappresenta ciò che la musica di "Insomnia" ci offre.
Decisamente catchy, melodica e di dolce compagnia l'attitudine che tiene in piedi le strutture compositive che si basano su un rock/metal dai refrain orecchiabili e facilmente assimilabili, sono queste le doti evidenti di un platter composto con cura e ben prodotto che sfrutta le doti vocali tendenti al pop della cantante Toni e che viene frequentemente accompagnata da un collega maschio.
Un po' stile Nightwish versione Annette con la tendenza però a solcare lidi evidentemente più rock, solo a tratti metal e con un discreto lavoro di tastiere, chi si attendesse uno scempio in stile ultimi Lacuna Coil stia pure tranquillo, non è su quei livelli che viaggiano gli Storyum, musicalmente sono molto più vari e piacevoli.
La gestione delle sonorità interne ai brani fa di "Insomnia" un album fine seppur facilmente assimilabile, non gli mancano le qualità per farsi apprezzare da chi con mentalità più aperta abbia voglia di attimi di leggerezza ma suonati come si deve, tanto che canzoni come "Fire", "Dont Leave Me Alone" (qui i Katatonia hanno lasciato in parte il segno) e la tripletta comprendente "Angels", "Scars" e "Illusion" (Heaven) possiedono delle scelte melodiche e dei ganci che le pongono all'orecchio in maniera godibile.
Qualche sprazzo di solistica e una discreta cura anche negli arrangiamenti permettono ai quasi quaranta minuti di volare via senza troppi intoppi, ci si potrebbe forse lamentare di una pronuncia inglese non perfetta e di uno o due passaggi in cui la voce maschile dovrebbe tener meglio il campo trovando magari delle linee più efficaci ma si tratta di difetti che col tempo possono essere limati tranquillamente.
Tirando le somme, gli Storyum sono pronti ad affrontare il mercato ampio del mainstream, i mezzi ci sono e la presenza pulitina anche a livello scenico potrebbe portar loro vantaggio, "Insomnia" del resto vanta un paio di pezzi che per tipologia non dispiacerebbero anche al popolo dei grandi palcoscenici da Mtv, altro punto che giocherebbe a favore.
Provate a dare una possibilità a questi slovacchi, non si può vivere di solo extreme metal 24h/24h, ogni tanto sognare con un po' di musica "diversa", fuori dai canoni d'ascolto abituali, può far bene.

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Glorious Times, A Pictorial Of The Death Metal Scene 1984-1991

Informazioni
Autori: Alan Moses, Brian Pattison
Anno: 2010
Editore: Glorious Times
Numero di pagine: 160
Contatti: www.pioneeringglorioustimes.blogspot.com - glorioustimesdeathbook@gmail.com - www.facebook.com/PAGES/GLORIOUSTIMES/280760555286 - www.myspace.com/GLORIOUSTIMESDEATHBOOK
Autore: ticino1

Come voi già saprete, un genere musicale non appare e scompare da un momento all'altro ma é il risultato di un lungo processo. Gli autori classici considerano "Scream Bloody Gore" dei Death come il primo vero disco death metal. Siccome ho vissuto l’inizio della mia relazione col metal in quegli anni, per praticità condivido quel parere. Già allora però, incontrai band come i Samhain danesi che suonavano nel lontano 1985 un genere talmente brutale, da spingermi a creare il termine "proto-death metal". Potrei allungare di parecchio la lista dei nomi appartenenti a questo sottogenere che strisciava nell'underground degli inizi Anni Ottanta. Poco più tardi esplose quella bomba atomica chiamata death metal. I signori Moses e Pattison vissero anche loro quegli anni incredibilmente interessanti, vitali e, sì, pionieristici. Ci offrono con questo libro una visione d'insieme non del death metal ma della scena estrema di quegli anni. Gruppi crossover o di thrash estremo ne facevano pure parte come anche le prime formazioni grind.

La comunicazione con gli autori, avvenuta prima e dopo la comanda del libro, mi fece sentire l'entusiasmo che hanno per il death metal. Trovai il pacchetto nella mia buca lettera meno di una settimana dopo avere pagato i 46 dollari necessari. Non aspettai un secondo ad aprire l'imballaggio per dare una prima sfogliata al fascicolo che é stampato su buona carta semi lucida. Non ho mai visto tante foto inedite in un sol colpo! Queste vengono o dalla collezione privata degli autori o da quella dei musicisti intervistati. Il concetto é semplice. Su 160 pagine sono ospitate immagini e interviste di quarantotto gruppi dell'epoca. Dire interviste forse é sbagliato. I protagonisti d'allora raccontano semplicemente degli aneddoti come un nonno racconta le fiabe ai nipoti. Alcune foto appaiono su pagine intere e rendono questo libro ancora più appetitoso per il fanatico di death metal. Altre invece sono semplicemente delle rarità mai viste prima. Siete già stati nella camera del giovane Chuck Schuldiner, per esempio?

Molte delle formazioni presenti su queste pagine sono molto conosciute, come Sepultura, di cui si leggono aneddoti molto interessanti, o Napalm Death. Altre, come Overthrow o Where Is The Pope, non erano nomi correnti per la maggior parte degli ascoltatori di allora. Qualcuno sentirà forse la mancanza di alcuni protagonisti di quegli anni. Il libro non deve essere considerato come un’enciclopedia ma piuttosto come un album di famiglia da sfogliare in nostalgia, per quelli della mia generazione, e da gustare, lasciando andare la propria fantasia, per le signore e i signori che non erano ancora in grado in quel periodo di approfittare della scena. Per i curiosi ci sono anche alcuni pettegolezzi come per esempio la storia sul litigio fra i due fratelli Cavalera, durante un’intervista. Che volete di più?

Gli autori chiedono a tutti coloro che leggono il loro libro d'inviargli una foto che li mostri con il volume in mano. Dal canto mio parteciperò sicuramente a quest’azione. Tanto entusiasmo da parte di Alan e Brian é assolutamente da sostenere!
Ho già la mia copia, e voi?

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ASTORVOLTAIRES - Katan Nagantù


Informazioni
Gruppo: AstorVoltaires
Anno: 2010
Etichetta: Endless Winter
Contatti: www.myspace.com/astorvoltaires
Autore: Mourning

Tracklist
1. Máscara
2. Tiempo De Perder
3. Crisol
4. Busco Un Final
5. Ansiedad
6. Katan Nagantü
7. Escamas De Óxido
8. Fuente
9. El Momento
10. Vísperas De Dulces Melodias Cósmicas

DURATA: 52:10

Il nome di Juan Escobar agli amanti delle sonorità doom dovrebbe portare alla mente più di un riferimento, l'eclettico musicista è infatti uno dei membri dei Mar De Grises, fa parte del progetto Aura Hiemis, è un ex dei Lapsus Dei e porta avanti la sua creatura da solista AstorVoltaires. E' di quest'ultima nello specifico che si parla dato che è stato da poco rilasciato sotto la Endless Winter, label che ha supportato anche l'altro suo solo-project, l'album di debutto "Katan Nagantü".
E' ancora una sorpresa che ci prepara il buon Juan, niente funeral stavolta, niente paesaggi estremizzati, è il lato più melancolico e post/rock a prendere piede, le tracce suonano sì pesanti e il riffing trasuda la passionalità grigia che fa delle note una buona rappresentazione del doom, la versione è però orientata su uno stile più accessibile e riflessivo inteso come sognante, le sfaccettature leggere e la voce per io più delle volte pulita portano con loro una strana sensazione di luce, fioca ma non arrendevole che tenta di aprire una strada attraversando un reticolato stretto e angusto fatto di tristezza e sconfitte.
Intriganti come gli Amorphis più diluiti e atmosferici, piacevoli ed eteree al pari di alcune soluzioni adottate negli anni da Katatonia e Anathema, le canzoni risultano intime e ben congeniate affrontano gli aspetti di una vita che seppur costellata di avvenimenti spiacevoli può ancora invertire la rotta: si veda ad esempio l'inquietudine di una "Tiempo De Perder", la visione psicotica con cui deve confrontarsi una "Ansiedad" o l'arrendevole calma di "Crisol", del resto sono niente male anche le punte d'epicità che fuoriescono, anche se per un breve momento, in "Busco Un Final" e che basterebbero già per farvi innamorare di questo "Katan Nagantü".
La sezione dedita ad espandere ed empatizzare notevolmente l'approccio è fornita dalle movenze offerte dal riffing tendente a richiamare le band post/rock e quella capacità del genere d'incanalare un flusso emotivo forte tenendolo sospeso all'interno di forme sonore che fanno della limpidezza viaggiante un'arma da tener pronta e sfoderare in qualsiasi momento, in questi attimi il supporto delle tastiere e delle linee di basso vivide acuisce la sostanza vedasi "Fuente", così come nelle canzoni in cui l'aria diventa più tesa e pressante quali "Escamas De Óxido" e la poco prima citata, Juan riesce a mantenere intatto il percorso fatto di sensazioni che vanno progredendo sino ad arrivare alla propria conclusione con un crescendo che fa di "El Momento" e "Vísperas De Dulces Melodias Cósmicas" un'accoppiata perfetta per porre la parola fine a "Katan Nagantü" dando un'impennata improvvisa e poi una lieve e incantevole decadenza che sigilla come un requiem il completato corso.
Disco gradevole e ben prodotto, la strumentazione possiede una più che discreta intellegibilità, in qualche punto la batteria picchia forse troppo al cospetto di basi così legate a una raffigurazione evocativa ma nel complesso è una prestazione da tenere d'occhio, potrà magari non avere un gran riscontro fra chi è amante del doom nel senso stretto del genere, non fatevi incatenare però dalle catalogazioni, "Katan Nagantü" potrebbe sorprendervi.
In ogni caso un ascolto per farsi una propria idea è l'unica soluzione adatta per verificare le reali potenzialità di quest'ennesima opera del'iperattivo Escobar, concedetevelo.

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SLECHTVALK - A Forlorn Throne


Informazioni
Gruppo: Slechtvalk
Anno: 2010
Etichetta: Whirlwind Records
Contatti: www.myspace.com/slechtvalkofficialmyspace
Autore: Mourning

Tracklist
1. Tamers Of The Seas
2. Forsaken
3. Desolate
4. Divided By Malice
5. Allegiance
6. Enthroned
7. Bewailed
8. Towards The Dawn
9. Vengance Of A Scorned King

DURATA: 01:01:51

Che gli olandesi Slechtvalk fossero in piena rivoluzione sonora ne ero cosciente, già nel best of "An Era Of Bloodshed" uscito nel 2009 sempre sotto la nuova label di cui fanno parte, la Whirlwind Records, c'erano state le avvisaglie certe di una evoluzione in corso, il work in progress ha adesso forma completa e si presenta nelle vesti del quarto album pubblicato "A Forlorn Throne".
Hanno sin dalla nascita suonato un black metal melodico, le tastiere si son spesso ritagliate una parte nell'esposizione delle tracce ma sono aumentate notevolmente quella sensazione di epicità e la natura viking che assiste le caratteristiche più classiche, è una creatura che pur seguendo canoni non lontani dallo standard sa essere coinvolgente dando all'ascoltatore ciò che desidera ma non scadendo nella banalità strasentita, questo grazie a un songwriting fluido, possente e pregno di scelte emozionanti.
L'oltre un'ora di musica insita nelle nove canzoni palesa il fatto che si siano affinati, che le varianti siano adesso incastrate in maniera perfetta offrendo sia dal punto di vista dell'impatto, sia sotto quello epico più accentuato una risposta diretta e francamente sincera, segna un netto salto di qualità anche lo stile vocale che si diversifica alternando scream, partiture più profonde growl e aperture in clean maestose.
Alle influenze black e dei suoi sottogeneri si è aggiunta una vena marziale death in pieno stile swedish dei primissimi Amon Amarth e il risultato ha fatto sì che la prestanza e la capacità di infliggere i colpi divenissero più pesanti, autoritarie in certi frangenti.
Un album simile ha il vantaggio di poter accontentare più fasce d'ascoltatori, volete qualcosa orientato verso il passato della band allora l'opener "Tamers Of The Seas" fa al caso vostro, cercate un sound maggiormente incline all'heavy e alle soluzioni melodiche in genere puntate su "Divided By Malice" e "Enthroned", vi piace il pestato violento "Desolate" sarà la vostra scelta, preferite la parte sinfonica in cui il tastierista Premnath trova libertà d'espressione mettete su "Allegiance", resta comunque il fatto che qualsiasi brano voi scegliate troverete una comune presenza, la matrice svedese/norvegese è dominante e prorompente.
Addentrandosi nelle esecuzioni, noterete con l'accrescere degli on air che gli Slechtvalk non copiano, non si infilano volutamente in richiami di questo o quello, si esaltano però nel continuare incessantemente a presentare una proposta in costante mutamento, la stasi compositiva non è un fattore riscontrabile in "A Forlorn Throne".
Dai tempi dei Borknagar della prima era o degli Enslaved prima del cambio in corsa d'attitudine sonora non avevo incrociato dischi che mi avessero colpito così tanto per la loro epicità spiccata all'interno di un contesto estremo, i passi da gigante fissati sul terreno da questa formazione la mettono ora nella posizione di poter esser considerata fra le migliori in giro nel proprio settore, inutile dire quindi che un lavoro di tale portata merita l'acquisto e tutto il supporto possibile e per favore non venitemi a dire che il fattore white metal vi tronca le gambe, qui si parla di un'opera con le contropalle.
Porgo una semplice domanda a chi ascolta metal da un po': rinuncereste a far girare nel vostro stereo pezzi di storia quali "Serpent Temptation" degli Incubus o uno "Scrolls Of The Megilloth" per qualcosa in cui non credete? Personalmente no, visto che l'aspetto non m'interessa me li godo a tutto volume, cosa che faccio e farò anche con "A Forlorn Throne", v'invito seriamente a dare il vostro riscontro a una band che merita.

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DIGITALIS PURPUREA - Emotional Decompressione Chamber


Informazioni
Gruppo: Digitalis Purpurea
Anno: 2010
Etichetta: Aural Music / Dreamcell11
Contatti: www.digitalispurpurea.net - www.myspace.com/digitalispurpurea
Autore: Insanity

Tracklist
1. Musclebound
2. Dust Devil
3. Magic Cube
4. The Shedding
5. Fall Of Rimmel
6. Blear
7. Scotch-Taped Hours
8. Horror Pleni
9. Devote
10. Venus Eclipse

DURATA: 47:49

Tronus Abyss, Thee Maldoror Kollective e T3chn0ph0b1a. Cos'hanno in comune queste tre band? La prima caratteristica che mi salta in mente è il sound che fonde Metal ed Elettronica, ognuno a proprio modo. Sono inoltre tutte band italiane, ma volendo approfondire questo aspetto provengono tutte dalla stessa città: Torino. Ed è sempre il capoluogo piemontese che ci regala un altro progetto Industrial Metal, Digitalis Purpurea è infatti una one man band che con "Emotional Decompression Chamber" raggiunge quota tre full. Devo ammettere che prima d'ora non avevo mai sentito parlare di questa realtà, eppure il mastermind Pi Greco sembra essersi fatto strada in questi dieci anni di attività, ne è la prova il concerto di supporto ai Das Ich nel 2007. Per chi fosse ancora scettico, consiglio assolutamente l'ascolto di questo lavoro che è la dimostrazione più efficace della validità del progetto.
L'album è basato su un concept definibile come una versione moderna della prima opera di Alejandro Jodorowsky, "Fando Y Lis"; per quanto riguarda il sound, ci troviamo di fronte ad un Industrial Metal che ricorda abbastanza da vicino lo stile del più famoso Marylin Manson. Non pensate però che sia un suo clone, il ragazzo ha una particolare personalità e lo si nota da certe sperimentazioni che rendono l'album vario e più che piacevole: sto parlando delle schitarrate Desert Rock di "The Shedding", delle percussioni elettroniche presenti in tutto il lavoro ma che rendono al meglio in brani come "Magic Cube", dei synth quasi EBM di "Dust Devil" e di altri piccoli particolari come la voce femminile di "Fall Of Rimmel" e "Horror Pleni". Essendo un concept album, il mood del disco segue un andamento che va di pari passo con la storia narrata, è infatti un sound decisamente ritmato agli inizi ma che da "Blear" comincia a divenire malinconico fino ad arrivare alla tragica conclusione con "Venus Eclipse", mantenendo però un certo alone oscuro per tutta la durata.
Un album riuscito sotto tutti i punti di vista, compresa la produzione che rende ogni suono sia perfettamente udibile e quindi permette all'ascoltatore di cogliere tutte le sfumature del disco. Il panorama Industrial Metal italico non è affatto da sottovalutare, oltre alle realtà menzionate in apertura citerei gli Aborym e i Dope Stars Inc. di Victor Love che tra l'altro si è occupato del mixaggio di "Emotional Decompression Chamber"; Digitalis Purpurea è senza dubbio un progetto che porta ancora più in alto la nostra scena, gli amanti del Metal elettronico troveranno pane per i loro denti.

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OV HOLLOWNESS - Diminished


Informazioni
Gruppo: Ov Hollowness
Anno: 2010
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/ovhollowness
Autore: Mourning

Tracklist
1. Diminished To The Cold
2. Silence
3. Enshrouded In Obscurity
4. Crestfallen
5. Rest In Chaos
6. Cursed To Die Again And Forever

DURATA: 42:25

La scena canadese continua nel regalarmi emozioni e buona musica, è il turno della one man band Ov Hollowness, progetto proveniente da Calgary, di fornire il proprio contributo a una scena black/atmosferica già colma di act ma che non rifiuta di avvalersi di materiale pregiato, son sempre punti guadagnati.
Mark.R mastermind della situazione, compositore e curatore della parte grafica del debutto "Diminished" porta nei nostri impianti stereo una piacevole versione di black scandinavo (norvegese/svedese) malinconico e dall'impatto fortemente legato alla natura, le chitarre si armonizzano frequentemente sullo scandire note intrise di un velo grigio e triste che non fa trapelare luce interiormente alla coltre, le ritmiche mantengono tempi e cadenzature alquanto elementari, l'artista manda un messaggio chiaro: suonare semplice ma diretto.
E' la carica dovuta dal connubio di questa scelta a cui vanno aggiunti l'uso dei synth d'accompagnamento flebili, un sostegno minimalista e l'esecuzione vocale che si diletta con uno scream acido e inaspettate aperture clean in stile opethiano/Amorphis a fare dell'album un raccoglitore di canzoni a cui l'aspetto ritualistico e introspettivo donano una marcia in più.
Non abbiamo a che fare con nulla di originale, è probabilmente senza pretese ed è forse questa la caratteristica che fa di "Dimished" una creatura libera di esprimersi nel migliore dei modi, non assoggettandosi forzatamente a nessuna corrente ma espondendosi per quello che Mark ha voluto riportare in musica.
Il contrasto che le carezze offerte dai riff amaro/dolciastri incontrano nelle linee più aggressive e malevole è un effetto molto intrigante, lo è tanto da rendere un brano come "Silence" una delle due hit del platter, l'altra è "Rest In Chaos" che dovrebbe spartirsi il posto con "Enshrouded In Obscurity" entrambe posseggono una scintillante epicità dai tratti cullanti la seconda più furiosa, la prima più fiera ma che con eguale intensità recapitano all'ascoltatore la dose non indifferente di sofferenza di cui l'autore si fa carico.
Quello che Ov Hollowness ha racchiuso in queste sei tracce è una prestazione genuina in cui il pathos e lo stupire di chi si cimenta nell'on air non è basato su trucco, produzione pompata o un ferale rilascio d'odio, sono le sensazioni che come un fiume scorrono spontanee a indicare il livello di empatia che rende ricco "Diminished".
Non si limita comunque al solo aspetto musicale il valore del disco, la produzione affidata ai connazionali Alchemy Studios è più che discreta e l'artwork in tutte le sue sfaccettature abbraccia in toto il collegamento black/natura caro a tanti con tonalità di grigio e nero che calzano con gli umori spesso melancolici e decadenti che formano il carattere dei vari episodi.
Ne consiglio l'acquisto a chi ama sia il filone melodico del black, sia a chi tende più per quello atmosferico, in entrambi i casi la band ha le caratteristiche per farsi apprezzare, mettete su il disco e ne comprenderete i perché.

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NADIWRATH - Nihilistic Stench


Informazioni
Gruppo: Nadiwrath
Anno: 2011
Etichetta: Moribund Records
Contatti: www.myspace.com/nadiwrath
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. Darkness Has Lost Its Meaning
2. Two Face Shit Fuckers
3. Horns
4. There Is No Light
5. Another Pimping Whore
6. Winter Nights
7. Eyes Full Of Vengeance
8. Memories Are Dead

DURATA: 48:43

La scena metal greca non è certamente una di quelle da scartare e la dimostrazione sta nel fatto che durante gli anni ha saputo coltivare e far emergere ottimi gruppi: Septic Flesh, Rotting Christ e Unholy Ritual tanto per fare qualche nome tra i più conosciuti. E' proprio dall'underground della suddetta scena che tentano di farsi strada i Nadiwrath che, con un demo autoprodotto del 2007 alle spalle, sono alle prese con la promozione del loro primo full-lenght, "Nihilistic Stench" in uscita a gennaio 2011.
Ciò che è stato portato alla mia attenzione durante l'ascolto di questo album può trovare termini di paragone con alcuni act più conosciuti quali Carpathian Forest e Impaled Nazarene. Il duo di brani d'apertura composto da "Darkness Has Lost Its Meaning" e "Two Face Shit Fuckers" lascia poco spazio ai dubbi: ciò che questi ragazzi suonano è un black'n'roll dalle connotazioni abbastanza standard, ma che nonostante qualche limite di songwriting risulta comunque godibile e di buon impatto. La successiva "Horns" è, insieme a "Eyes Full Of Vengeance", quella che porta all'orecchio i maggiori richiami di darkthroniana memoria, mentre con "There Is No Light" i nostri dimostrano di essere in possesso anche di una buona personalità; un brano che inizia bello tirato per poi subire un rallentamento poco dopo la metà in cui, oltre alla prestazione vocale decisamente d'effetto, si fa sentire anche un bel riff ripescato dal repertorio del black più classico sorretto da un bel basso che è in grado di ritagliarsi anche qualche spazio per sè.
"Another Pimping Whore" e "Winter Night" sono i brani più aggressivi in cui si sente maggiormente l'influenza dei già citati Carpathian Forest, insieme a quel retrogusto di stampo punkeggiante tanto caro a Nattefrost & Co.
Il disco si chiude con "Memories Are Died", un lungo pezzo da quasi dieci minuti che è forse, a livello di trasmissione emozionale, quello che si può maggiormente definire black metal. Un brano che si assesta su un mid-tempo ben costruito, malinconico ma carico di rabbia e claustrofobia su cui si staglia la miglior prestazione vocale di Wrath che in alcuni frangenti mi ha tanto ricordato Sua Maestà Rainer Landfermann ai gloriosi tempi di "Dictius Te Necare".
E' proprio la voce il fattore che potrebbe far storcere il naso ad alcuni, in quanto è impostata su uno scream straziato ma aggressivo che si tramuta in vocals più stridule o in un simil-growl all'occorrenza. Le performance strumentali messe in atto sono buone, coadiuvate anche da una degna produzione sebbene a volte quest'ultima possa dare l'impressione di risultare un po' troppo pulita.
In conclusione "Nihilistic Stench" è un gradevole prodotto che ha dalla sua una buona personalità e che potrà essere sicuramente apprezzato da chi è propenso ad assimilare facilmente gli ibridi musicali tra i generi in questione. Certo non mancano le pecche e un po' di maturità in più in fase di songwriting è sicuramente da ricercare ma come debutto questo disco è una buona prova e il tempo per migliorare non manca di sicuro.

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DOUBLE - WIDE - 18 Miles Of Misery

Informazioni
Gruppo: Double - Wide
Anno: 2010
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/doublewiderocks
Autore: Mourning

Tracklist
1. Solid Ground
2. Crawler
3. Twin Demon
4. Dead Riwer
5. 18 Wheels Of Misery
6. Hells Redemtion?
7. Devils Ride
8. Sawe Me
9. Holy Diver (A Tribute To Dio)

DURATA: 37:27

E' cosa divertente ascoltare un disco suonato in stile evidentemente influenzato dal southern metal americano di Pantera, Black Label Society, una spruzzata di C.O.C. e scoprire che la band in questione proviene dall'Irlanda del Nord.
Mi è successo mettendo su il più che discreto seppur rozzo "18 Wheels Of Misery" dei Double Wide, la formazione è innegabilmente derivativa ma riesce a centrare più volte l'obbiettivo infilando una serie di canzoni dal sound cupo e dai tratti aridi coniugati con una vena heavy che li riconduce direttamente agli act citati in testa.
Pestano, fanno scapocciare e sanno far compagnia, infilatevi in macchina e percorrete una strada assolata con i pezzi di questo platter sparati e sarà come trovarsi sulla Route 66.
Il disco si apre con l'intro "Solid Ground" dal pregevole lavoro di chitarra, è però con la titletrack e l'emozionante "Dead River" che i Double Wide cambiano marcia difendendosi alla grande sia dal punto di vista dell'impatto, sia da quello che condensa la voglia e la trasforma in pura espressione musicale, non ci sono hit vere e proprie, queste due tracce rappresentano però insieme alla travolgente "Devils Ride" le migliori prestazioni insite in "18 Wheels Of Misery".
Si parla comunque di uno step iniziale, il trio dimostra di avere la conoscenza e lo spirito adatti per una maturazione futura e il mood da Jack Daniel's e bandiera sudista che più volte si percepisce n'è la conferma attestando la fedele dedizione con cui si cimentano nel proporre tale forma di musica.
A conclusione dei giochi i ragazzi ricordano con affetto l'intramontabile figura di Ronnie James Dio coverizzando uno degli inni storici della sua carriera, "Holy Diver" e anche in questo caso se la cavano offrendo una versione rivisitata affine alla natura dell'album ma che non offende o distrugge l'anima della song come fatto in passato da atrocità similari a quella rifilata ai fan dai Killswitch Engage.
Tirando le somme "18 Wheels Of Misery" è ben composto, la voce di Jon è un misto fra l'Heitfield dei veri Metallica e un Phil Anselmo in versione meno rauco/drogaticcia, una volta assimilata l'apprezzerete, si presta bene ai brani, strumentalmente poi i tre sono affiatati, ben coordinati e la produzione per quanto non perfetta calza a pennello per una proposta in parte polverosa come quella dei Double Wide.
Se supportati a dovere e con i mezzi adatti potrebbero dare una svolta in positivo, non so se comporranno mai dei capolavori, posso però affermare con certezza che l'ascoltare un disco come questo può solo far piacere ai seguaci del southern/heavy sound.

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HYBAN DRACO - Frozen Whispers


Informazioni
Gruppo: Hyban Draco
Anno: 2010
Etichetta: Copro Productions
Contatti: www.myspace.com/hybandraco
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. The Frozen Sky
2. A Prophecy Of Insane
3. Storm Of Red Blood
4. Through Thunder They Will Come
5. When We Die
6. The Sound Of Ancestral Demons
7. Lost Honour, Spilled Blood
8. Horizon Shadows
9. Infernal
10. The Requiem

DURATA: 44:05

Gli Hyban Draco sono una formazione originaria della Spagna, per la precisione da Tarragona, città situata nella comunità autonoma della Catalogna. Il quartetto composto da Hyban Sparda nel ruolo di voce e chitarra solista, Oby al basso, Cristoval alla ritmica e Mike dietro le pelli arriva al debutto con il full-lenght "Frozen Whispers". Scorrendo le informazioni sul loro conto ho potuto notare che in realtà questo platter è una raccolta del materiale proveniente dai due demo precedenti. Nessun inedito dunque, ma probabilmente l'intento di questa mossa era quello di donare maggiore giustizia alla loro musica racchiudendola in un vero e proprio album.
La proposta di base di questi spagnoli è un melodic black estremamente debitore alla scena svedese, arricchito da notevoli influenze death. Diventa quindi quasi inevitabile che i Dissection siano uno dei punti fermi nell'ispirazione di questo combo. Qui però sorge il problema o comunque quella che è la maggiore pecca del disco. La derivazione è talmente forte che spesso e volentieri sembrerebbe di ascoltare un "The Somberlain" riarrangiato.
Onore al merito, gli Hyban Draco godono di una buona tecnica e di una passione vera e genuina che trasuda da ogni nota ma il grosso limite è che non osano mai spingersi al di là di quello che è lo schema tracciato principalmente dalla storica band di Nodtveit.
Ci sono picchi di elevata qualità in tracklist come "The Sound Of Ancestral Demons", "Through Thunder They Will Come", "Lost Honour, Spilled Blood" e "When We Die" nella quale spunta anche un pizzico di personalità propria.
Il riffing è robusto e compatto, gli arrangiamenti e gli intrecci tra la due chitarre sono davvero notevoli e ben eseguiti e il drumming risulta abbastanza vario e potente, sebbene anche qui l'alone del "già sentito" permei pesantemente ogni pattern. Anche le prestazioni soliste sono di ottima fattura e ben congegnate, "Storm Of The Red Blood" e "Horizon Shadows" ne sono un esempio lampante. I ragazzi inoltre sono davvero bravi a incastonare bene le parti in cui il pedale del gas è schiacciato fino in fondo a quelle più melodiche e distensive.
Tutti questi meriti, seppur notevoli, non cambiano però purtroppo il risultato di fondo. Il disco è davvero bello, ma l'impressione di trovarsi di fronte a un rip-off è troppo accentuata.
Le potenzialità ci sono ma vanno messe in gioco e portate a frutto.
Personalmente ritengo "Frozen Whispers" un buon prodotto ma che non riesce ancora a spiccare tra le innumerevoli uscite del genere.
Spero vivamente che questo sia un inizio da cui partire e non un risultato di cui accontentarsi. Gli spagnoli hanno dimostrato di essere in grado di suonare e di far emergere la passione, ora è il momento di sfoderare la personalità e di costruire qualcosa di proprio.
In attesa che questo accada, vi consiglio di non negare un ascolto a questo disco e di seguire questi ragazzi di cui sono sicuro che sapranno dare nuova linfa creativa alle loro composizioni!

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KNIGHTSTORM - Sea Of Heads


Informazioni
Gruppo: Knightstorm
Anno: 2010
Etichetta: Broken Records
Contatti: www.myspace.com/trollrockcom
Autore: Mourning

Tracklist
1. Metallized
2. Darken Your Eyes
3. Nostradamus The Seer
4. Madness Carousel
5. Me & Highway
6. Legions
7. Beyond
8. Inheritance
9. Hurt Of A Lifetime
10.Locked And Loaded
11.Empty Words
12.Metal Son

DURATA: 52:55

Il metal ha fortunatamente mantenuto nel corso dei decenni un forte legame con le proprie origini, esistono ancora moltissime band di prima ondata heavy, altre sono tornate sulla scena e altre ancora si sono formate con l'esclusivo intento di suonare e vivere quel periodo ormai andato riportandolo in auge ai giorni nostri.
In una stagione in cui la NWOBHM è una fonte da cui si attinge sempre più spesso e con discreti risultati, c'è chi come i Knightstorm punta a una combinazione Dio/Ozzy a metà fra sound Settanta e Ottanta che colori un hard'n'heavy solido, ben costruito che sfocia a più riprese nell'epic e ascoltando la voce di Tom Mayo e l'epicità espressa da alcune tracce mi è venuto istintivo pensare a una delle formazioni che più amo gli Omen, gli unici Omen, quelli del periodo con Kimball alla voce, in altre addirittura si percepisce un rimando a Coverdale e tutto ciò per il sottoscritto è manna dal cielo.
La proposta e le canzoni contenute in "Sea Of Heads" possiedono quel fascino retrò che porta indietro le lancette del tempo di tre decadi (o giù di lì), si parla di metal incontaminato, nessuna forzatura commerciale, una produzione vivida e sporca al punto giusto fanno sì che la passione e la naturalezza con cui vengono eseguite sgorghino come un fiume in piena, è veramente piacevole il gusto con cui i pezzi affrontano l'orecchio presentando ognuno sfaccettature diverse ma ben distribuite che rendono i cinquantatré minuti del disco un ascolto di quelli che fanno urlare: alza il volume!
Ho trovato difficoltà a scegliere quale fosse la hit del platter, il lotto di brani è infatti di buon livello e in parte così trascinante che pendere per l'opener "Metallized", puntare verso "Nostradamus The Seer e una "Me & Highway", godersi l'accoppiata centrale composta da "Legions" (bello l'assolo del guest Chris Kraft) e "Beyond" continuando con "Hurt Of A Lifetime", "Loacked And Loaded" e la conclusiva "Metal Son" diventa complicato, è una carrellata di sensazioni che ti chiede solo di esser rivissuta attimo dopo attimo con conseguente coinvolgimento e scapocciamento.
Noterete come le prime tre canzoni siano leggermente differenti rispetto alle successive, la release è stata suonata in pratica da due formazioni che vedono dalla traccia uno alla tre oltre il leader Tom Mayo (cantante/chitarrista) unico inamovibile, Kris Keene (batteria), Dereck Gambale (basso) e Mike Knightly (chitarra), il che mi fa pensare fossero già state scritte nel periodo in cui la formazione stava per cambiare nome da Troll (vi consiglio l'ascolto di "Army Of Lost Souls" del 2007) a Knightstorm da quanto sono ancorate a quelle radici, le altre nove infatti spingono spostando il tiro e ad accompagnare il cantante sono adesso Steve Kenney (batteria) e Yukiko Fuji (basso).
"Sea Of Heads" è un signor album, se quello che cercate è musica che vi faccia sentire ancora una volta adolescenti, vi ricordi una volta di più com'erano quegli anni e il mood genuino che dava vita ai dischi heavy e affini usciti in tal periodo non potete farvelo scappare, non è un disco che cambia la vita, ma quanto fa godere cazzo!!!

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CONAN'S FIRST DATE - Effigies


Informazioni
Gruppo: Conan's First Date
Anno: 2009
Etichetta: Powerground Management
Contatti: www.myspace.com/conansfirstdate
Autore: Mourning

Tracklist

Effigies:
1 ...Effigy
2. Killing Machine
3. Million Miles From Home
4. Swallow The Sea

The Werewolf Rising
5. Punishment
6. Will Not Remain
7. Hypochrist
8. Beyond The Tomb
9. Werewolf Rising

DURATA: 29:09

Sono giovani gli ungheresi Conan's First Date e non fatevi ingannare dal nome, non hanno davvero nulla da spartire con abomini musicali in stile Bring Me The Horizon e paccottiglia similare, suonano, pestano e divertono non poco.
Non hanno ancora una chiara identità ma sono influenzati dal movimento death'n'roll quanto dal groove dei Pantera e dal southern sound.
Si riscontrano tante soluzioni diverse adottate nel comporre i brani che divagano tranquillamente da territori che ricalcano l'operato dei Gorefest del periodo di "Soul Survivor", degli Entombed più trascinanti di "Morning Star" concedendosi a sfuriate thrash ma non mollando mai la presa.
Le nove tracce contenute in "Effigies" sono la summa dei due lavori partoriti dalla band sinora, gli ultimi cinque episodi in scaletta sono quelli contenuti nel demo "WereWolf Rising" e la differenza sostanziale fra la prima metà del disco e la seconda è la spinta molto più thrashy palesata in episodi quali "Hypocrist" e "Werewolf Rising".
Se la giocano al meglio quando pestano sull'acceleratore e l'accoppiata apripista composta da "Effigy" e "Killing Machine" incarna appieno le potenzialità di cui sono in possesso in questo momento, una buona fonte d'energia e scapocciamento per non parlare della scatenata e pesante "Punishment".
L'unica scelta incomprensibile è quella di coverizzare una "Million Miles From Home" dei Dune, dance act di metà anni Novanta, che viene riadattata in versione metal/grunge (sa tanto Alice In Chains come impostazione) che risulta estranea al contesto, non è male per altro il modo in cui è stata elaborata, anzi mostra che i Conan's First Date sanno rischiare prendendosi delle iniziative non da tutti ma è troppo disallineata per far testo all'interno del disco.
Produzione che più naturale non si può, è talmente fresca in certi punti che sembra una prova in sala seppur la qualità permetta di recepire discretamente la resa strumentale nel suo complesso, rozza sì ma va bene anche così.
In linea di massima convincente anche la prestazione del combo, il cantante/chitarrista Marton è quello che risalta, giostra al meglio la voce sfruttando linee che ricordano Anselmo e Kyle Thomas (Exhorder, Floodgate, Alabama Thunderpussy e Trouble).
I ragazzi hanno talento, la via intrapresa è quella corretta e se riuscissero a staccarsi anche solo in parte dalle evidenti influenze che subiscono dai nomi storici probabilmente potremmo ritrovarci fra le mani (spero a breve termine) un album di debutto di quelli da ricordare per molto e molto tempo. Seguiteli con attenzione, ascoltate la musica su myspace e non fatevi remore nel contattarli per avere una copia di "Effigies", mezz'ora di sano e salutare sound che punta l'ago della sua bussola verso il sud.

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ANGER WITHOUT REASON - Rage


Informazioni
Gruppo: Anger Without Reason
Anno: 2009
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/angerwithoutreason1
Autore: Mourning

Tracklist
1. Burned Clean
2. Same Old Story
3. Citadel Of Power
4. Stolen From The Inside
5. Anger Without Reason
6. Gods Are For Children
7. Peace In Hell
8. Forcefeed
9. Credo
10. By Your Own Judgement
11. The Hourglass Never Turned
12. Wake Up
13. Backlash
14. Genetics
15. Into The Light
16. Rage

DURATA: 53:11

Nasce nell'aprile 2009 l'avventura musicale degli inglesi Anger Without Reason e sono subito pronti e scattanti nel dar vita al primo lavoro ufficiale "Rage".
Seppur sembri una mossa affrettata e comunque abbastanza comune ai giorni nostri, c'è da premettere che la formazione composta da Fraser (basso/voce), Dave (chitarra), Abbo (basso) e Smuddy (Batteria) è di quelle che pur avendo un monicker nuovo di pacca nasconde in realtà musicisti attivi nell'underground nazionale ormai da una vita, avendo avuto trascorsi nella band anni Ottanta Retaliate e in quella anni Novanta dei Deadlock.
Non è quindi l'esperienza che manca ed è stata acquisita nell'unico modo possibile, con la gavetta, quella che si fa suonando il più possibile live, cosa che li ha portati a condividere il palco con grandi act quali Amebix, Gbh, Uk Subs e Wolfsbane, anche se dichiarano d'aver vissuto on stage esperienze con qualsiasi tipo di artisti al fianco, dal death metaller all'indie rocker.
Le sedici tracce del disco ci presentano un thrash/core arrembante e spesso al limite con l'hardcore (e non parlo di roba in stile Hatebreed ma sulla scia dei nostrani Raw Power per intenderci), sono brani veloci, compatti dove il basso è figura prominente pompando e facendosi sentire alla grande, gli Slayer quanto i D.R.I., i conterranei Hellbastard e alcuni dei nomi citati in antecedenza sono dei buoni punti di riferimento per entrare in contatto con la proposta degli Anger Withour Reason.
Pezzi che di frequente hanno strutture ben congegnate e non proprio lineari, arrembanti e che sembrano studiate appositamente per rendere al meglio su di un palco, hanno la giusta propensione allo scapocciamento alternando nella miscela la quantità della radice sonora, troverete quindi soluzioni che faranno pendere l'ago della bilancia a favore dell'hardcore punk in una canzone per poi rovesciare la soluzione nella seguente dal piglio spiccamente thrash come avviene a esempio nell'accoppiata che vede succedersi dapprima "God Are For Children" e in seconda battuta "Peace In Hell".
Gli Anger Without Reason sono fortunatamente ancorati a quella mentalità underground di una volta, quella che ti permette di essere vero e genuino nel sound, ad orecchio ascoltando la tracklist che scorre si percepisce come la passione e vitalità degli eighties siano ancora integre nel modo in cui si approcciano al genere, stessa storia avviene leggendo i testi pregni di quella ribellione a un sistema sociale che non va con frasi schiette e di protesta sensata che per lo più viene rappresentata in note utilizzando toni minacciosi e grevi.
Con "Credo", una delle cinque tracce inserite nel lavoro risalente al demo dei Deadlock "The Way It Is", raggiungono uno degli apici che verrà bissato in "By Your Own Judgement" darkeggiante in alcuni frangenti (provenendo dalla terra di Albione stranamente avevo pensato ai Bauhaus ma sembra più una vena ricollegabile ai primissimi Christian Death di "Only Theater Of Pain"), avevano già tirato fuori una "Anger Without Reason" solida come un mattone, si ascolterà la bella apertura di basso metallico in primo piano in una "The Hourglass Never Turned" scatenata, "Wake Up" e "Genetics" condite da una più che piacevole fase solistica sino a giungere sul finire a "Rage" che percorrendo una strada conosciuta ma ben fatta porta a conclusione il lavoro.
Il platter gira e rigira nello stereo da giorni, si attende il momento in cui non ci siano presenze in casa per alzare ancor di più il volume evitando qualsiasi discussione di sorta, già perchè i brani vanno goduti a volume rigorosamente pompato, come non farsi prendere da una minacciosa "Into The Light" ossessiva e pulsante dall'inizio all'ultima nota scoccata?
La produzione da sicuramente una mano dato che pur essendo non proprio pulita (ed è così che deve essere) rende intellegibile all'ascolto tutta la sezione strumentale, Fraser dal canto suo con la voce fa quello che si chiede a un cantante dello stile, esser presente sul pezzo, metterci cuore ed evitare le carrellate da baraccone happy music.
In definitiva se non siete a conoscenza che il thrash/core sia una cosa seria, nessuno dei nomi citati rientra nei vostri ascolti e il massimo del cool per voi sono i Municipal Waste allora la differenziata avrà sempre un suo perché, mettete di lato la plastica per un attimo e godetevi un po' di genuina attitudine, vi si potrebbe aprire un mondo davanti con tanto di conseguente voglia (lo so, sarebbe un miracolo dato il parassitismo di molti oggi) d'andare a cercare i padri che han dato via al movimento.
Spero vivamente che un disco come "Rage" degli Anger Without Reason possa esservi d'aiuto in tal senso, comunque anche se non lo fosse avreste messo nel lettore un album come si deve e male alle vostre orecchie non può fare di certo.

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THE MISTRAL - When The Evening Crowns The Day


Informazioni
Gruppo. The Mistral
Anno: 2009
Etichetta: T-Recs
Contatti: www.myspace.com/themistralgermany
Autore: Mourning

Tracklist
1. When The Evening Crowns The Day
2. Careless
3. Reset My Mind
4. Last Thoughts
5. The Carnage
6. Pain + Misery
7. Neglected
8. Contemplation Inwards
9. Banished

DURATA: 42:00

Sono tante le realtà che nell'underground attendono l'attimo giusto e il materiale adatto per fare il cosiddetto salto di qualità, una di queste è quella tedesca dei The Mistral.
La formazione in giro ormai da quasi quindici anni suona un melodic death metal che non rientra per fortuna nei canoni odierni dell'usa e getta, al contrario di molti non si è conformata cercando di diversificare la propria proposta basata sul sound di Gothenburg con sprazzi di personalità e atmosfera che danno una marcia in più al songwriting.
L'ultimo nato "When The Evening Crowns The Day" che succede al debutto ufficiale "Infected Souls" (in precedenza avevano già rilasciato altro materiale "Embraced By Dark Emotions", "Storm Quiers" e un "Demo" nel 2004) è innegabilmente debitore verso act quali primi In Flames e soprattutto Dark Tranquillity, le strutture dei brani però non si limitano a coprire lo spettro sonoro clonando il modo d'interpretare il genere delle band primordi, l'uso calibrato dei synth, le aperture inaspettate in chiave acustica e i vari inserimenti del pianoforte innalzano la capacità di trovare uno sbocco intimo alle composizioni.
Sono nove tracce che alternano spada e fioretto, non mancano come di norma canzoni più canonicamente riconducibili agli stilemi aggressivo/melodici dello stile, ce ne sono però un paio, vedasi "Careless" e "Reset My Mind", che di seguito ci propongono le alternative sopra citate modificando il climax e guadagnando punti in quanto a personalità.
In alcuni frangenti aleggiano presenze di stampo finnico come gli Insomnium per quel mood dai tratti malinconico sognanti che i ragazzi sanno creare, in altri si scomoda l'epicità di soluzioni al limite con l'Amon Amarth style, è comunque un flusso musicale ben compattato e studiato quello che trova sviluppo in episodi come "Last Thoughts", "Pain + Misery+" e "Banished" e mettiamo in conto pure una titletrack che dopo un intro ritualistico si pone bene come ingresso e sul finire regala una porzione molto vicina alle release odierne di Stanne e soci.
Le armi per intrigare un ascoltatore vorace di death melodico ci sono eccome, se il riffing è di buona fattura, l'operato delle tastiere è elegante, ricercato e incasellato a dovere, le scelte approntate in tale ambito esaltano di frequente il complesso che sotto si muove.
Del resto i The Mistral possiedono una bocca da fuoco di quelle su cui si può far pieno affidamento, Johannes è un Mikael Stanne d'annata, sembra di riascoltare lo svedese di quasi vent'anni fa, si pone duro come un macigno sulle tracce, è il carico aggiuntivo in profondità, l'uomo che da la botta finale all'ascoltatore, niente vocine pulite, né mezzi growl, è severa e dinamicamente ben orchestrata la sua prova.
Il disco è completamente autoprodotto e anche per quanto riguarda la situazione dietro il mixer non ci sono pecche evidenti che limitino particolarmente il suo corso.
Gli appassionati del made in Gothenburg diano una chance e più d'ascolto a "When The Evening Crowns The Day", è un platter che si farà apprezzare senza difficoltà conquistandovi con calma, on air dopo on air.
I The Mistral sono al momento senza label, quindi gli addetti al settore aprano le orecchie, anche loro dovrebbero essere interessati a curare le sorti di una formazione che fa uscire un album così ben orchestrato.

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SACRILEGIOUS IMPALEMENT - Cultus Nex


Informazioni
Gruppo: Sacrilegious Impalement
Anno: 2009
Etichetta: Hammer Of Hate
Contatti: www.myspace.com/sacrilegiousimpalement
Autore: Akh.

Tracklist
1. Arrival Of The Forgotten Demons
2. Total Annihilation
3. Holy Terror
4. March Of Doom
5. Baptism By Blood
6. Revelations... The Coming!
7. Utterly Rotten
08. Untitled

DURATA: 43:10

Dalla scuderia assatanata della Hammer Of Hate fuoriescono i finnici Sacrilegious Impalement, un trio assetato di sangue e vendetta.
Chi gia' conosce lo stile della label sa che coordinate si ritrovera' davanti, una buona produzione: potente ma non sintetica, una degna dose di ferocia, venerazione totale al Signore delle Tenebre e con queste carte a loro disposizione i nostri esordiscono dopo due EP sulla lunga distanza.

C'è da dire che del trio delle "meraviglie" (Evangelivm, Valoton) i Sacrilegious Impalement forse sono i piu' anonimi, certo la cattiveria non manca, pezzi all'arma bianca neppure, ma non ho avvertito quel quid in piu' che i russi sopramenzionati mi hanno donato.
Le tinte nere dei brani spesso mi riportano a mente sensazioni gia' vissute e sentite, a volte affiorano rimandi marcati della scuola svedese, inutile dire che i Dissection (ascoltare sia l'iniziale ed introduttiva "Arrival Of The Forgotten Demons", sia "Holy Terror" per prendere visione) anche stavolta fanno capolino, ma pure influenze dei primissimi Dark Funeral e Marduk ovvero quelli piu' ferali e oscuramente devoti e sono proprio questi due aspetti a guidare questo "Cultus Nex".
I brani si fanno ascoltare bene nonostante non ci siano scossoni, le alternanze fra parti piu' adirate ed altre piu' rallentate e tetre non risultano sconnesse (come è valido esempio "Utterly Rotten"), ma forse questo nonostante la indubbia preparazione del combo è il punto che mi sento di sollecitare.
Se da una parte tutto fila liscio, da un'altra parte scorre troppo anonimamente, in una maniera forse troppo standardizzata, ed anche in pezzi dal rimando piu' old school come "March Of Doom" dal ritmo cadenzato il senso di deja vu non viene sminuito, in piu' va notato che in questo caso la produzione un po' troppo pulita per certi riff non viene minimamente in soccorso.
Ovviamente non tutto è da criticare, i buoni brani ci sono come "Baptism By Blood" di estrazione classica ma farciti di validi spunti, oppure la piu' death oriented "Revelations... The Coming!" quindi la sufficienza è assicurata, e i finlandesi andranno visionati ai prossimi lavori per verificarne la crescita.

Certo chi apprezza fedelta' assoluta a certi schemi, fedelta' assoluta a certi fasti del passato e fedelta' assoluta a Satana farebbe bene a seguire questi ragazzi e dargli la propria anima in pasto; io sono convinto che possano utilizzare meglio le proprie asce e tirar fuori il sacro veleno in maniera piu' personale di quanto fatto qui.
Non rimane che attendere...

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EARTH - Earth 2 - Special Low Frequency Version


Informazioni
Gruppo: Earth
Anno: 1993
Etichetta: Sub Pop
Contatti: www.myspace.com/earthofficial
Autore: Leonard Z

Tracklist
1. Seven Angels
2. Teeth Of Lions Rule The Divine
3. Like Gold And Faceted

DURATA: 01:13:00

Dylan Carson è stato l'uomo che ha dato a Kurt Cobain lo shotgun con cui si sarebbe poi suicidato nel 1994. Ecco... invece del fucile avrebbe potuto dargli una copia di questo album, dato che l'impatto sull'ascoltatore proprio come una fucilata in faccia. Questo vero capolavoro, infatti, vi farà esplodere la testa in mille pezzi! Tre tracce di drone fatto da chi questo genere l'ha inventato e che ha poi influenzato band come Sunn O))) e Teeth Of Lions Rule The Divine (notate nessuna somiglianza tra il nome di questa band e uno dei pezzi di questo album?). Il lavoro racchiude tutto quello che c'è da sapere sul doom/drone più estremo: ripetitività dei pezzi senza che essi siano monotoni (e qui sta il trucco: a fare due accordi di chitarra scordata in A sono buoni tutti, vi ci voglio a fare cose che non diventino pallose dopo trenta secondi che le ripeti!), atmosfera lugubre e aliena. Poi si sa, qualsiasi cosa sia nata dal Death Metal in quegli anni è oro e gli Earth sono davvero il risultato di uno degli accoppiamenti meglio riusciti tra Death e Doom. Non ci credete? Bé, guardate che maglietta indossa Dave Harwell nelle foto dell'album e vedrete se il sound di qualche band floridiana non ci ha messo lo zampino... anche solo come ispirazione. In definitiva: un album da avere, non solo per gli amanti del genere, ma per tutti coloro che amano il Doom e il Death Metal. Unica necessità: se avete uno stereo di quelli cagosi evitate questo lavoro, l'impatto dei bassi è fondamentale per godere appieno dei pezzi e se non avete degli altoparlanti che vi permettano di avere delle frequenze basse decenti perderete l'80% del piacere di ascoltare questo vinile.

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THE MARCH - Blind Spots And Dead Ends


Informazioni
Gruppo: The March
Anno: 2009
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/themarchband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Find Some Rest
2. The Yellow Leaf Has Fallen
3. Ancient Seed
4. Monsters We've Created
5. A Last Breath

DURATA: 34:17

Si parlava con un amico della scena sludge/post, gira che ti rigira i soliti nomi vengon fuori dai Cult Of Luna agli Isis, dai Neurosis ai Pelican poi si mettono in mezzo i Callisto ma alla fine è l'underground che nell'ultimo periodo regala le perle migliori. Leggendo un post nella sezione "on air" di un forum firmato da questo ragazzo vedo comparire per la prima volta il nome dei The March.
La formazione francese ha rilasciato un solo ep di cinque tracce nel 2009 intitolato "Blind Spots And Dead Ends", trentaquattro minuti di musica che miscela la potenza del metal, la vena istintiva del punk e soluzioni atmosferiche che attingono dalle evoluzioni post e delle sfere musicali sia rockeggianti che estreme.
E' innegabile che gli act storici di tale evoluzione (alcuni già citati) abbiano dato un imprinting riconoscibile al modo di suonare delle band che odiernamente popolano il movimento, è però altrettanto evidente che ognuna tenti di metterci del suo e in questo caso il risultato fa sì che una dose di classe e composizioni articolate in modo da dare un equilibrio tutt'altro che statico riescano nell'apportare quella carica e ispirazione immaginativa che fa del mini-platter un gioiellino.
Chitarre pulite e sognanti vengono assorbite in un mondo molto più bieco e pressante nel momento in cui la distorsione si attiva, la voce è ricca di urla raschianti con veemenza supportate da un asse ritmico in costante e rivoltosa evoluzione, la quiete e la tempesta convivono in canzoni che trascendono l'emozione malinconica e che sembrano disegnare un tramonto rosso vivo che si riflette sullo specchio d'acqua chiamato mare.
E' così che "The Yellow Leaf Has Fallen", "Ancient Seed" e "Monsters We've Created" scivolano via, sarebbe ingeneroso non nominare le restanti due l'opener "Find Some Rest" e la conclusiva "A Last Breath" che come le copertina di un libro rappresentano la facciata e il retro, un alpha e omega che si nutrono di disincanto, bellezza che par voglia decadere e sfuriate di stampo metal.
Bella la cover che raffigura il dio Nettuno (o Poseidone fate vobis) attorniato da figure d'Ippocampi rigorosamente elaborata in gradazioni di nero e grigio, non posso che consigliare vivamente l'ascolto dei The March e di "Blind Spots And Dead Ends" a chiunque segua i disparati filoni post, troverà in quest'ep di sicuro musica che riuscirà a soddisfare la sua richiesta.

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MENEGROTH - Menegroth


Informazioni
Gruppo: Menegroth
Anno: 2010
Etichetta: Bergstolz
Contatti: www.bergstolz.ch
Autore: ticino1

Tracklist
1. Stählerne Zerstörer 03:44
2. Traditional - Sakral - Solar
3. 2012 - Prophezeihung des totalen Untergangs (Ultima Ragnarök)
4. Vom Siegen und tapferen Sterben
5. Selbstmord für die Sonne
6. Adoration to Europa (Von Thronstahl)
7. Stahlbock (tratta dallo split con Freitod)
8. Imperium Solaris Luzifer (tratta dallo split con Freitod)
9. Inquisitoren der Vrilstanarte (bonus track)

DURATA: non disponibile

“Menegroth” seminò già nel 2007 terrore nella scena, apparendo su un vinile limitato a 500 copie. Quest'anno esce una versione su CD. Anch’essa disponibile in soli 500 pezzi. La scaletta delle piste è un poco differente e non contiene le registrazioni live che sono sul LP.

I membri del gruppo trattano nei loro testi principalmente temi legati all'occultismo, al fascismo e, da loro particolarmente amato, al futurismo. I Menegroth sono spesso considerati in Svizzera come i demoni responsabili per tutto il male proveniente dall'estrema destra. Spesso si dimentica che questi musicisti, con un livello culturale molto elevato, non hanno nulla a che vedere con skinhead ubriachi dediti al solo obiettivo di spaccare musi.

Il disco qui discusso fu inciso ancora con la formazione originale. Taurus lasciò il gruppo circa due anni fa. Targaz, un musicista conosciuto grazie al suo progetto Tarihan, l’ha sostituito.

I pezzi contenuti su questo frammento di plastica hanno la delicatezza di un panzer che trita con i cingoli un fante nella sua trincea e sono perciò veramente di piacevole ascolto. Canzoni come "2012 - Prophezeihung Des Totalen Untergangs (Ultima Ragnarök)" giustificano da sole l'acquisto di questo lavoro, grazie a un riffing trascinante, quasi orecchiabile. La produzione farà piacere a tutti i nemici dell'alta tecnologia. Le piste acquistano spessore proprio con l'aiuto di quel poco di sporcizia che copre le note. Gli strumenti sono comunque chiaramente discernibili. I Menegroth investono l’auditorio con un inno di battaglia dopo l'altro che rappresenta contemporaneamente un’ode al black metal puro e vero. Le note si accaniscono sull’ascoltatore come le file di fanteria che assaltano all’arma bianca.
É indiscutibile che il gruppo non abbia inventato l'acqua calda componendo questo disco. Ci sono comunque due possibilità per produrre qualcosa che calchi sentieri conosciuti. La prima é di incidere un disco che sia l'esatta copia di cose udite cento volte e la seconda è di riprendere uno stile, tentando di produrre qualcosa che porti la propria firma. Esattamente questo fanno i Menegroth.

Siete fanatici del black metal tradizionale? Ascoltate questo lavoro d’acciaio inossidabile svizzero. Non ve ne pentirete.

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RELIGIOUS NIGHTMARE - The Junkyard Of Infinity


Informazioni
Gruppo: Religious Nightmare
Anno: 2009
Etichetta: One-A Records
Contatti: www.myspace.com/religiousnightmare
Autore: Mourning

Tracklist
1. Born To Race
2. Machine Gun Supremacy
3. The Gift
4. Death March
5. Religious Nightmare
6. A Forgotten Yesterday
7. Love Is A Dagger
8. Untitled

DURATA: 11:40

Bastano poco più di undici minuti per far divertire un ascoltatore? La risposta è sì. Le produzioni grind da ascolto rapido non sono certo una novità nel panorama metallico, i filippini Religious Nightmare ne sono un esempio.
Hanno debuttato sul finire del 2009 con "The Junkyard Of Infinity" consistente in otto tracce in stile mordi e fuggi, scariche d'adrenalina costanti che fra Napalm Death, Brutal Truth, Phobia (tanto per citare alcuni nomi di riferimento) si scatenano con rabbia indirizzate verso l'orecchio dell'ascoltatore.
Un platter che, pur non risultando costantemente sparato come ritmiche e non andando forzatamente in blast beat continuo, gioca sull'effetto devastante che un sound retrò e un basso in risalto che pompa a non finire riescono a fornire.
La produzione in linea di massima infatti tende a valorizzare la praticità esecutiva di brani come "Machine Gun Supremacy", "Death March", la titletrack e la più lunga conclusiva "Untitled", unica a superare di poco i tre minuti di durata e a differenziarsi per la sua movenza noisy allungata, per come suonano sembrano uscite direttamente dal periodo che va dal 1990-93 del genere.
Una badilata compatta e scapocciante, breve ma con il chiaro intento di farvi sbatacchiare la testa a più riprese, tenendo conto del fatto che la prova strumentale è ben coordinata in tutti i settori si può asserire tranquillamente che ciò che i Religious Nightmare e "The Junkyard Of Infinity" vi offrono non è poco e fa ben sperare per il futuro.

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GILLINGR - Amsvartner


Informazioni
Gruppo: Gillingr
Anno: 2010
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/gillingr
Autore: Mourning

Tracklist
1. Amsvartner
2. Förfallets Tidevarv
3. Insiktens Kraft
4. En Sista Färd

DURATA: 14:45

I Gillingr sono un duo black svedese, il progetto trae il nome dal gigante padre di Suttungr (colui che ruberà l'idromele della sapienza a Odino) che verrà ucciso dai due nani malvagi Galarr e Fialarr.
Formatisi in questo 2010 hanno già dato alle stampe un primo demo di quattro pezzi dal titolo "Amsvartner" in cui Grimmer alla voce e Hraesvelgr addetto alla strumentazione si esibiscono in composizioni fortemente influenzate dallo stile epico.
Quindici minuti che esaltano la natura e il suo vivere, un sound che sfrutta uno splettrato veloce e melodicamente prestante che segna la gran parte del percorso e trova sfogo nel cantato evocativo (forse un po' monocorde) di Grimmer e in soluzioni che acuiscono tale fattore come le inserzioni corali che caratterizzano l'incedere sia della titletrack che della successiva "Forfallets Tidervarv", entrambe condite da ritmiche possenti che non usano di certo la velocità per impressionare.
L'aura iniziale viene impressa anche al terzo episodio "Insiktens Kraft", brano che prosegue l'approccio vivido ed emotivamente incalzante delle precedenti facendo sì che il picco massimo dello spettro epico si realizzi con la breve conclusione affidata alle maestose note di una "En Sista Färd" elementare nella costruzione, fascinosa nello scorrere rimembrante atmosfere di tempi ormai andati.
E' convincente "Amsvartner" anche dal punto di vista della produzione che delinea discretamente i suoni e fornisce la giusta dose di profondità ed essendo limitato a soli cinquecento esemplari, consiglierei a chi piacciono tali inflessioni all'interno di strutture black di passate prima sullo space dei Gillingr e di fare poi un pensiero su questo demo inserendolo nella lista dei nomi da considerare come papabili d'acquisto, ne vale la pena.

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SABUNG - Messaggi Subliminali Ad Una Generazione Senza Idee

Informazioni
Gruppo: Sabung
Anno: 2010
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/sabung
Autore: Insanity

Tracklist
1. Dedicato
2. Messaggi Subliminali Ad Una Generazione Senza Idee
3. TAV
4. Spara!
5. Fuori Vena
6. Rivoluzione
7. Sfogo
8. I Segni Della Storia
9. Amor Paranoico
10. Ave Maria

DURATA: 43:22

"Messaggi Subliminali Ad Una Generazione Senza Idee", questo è il titolo dell'esordio dei Sabung, che si presentano come una band Punk in tutto e per tutto. Testi impegnati e una base musicale semplice ma altamente godibile caratterizzano questo lavoro della durata di oltre quaranta minuti.
Il sound del trio incorpora elementi diversi ad ogni canzone che rendono il disco vario, dai feedback che rimandano al Noise Rock della titletrack alle marcate influenze Hardcore che si presentano più di una volta. A dare man forte al contenuto delle liriche troviamo alcuni sample come in "TAV" e nalla conclusiva "Ave Maria", in entrambi i casi inseriti come introduzione. Oltre alla struttura semplice delle tracce, il punto di forza dei Sabung è la voce, molto espressiva e in un certo senso teatrale: non è raro sentire infatti parti parlate o recitate all'interno dell'album, ma anche quando il vocalist canta dimostra di saper sempre assumere lo stile adatto alla situazione. I riff sono sempre molto melodici e facilmente assimilabili, effettivamente è stata questa la caratteristica che me li ha fatti apprezzare fin dal primo ascolto al contrario della voce che inizialmente mi sembrava addirittura fuori posto, l'errore che si rischia di commettere è proprio quello di catalogarli come una band di facile ascolto quando invece ne serve più di uno per comprenderli del tutto. La sezione ritmica non si distacca troppo dagli stilemi Punk, ma ciò che importa è che è sempre azzeccata, la sperimentazione non rientra certo tra le qualità principali dei Sabung anche se qua e là salta fuori qualche pattern particolare che non guasta come in "Rivoluzione".
A livello di produzione non c'è nulla da rimproverare, la limpidezza è adatta allo stile della band. Difetti evidenti non se ne trovano, certamente non è nulla di nuovo ma è senza dubbio un album piacevole che gli amanti del Punk apprezzeranno; chi invece pensa che sia ormai un genere morto, beh, contate che a loro dire è solo in vacanza ad Andalo e avrete un'idea di cosa ne pensano.

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HYDROGYN - Judgement


Informazioni
Gruppo: Hydrogyn
Anno: 2010
Etichetta: Bad Reputation
Contatti: www.myspace.com/hydrogyn - www.hydrogyn.com
Autore: Mourning

Tracklist
1. Lost Reality
2. Right Thing Now
3. Alone
4. Self Destruct
5. Gold Dust Woman
6. Medicate
7. Big Star
8. Gonna Getcha
9. Too Late
10. Don't Be My Judge
11. Candles Light Your Face (bonus track)
12. King Of Gunndore (bonus track)

DURATA: 53:52

Gli Hydrogyn sono una di quelle band che si dividono fra il modernismo più accentuato e i richiami al sound del passato tentando di mantenere intatta la natura heavy che gli appartiene.
Ascoltando "Judgement", album uscito quest'anno, è evidente che il temperamento più classico venga a contatto con sonorità che sono debitrici nei confronti di act nu metal come i Disturbed, basterà l'opener "Lost Reality" per rendervene conto e si potrebbe pensare di avere a che fare allora con un disco che giri in una dimensione conosciuta e ripetitiva.
La prima lo è di sicuro, i ragazzi non inventano nulla, si propongono con movenze che vanno dal catchy all'aggressivo passando per momenti da ballad, la seconda è assente per la capacità non perfetta ma quanto meno vogliosa di provare a diversificare l'incedere del platter innestando soluzioni hard'n'heavy e al limite col rock più puro, è così che ci vengono incontro hit da classifica come "Right Thing Now" e "Alone" in cui la voce di Julie diviene accattivante e suadente. La fruibilità di queste due canzoni è altamente commerciale, non per questo i brani non sono validi, al contrario potrebbero essere sfruttati come ottimi ganci-traino per il mercato.
Con "Self Destruct" i toni vengono rialzati. la traccia è più minacciosa e pesante rispetto alle precedenti con una vena Black Label Society che non si nasconde, anticipa una discreta cover di "Gold Dust Woman" dei Fletwood Mac e l'hard rock è ancora vivo e pulsante nella successiva "Medicate". E' poi con l'accoppiata "Big Star" (da sottolineare la presenza del signor Doug Pinnick dei King's X) e "Gonna Getcha" che gli Hydrogyn srotolano per l'ennesima volta il tappeto rosso a favore di un approccio volutamente easy listening.
Le canzoni poste in coda non aggiungono o tolgono nulla ad un "Judgement" che scivola via, fresco e divertente, assestando con "Don't Be My Judge" anche la botta finale grazie alla ballad lenta e intima che non poteva mancare per chiudere il cerchio, morbida, delicata, adatta come semplice compagnia nei momenti in cui si ha bisogno di qualcosa di meno metallico.
Finiti i dieci episodi ufficiali del disco, è il turno delle due bonus track "Candles Light Your Face" e "King Of Gunndore" con la prima decisamente più interessante ma indirizzata principalmente a un pubblico orientato verso il materiale meno metal addicted, una semi- ballad intrigante e ben eseguita.
Strumentalmente la formazione è in forma smagliante, le composizioni sono di buon livello anche se manca un assetto definito, gli Hydrogyn rendono davvero tanto e bene quando sfornano pezzi melodici e quasi sfrontati nell'attuare soluzioni dal piglio elementare perdendo invece smalto quando spingono, mancando quelle dinamiche e queòla prestanza che permetta di far breccia, sembra che lo spirito venga forzato e non fluisca per questo naturalmente ed è un peccato dato che sono supportati in tutto e per tutto da una produzione pulita ad opera di Michael Wagner (Ozzy, Metallica) praticamente perfetta.
Band dalle grandi potenzialità, sta ancora sviluppando e affinando le proprie armi ma dimostra di avere le carte in regola per farsi apprezzare, se vi piace l'hard'n'heavy un bel giro nel vostro stereo "Judgement" dovrebbe farselo.

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LUSTRE - A Glimpse Of Glory


Informazioni
Gruppo: Lustre
Anno: 2010
Etichetta: De Tenebrarum Principio
Contatti: www.myspace.com/lustresweden
Autore: Akh.

Tracklist
1. This Mighty Sight
2. Lunar Light
3. Amongst The Trees

DURATA: 40:40

Il progetto Lustre ad opera di Nachtzeit (ex Hypothermia), giunge al secondo Full Leight l'indirizzo utilizzato è un Ambient Black Metal (come nei precedenti lavori) dalle tinte notturne dove l'ampiezza di notti terse e sporadiche nubi incastonano la magnificenza dell'astro lunare e della suggestiva natura, dalle quali trae ispirazione l'artista svedese.

I brani dalla durata media lunga sono caratterizzati da tastiere affascinanti che si distendono ampiamente ad indicare la grandezza sensoriale e la percezione personale di Nachtzeit che ci dimostra tutta la sua incantazione di fronte alla seduzione che prova per le ambientazioni sopra descritte come nel caso di "Amongst The Trees", strumentale totalmente dedicata al suo rapporto con i boschi.
Le chitarre e le vocals giungono come appoggio alla struttura delle keys, per donare loro un'energia silvestre aspra che controbilancia la trascendenza dei synth come ben viene manifestato nell'opener "This Mighty Sight" e in " Lunar Light" in cui le aperture melodiche sanno emozionare nel loro lungo incedere, come se questo affresco musicale dovesse riportare alla mente la maestosita' e "l'immobilita'" della notte, degli alberi e del firmamento intero, cadendo in uno stato di alienazione e di superamento dell'Io, tornando alle proprie radici ataviche.
Se adorate le ambientazioni piu' BM di Vinterriket, se la voce delle foreste, della Notte e dei suoi chiaroluce hanno un richiamo struggente e selvaggio che vi esalta facendovi perdere in lidi di pura estasi Lustre puo' sicuramente incontrare i vostri gusti ed il vostro animo.

In questo disco non troveremo riff e batterie sparate, ma un omaggio sincero alle forze che circondano l'Uomo da sempre, parlando al suo Spirito.

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HYDROGYN


Informazioni
Autore: Mourning
Traduzione: Dope Fiend

Formazione
Chris Sammons - Basso
Julie Westlake - Voce
Jeff Westlake - Chitarra
Joe Migz - Batteria


La band americana Hydrogyn ha pubblicato il quarto album "Judgement" quest'anno, oggi parliamo con la vocalist Julie. Benvenuta su Aristocrazia Webzine, come stai?

Ciao Gabriele. Sto bene e tu?


Il primo passo è parlare della storia della band, quindi per favore dicci la tua.

Fondamentalmente mi sono presentata in uno studio dove Jeff Westlake lavorava per registrare un demo. Dopo la registrazione gli ho chiesto della band e come era uscito il suono e lui e Jeff Boggs hanno messo insieme una band per me e abbiamo suonato in un paio di spettacoli insieme. Dopo ciò hanno messo insieme gli Hydrogyn, eravamo alla ricerca di un cantante e mi è stato chiesto all'ultimo momento di partecipare per riuscire a superare il weekend e ci siamo riusciti. È stata una sfida siccome io non conoscevo il materiale e ho avuto due settimane per imparare quattordici canzoni. Mi è piaciuto così tanto che sono rimasta e siamo qui oggi.


L'album dimostra che sei matura e che conosci il tuo potenziale, ci sono molti aspetti che vi mostrano come una band moderna con la passione per l'Hard'n'Heavy e il southern sound. Come sono nate le canzoni? Hai trovato difficoltà nell'eseguirle? E sei soddisfatta di ciò?

Non sono così sicura del southern sound ma ahahahahahahaha ok. Ehm... è stato un album difficile da fare a differenza dei nostri precedenti. E' stato solo difficile a causa del coinvolgimento di Jeff Young. Jeff non solo non era il giusto elemento per questa band. Voleva fossimo i Megadeth 2 e non era il nostro obiettivo nella vita, per così dire ahahahahaha. Abbiamo provato per circa cinque mesi con lui, la registrazione e il songwriting, ma semplicemente non ha funzionato. In realtà è stato molto doloroso il suo coinvolgimento perché era così lontano da quello che volevamo e da quello che avevamo che era rimasto solo. Ora, una volta che abbiamo deciso di continuare senza di lui, è tornato tutto come era sempre. Jeff Westlakehad ha messo insieme quasi l'intera release prima dell'arrivo di Young a febbraio di quest'anno, così una volta che l'esperimento era finito ahahahahahahahaha abbiamo continuato e finito con Jeff che aveva chiamato Boggs ad aiutare ed è andata bene. Sono molto contenta di come è uscito e amo il cd.


Sei davvero molto piacevole in brani catchy come "Alone" e "Gonna Getcha", ma anche in brani potenti come "Self Destruct". Quale è la miglior Julie a tuo
parere? Navigando su internet ho letto che non avete ascoltato metal o rock in passato, cosa ti fa pensare che questo è il tuo mondo?

Mi piacciono le cose tranquille come GG And Alone e Right Now Thing ecc... ma amo anche la sfida di cose più pesanti. Negli ultimi sei anni la mia voce è diventata versatile e posso fare entrambe le cose ma non importa se è pesante o più sul lato Pop credo che potremmo dire, finchè ci sono melodie e armonie e "Elementi Hydrogyn" che adoro.


Come avviene il processo di songwriting? Scrivi i testi e aiuti gli altri membri in questa fase?

Jeff Westlake gestisce circa il 95-100% della musica in genere. In questo cd però abbiamo avuto un gruppo di amici coinvolti da tutto il mondo, che erano bravi e hanno scritto. Ci era stato chiesto da persone che avevamo incontrato in tour e da amici che ci eravamo fatti e abbiamo avuto questo approccio ed è stato bello. Io comunque scrivo i testi quasi totalmente per conto mio. Questa è la mia impronta normalmente.


Credo che la spinta espressa in "Self Destruct" si intensifichi con il testo, dal momento che non ho potuto leggerli mi puoi dire quali sono i tuoi temi preferiti e perché?

Beh, io in realtà non ho alcuna preferenza. Mi dedico totalmente a quello che è intorno a me. Le cose che vedo, leggo, ascolto o le esperienze, non solo personali, ma di miei amici e compagni di band, ecc.... Cose della vita reale per la maggior parte. Quindi, qualsiasi cosa che è successa al momento è quello che ho messo su carta.


In "Big Star" vi è anche Doug Pinnick dei King's X, come sei venuta in contatto con lui? E come hai fatto a scegliere la canzone a cui lui avrebbe partecipato?

Beh, ci siamo incontrati di nuovo nel 2006 con Doug credo. I King's X avevano registrato con Michael Wagener, ci era stato presentato là e poi Jeff lo ha incontrato in una sessione di autografi presso lo stand Randall Amp al NAMM con loro, oltre al modo in cui lo aveva conosciuto nel 2006. E' stata di Jeff Westlakes l'idea di coinvolgerlo e Jeff Young si mise in contatto con lui attraverso Michael Wagener ed è così che avvenne. Westlake ha preso questa canzone... Io non so perché o quando è venuta fuori così bene.


La tua affermazione per Charleston Gazette in cui si parlava di una forte pressione a causa del confronto tra una voce femminile e una maschile influenza il tuo non mettere su peso, anche tu hai detto che nessuno vuole vedere una donna grassa ondeggiare i fianchi sul palco. Cruda, ma onesta. Come è stato recepito questo messaggio? Hai ricevuto critiche pesanti?

Ahahahahahha tutto ciò che fai in questo settore è criticato. E' vero, era una bella domanda e io ho risposto. Ci sono grandi persone là fuori che hanno un sacco di fan ma sono ancora convinta di quello che ho detto e io ci credo veramente come norma. Ci sono come ho detto alcune eccezioni, ma sono poche.


Il numero di donne nel rock e nel metal è in crescita, ci sono differenze di trattamento con i musicisti maschi? È il fanatismo per una donna che vuole rendere più pesante la musica pop ancora in vita o è ora che la gente inizi ad apprezzare le qualità vocali oltre al look?

Non ne sono sicura. Ci sono molte di noi, ma almeno per me mi sembra di essere un po' diversa. La maggior parte delle femmine cantano in stile Gothic che penso sia bello, ma mi piace di più l'approccio diretto e in your face di Dio, di Dickinson. La gente sembra non essere colpita da questo e il perchè è la tua ipotesi così come la mia, ma è la mia voce e il mio modo di cantare. Mi piace essere me e mi piace la musica che facciamo. Non ho alcun problema con lo stile gotico, ma non è il mio.


Tu sei una bella donna, non posso negarlo, ma quanto è importante sia sul palco che nel mondo?

Grazie mille. Sono stata molto fortunata e in molte cose. Non so quanto sia importante in realtà. Ai ragazzi sembrano piacere i poster e cose simili, ma io sono una musicista primo e cerco solo di vivere facendo ciò che amo, che è la musica. Tutto il resto è solo quello che è e come la gente lo vede. Sono qui per fare grande musica e aiutare a potenziare le femmine là fuori per mostrare loro che possono fare anche questo. Una ragazza dell'Ohio negli Stati Uniti fuori da una piccola città può farlo ahahahahaha.


Leggendo altre vostre interviste ho notato che sei una persona carismatica e determinata, ma chi è Julie nella vita di tutti i giorni? Come trascorri il tuo tempo libero quando non sei con la band?

Vivo con i miei genitori e gli animali e l'amore è passeggero. Passo con amici e familiari il mio tempo libero che non è molto. Sono molto rilassata e amo aiutare i bambini in ogni modo possibile.


Parliamo di nuovo dell'album, come è stato recepito dalla critica e dai fan?

Sembra essere stato accolto molto bene a questo punto. Abbiamo toccato la classifica Billboard negli Stati Uniti per cui è andata bene e tutto sembra andare per il verso giusto.


Quali sono i media che usi per tenerti in contatto con amici e fan?

Uso molto Facebook e le e-mail e utilizzo Skype per chiamare i miei amici in tutto il mondo. Sono stata lieta di incontrare così tante persone viaggiando e amo rimanere in contatto con loro per quanto mi è possibile.


Qual è stata la performance live che ha cambiato la tua vita? E quella che vorresti vivere?

Sono state tutte bellissime. Suonare di fronte a 250.000 persone a una gara Nascar negli Stati Uniti. Questo è stato bellissimo e suonare per la prima volta a Parigi è stato stupendo. Alla fine della giornata siamo tutti contenti e adoro ognuno di loro. Questa è la ricompensa per il duro lavoro.


Se potessi organizzare un festival con gli Hydrogyn come headliner e tutte le altre band che ami, quali sarebbero le prime cinque che diresti?

Beh, prima di tutto sarebbero stati gli Heaven And Hell. Sono così felice di aver avuto modo di incontrare Ronnie con Jeff Westlake a Cincinnati, è stato bellissimo. Poi gli Halford, Ted Nugent, Aerosmith e Kings X.


C'è un'esperienza che vorresti dimenticare o un'altra che consideri utile anche se non è andata così bene?

Oh, non saprei. Ce ne sono state tante. Una delle migliori è stata incontrare Ronnie James Dio e anche Michael Wagener, che è ora un buon amico. Non riesco a pensare a quelle brutte che ricordi ancora. Oh no aspetta... Jeff Young. Avrei potuto fare a meno di incontrarlo.


Vedremo gli Hydrogyn in Italia per alcuni spettacoli live?

Sì. Siamo stati lì nel novembre 2007 e abbiamo vissuto un grande momento e alcuni spettacoli veramente troppo belli. Spero di poter tornare a suonare.


Grazie per il tempo trascorso con noi, a te la parola per l'ultimo messaggio ai nostri lettori.

Grazie a tutti i fans, grazie per il supporto agli Hydrogyn e non vediamo l'ora di incontrarvi di nuovo tutti al più presto. Grazie Gabriele.

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